Linea d'ombra - anno XI - n. 83 - giugno 1993

Smirne, foto di Groziano Arici (agenzia G. Neri). raggiunse dimensioni bibliche: mentre fino al 1950 1'82% dei 20.000.000 di abitanti della Turchia viveva nelle zone rurali, nel giro di dieci anni, dal 1950 al 1960 la popolazione urbana con un balzo impressionante passò dal 18% al 26% della popolazione totale. Il processo continuerà a questi ritmi per tutti gli anni Sessanta e Settanta. Gli immigrati si stabilivano in abitazioni di fortuna, dette gecekondu (letteralmente: costruite di notte; sorta di bidonvilles turche) su terreni occupati ai margini delle città. Vivevano di lavori occasionali in condizioni di estrema miseria. Il loro legame con ,i villaggi di provenienza restava molto forte sul piano sia economico che culturale. Negli anni Sessanta le gecekondu cominciavano a fornire forza lavoro alle neo-nate industrie, ai trasporti, all'edilizia e al commercio. Crescendo in questo modo la loro importanza economica, cresceva anche il loro peso politico in città; i vari partiti del governo locale per procurarsi voti promettevano il risanamento delle gecekondu riconoscendo la proprietà dei terreni occupati, portandovi l'elettricità, l'acqua, i trasporti pubblici. Gli immigrati a loro volta cominciavano a fondare associazioni per difendere le conquiste ottenute. Il loro legame con i villaggi di provenienza si allentava, si diffondevano nei quartieri alle gecekondu i modelli di vita urbani e il consumismo. Anche se la supremazia sociale, politica e culturale dei ceti medi tradizionali tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta era rimasta salda, cominciava a nascere una nuova cultura. Essa, ancora confinata alle gecekondu, rappresentava una sorta di sintesi tra la cultura tradizionale e quella moderna diffusa dalla televisione e dalla radio. La nuova cultura venne denominata "arabesk" per le sue caratteristiche, immediatamente manifeste . nella musica che fondeva il pathos del melodramma con le forme musicali occidentali. La cultura "arabesk" veniva contrapponendosi a quella urbana tradizionale, caratterizzata dalla sua estrema sobrietà. Nasceva così una forte dualità della società anche urbana. Questa storia è raccontata eiaLatife Tekin in Berci Kristin çop masallari (Bergi-Kristin: fiabe dalle colline dei rifiuti) nel 1984. La Tekin, proveniente da una famiglia emigrata agli inizi degli SAGGI/SARAçGIL anni Sessanta a Istanbul da un villaggio dell'Anatolia Centrale, ha fatto conoscere la straordinaria avventura storica dell' emigrazione utilizzando le forme narrative popolari e adoperando un linguaggio che riflette a sua volta la metamorfosi àntropologica verificatasi nel processo di radicamento degli ex contadini nella realtà urbana. Latife Tekin•,divenuta un vero e proprio caso nella letteratura turca contemporanea, dà vita a una narrazione che, pur derivata dalla tradizione popolare, è assai personale e moderna, indubbiamente frutto maturo della notevole evoluzione della letteratura turca che ha registrato, a partire dagli anni Settanta, un' articolazione straordinaria. Gli anni Settanta avevano segnato un periodo decisivo per le sorti del paese. Il decennio si era aperto con un'economia in forte espansione e un inaudito incremento dell'occupazione. Con la crescita numerica della classe operaia e l'acuirsi della conflittualità si era assistito a un'estesa politicizzazione della società. L'evoluzione economica e politica si rifletteva anche in un dinamismo culturale senza precedenti. La caratteristica più importante di questo dinamismo era la pluralità delle sue espressioni. Scrittori politicamente impegnati si facevano portavoci di diversi schieramenti ideologici; accanto alla letteratura di stampo marxista ne fioriva una di ispirazione nazionalista e religiosa. Negli stessi anni le donne cominciavano a emergere con forza sulla scena letteraria. Scrittrici come Furuzan e Adalet Agaoglu introducevano una nuova sensibilità e un diverso lirismo, soprattutto con le loro protagoniste femminili. Adalet Agaoglu, ad esempio, nel suo Olmeys yatmak (Coricarsi a morire) del 1973, interpreta la storia repubblicana dal punto òi vista della donna, partendo dall'emancipazione femminile sancita dal kemalismo. La protagonista del romanzo, una professoressa universitaria, ripercorre le tappe della sua vita vissuta in perpetua contraddizione tra l'emancipazione sociale e i condizionamenti culturali che reprimono la sua femminilità. · Emerge, sempre negli stessi anni, una letteratura giovane, ad opera di scrittori che rifiutando l'impegno politico-sociale della letteratura cominciano a produrre romanzi e racconti accentrati sui problemi individuali e di sesso. In questo tipo di produzione letteraria, dove prevale la ricerca di nuove forme narrative, dominano, dallo stile al contenuto, gli scherni europei. La Turchia vista attraverso la maggioranza della sua produzione letteraria e saggistica appare un paese laico e progressista, con problemi di sottosviluppo letti attraverso scherni interpretativi mutuati dall'esterno. Questo vivace pluralismo non riesce tuttavia a tradursi in una cultura della tolleranza. La giovane e fragile democrazia turca, a struttura fortemente centralizzata, non riesce a reggere l'urto proveniente dalla società. Il risultato di questa tensione è una quasi guerra civile che, in alcuni anni di confronto sanguinoso tra gli opposti schieramenti, significa migliaia di morti, carcere ed esilio per molti giovani intellettuali, sfociando in una nuova rivoluzione dall'àlto, attuata dai vertici dell'esercito. Quest'episodio, il colpo di stato del 1980 (il terzo nel suo genere dall'inizio della storia repubblicana; il primo era avvenuto 27

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