STORIE/KEMAL IL BAMBINO Yasar Kemal traduzione di Luigi Perequarti Y asar Kemal (Anatolia meridionale 1922) è il più noto degli scrittori turchi contemporanei, tradotto in tutto iI mondo e candidato da anni al Nobel, che chissà se avrà mai. Povero e orfano, il suo apprendistato alla vita lo ha messo a contatto con la realtà popolare turca, che ha saputo narrare (soprattutto quella rurale e montana) unendo realismo e epica, fiabesco e tragedia. Diventato giornalista e scrittore di fama, fu più volte in prigione. Della sua vasta opera ricordiamo qui solo i libri tradotti nella nostra lingua: Il cardo (trad. di G. Cittone, Garzanti 1961 e 1987), che fa parte del ciclo sul brigante Mehmet, e Tu schiaccerai il serpente (trad. di Ornella Rota, Tranchida 1993). Il racconto che pubblichiamo è apparso originariamente nell'Almanacco Bompiani del 1961. Camminava così svelto che la polvere gli giungeva turbinando fino alla cintola. Il sole gli picchiava addosso e gli ottundeva i sensi. Non faceva che barcollare di qua e di là. La polvere, ardente come tizzoni di bracia, gli penetrava nelle scarpe rotte e gli bruciava i piedi. Per tutto il tempo Ismail mormorava indistintamente. Teneva fra le braccia un bimbo ravvolto in una grande sciarpa multicolore. La testa del bimbo pencolava libera sul braccio destro di lsmail. Aveva il viso avvampato, rosso come fegato crudo, e coperto da uno strato di polvere. Gli occhi chiusi, il collo così sottile. Con la polvere che gli giungeva turbinando fino alla cintola, Ismail continuava a camminare borbottando. Il sudore gli aveva inzuppato la camicia a brandelli, mutando in fango la polvere che gli si posava sopra. Per ogni dove, nei campi lungo la strada, v'era gente che trascinava mannelli sull'aia mentre le mietitrici riempivano l'aria del loro frastuono. Ismail deviò in un campo dove un gruppo di uomini e donne stavano legando il grano. Depose il bimbo sulla terra umida sotto 30 un carro. Vicino, un cane giallo sonnecchiava con la lingua penzoloni. lsmail salì nel carro, prese un mestolo d'acqua dal barile e bevve avidamente. Poi si versò l'acqua rimasta sul petto nudo e villoso. Sedette, appoggiandosi alla ruota e incrociò le gambe. L' alluce gli sbucava dalla scarpa rotta. Sotto, la pelle era screpolata, e l'unghia era lunga e irregolare. Una donna dal mento aguzzo venne al carro per bere. Quando vide lsmail cambiò espressione. Spalancò i suoi grandi occhi scuri. "Ehi, lsmail, cosa ti porta qui?" Le cadde lo sguardo sul bambino sotto il carro. "Ahimè," disse, "ahimè, povera Zala. Ahimè, mia cara dagli occhi scuri." Si curvò e prese in braccio il bimbo. "Il suo collo si è indebolito," disse. "Non vuol vivere, fratello. Ahimè, Zala, mia cara Zala dagli occhi scuri. Non c'era nessuno come lei." Mise il suo seno in bocca al bimbo. Il bimbo lo prese. "Guarda, lsmail, fratello! Il bimbo vuole il seno, ha fame. Ecco perché è così debole, il caldo lo ha inaridito. Lascia che chiami Huru. Lo allatterà. Ha i seni gonfi. Con tutto che ha il bambino a casa, fino a stamattina non ha fatto altro che versare il latte inutile sul pavimento." Tolse il seno dalla bocca del bimbo. "Non lo vuol lasciare, anche se è secco. Ehi laggiù, Huru! Huru, ragazza mia, vieni qui! Svelta!" Huru lasciò il gruppo dei contadini. "È la sua fortuna, povero piccolo," disse. "I miei seni son così gonfi che non ce la faccio più. Stavo proprio per spremere latte per terra. È la sua fortuna." "Non c'era nessuno come Zala," disse la donna dal mento aguzzo. "Nessuno come lei. Quand'eravamo ragazze andavamo a zappare insieme. Aveva un viso sempre così sorridente. E i suoi capelli! Così forti e lunghi. Neri, quasi di porpora. Ma c'era una cosa, non poteva andare scalza. Se non riusciva a trovare altro si legava ai piedi degli stracci. Proprio, non poteva andare scalza ..." Huru trasse il bimbo dal suo seno. Aveva gli occhi chiusi. Muoveva solo la bocca. Aveva le labbra sporche di latte. "E io che stavo per versare il mio latte per terra." Sospirò. "Povera Zala! Chi lo avrebbe detto che il suo bimbo sarebbe stato abbandonato così fra estranei?" "Fratello," chiese la donna dal mento aguzzo, "come è morta Zala?" Alcune donne, che avevano visto il bimbo fra le braccia di Huru, vennero verso il carro. "Cosa?" gridò Mamma Hava, i cui capelli bianchi spuntavano da un fazzoletto arrotolato, "è il bambino di Zala? Ahimè, povera Zala!" Le si riempirono gli occhi di lacrime. '\Ahimè, mia Zala dagli occhi oscuri! Mia sfortunata bAmbina!Come può essere che sia morta, mia povera ragazza? Come morì?" "Come morì, lsmail ?" chiese Elif la Nera, una piccola donna chiacchierona dalle guance incavate. "Cosa le hai fatto?" Ismail ricominciò a mormorare indistintamente. Teneva il capo curvo. E di colpo si alzò, si spolverò con la mano e prese il bimbo dalle braccia di Huru.
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