UN TRENO DA ISTANBUL ANNI IN CORSA Ayse Saraçgil Gli ultimi anni hanno visto la Turchia attraversare un processo di cambiamento che colpisce tanto per la sua rapidità quanto per la sua profondità. La fisionomia data al paese dai suoi padri fondatori è stata di fatto messa in discussione. Il modello concepito negli anni Venti da Ataturk e dai suoi collaboratori, un'alta burocrazia civile e militare di estrazione borghese, prevedeva una società senza conflitti di classe, dominata interamente da uno Stato laico e progressista che l'avrebbe condotta sulla via della modernizzazione. Nella prima fase della Repubblica, tra gli anni Venti e Trenta, fu questa élite a promuovere le cosiddette "rivoluzioni kemaliste", cercando non solo di modellare le istituzioni del nuovo Stato ma anche di rimodellare la società e la cultura. Le caratteristiche più importanti di questa élite di funzionari erano la formazione di impronta illuministica (una forte fiducia nella ragione e nella volontà), la convinzione di essere investita dalla storica missione di liberare la società dalla miseria, dalla bigotteria e dall'arretratezza, un certo giacobinismo e, infine, l'identificazione con lo Stato. Caratteristiche queste che rendevano l'élite turca non solo estranea alla propria società ma anche dubbiosa circa le sue potenzialità. L'élite repubblicana impose alla società turca, ricorrendo anche a metodi coercitivi, due obiettivi primari: la modernizzazione culturale attraverso la diffusione e il radicamento dei propri valori e il progressivo inglobamento del paese nel sistema capitalistico, assegnando allo Stato il ruolo di agente del-cambiamento, di promotore del progresso. Al primo posto tra le misure di modernizzazione culturale era la laicizzazione socio-istituzionale. Di fronte alla tradizionale ingerenza della religione musulmana nella vita politica, i repubblicani misero in atto un deciso processo di ridimensionamento dell'islamismo: soppressero l'educazione religiosa, misero al bando gli ordini mistici particolarmente influenti nella cultura religiosa popolare, resero possibile, attraverso le riforme giuridiche, la partecipazione delle donne alla vita socio-economica. Sostituirono, sia per contrastare l'importanza della religione, sul piano simbolico, sia per attuare una capillare campagna di alfabetizzazione, l'alfabeto arabo con quello latino, e lanciarono una "rivoluzione linguistica" volta a "purificare" il turco dalle "contaminazioni" dell'arabo e del persiano. Gli sforzi modernizzatori di quegli anni e le lotte politicoideologiche tra le componenti dell'élite repubblicana sono riccamente testimoniati dalla produzione letteraria. Uno degli scrittori più rappresentativi di questa fase è Resat Nuri Gontekin. Nel suo Yesil Sece (La notte verde), scritto nel 1926, si narra la lotta del protagonista Ali Sahin, iniziata dopo la Rivoluzione dei Giovani' Turchi (1908), per una società più razionale. Sahin ovviamente si trova a combattere contro il predominio della religione. Egli afferma: "Il paese non può essere salvato cambiando solo il sistema politico (...) La religione è stata sempre usata come strumento del potere". L'avvento del kemalismo è un momento glorioso per il protagonista, ma presto l'entusiasmo si tramuterà in una delusione: l'ideologia antagonista dell'epoca, l'islamismo, che plasma la cultura dei ceti dominanti, ha perso poco della sua forza. Il romanzo si chiude con la decisione di Sahin di recarsi nella nuova capitale, Ankara, per combattere il trasformismo. La soluzione al problema del trasformismo elaborata dal regime kemalista fu di tipo culturale. Il regime pianificò l'educazione delle nuove generazioni alla propria filosofia mobilitando a tal fine tutti i mezzi à disposizione: scuola, stampa, letteratura. Lo scopo era quello di sostituire il tradizionale sistema di valori a impronta religiosa, basato sulla comunità dei fedeli e sulla famiglia, con uno nuovo di impronta laica. Nel nuovo sistema culturale la centralità della comunità rimaneva però salva; l'individuo veniva infatti concepito come il primo anello di una rete di rapporti che partendo dalla famiglia giungeva allo Stato. Nel quadro di una sostanziale continuità- l'individuo e la responsabilità personale anche ora hanno ben poco spazio - la nuova cultura sostituiva la fede con il concetto di dovere. Un altro problema del riformismo kemalista, parimenti riflesso nella letteratura, riguardava la sua difficoltà di raggiungere le masse popolari e di far nascere una nazione unita intorno agli obiettivi della modernizzazione. Ciò che veniva anzi configurandosi era una nazione divisa tra modernità e tradizione, tra la società urbana e quella rurale. I kemalisti avevano teorizzato la leadership degli intellettuali nella diffusione e nel radicamento delle riforme e nel processo di razionalizzazione della cultura popolare. Già nei primi anni della Repubblica era nata nella letteratura la figura del riformista piccolo-borghese: erano insegnanti, giovani funzionari, medici, impegnati in vari centri della provincia anatolica a combattere contro la bigotteria e l'oscurantismo. Questi idealisti però, prima ancora che con l'ostilità dei contadini, si trovavano a dover fare i conti con la propria estraneità alla realtà rurale. Un esempio significativo è fornito da Yaban (L'estraneo) di Yakup Kadri Karaosmanoglu, scritto nel 1932. Il protagonista del romanzo,un giovane ufficiale, si reca nel villaggio d'origine del suo attendente con l'obiettivo di conoscerne la vita. I contadini, lontani dall'avere una coscienza nazionale, immersi come sono nella loro vita tradizionale, appaiono ai suoi occhi come una massa di ignoranti, ipocriti e conservatori. Colpito profondamente dalla loro ostilità il giovane arriva a definirli "più schifosi delle bestie". Sopraffatto subito da profondi sensi di colpa comincia a riflettere sulle proprie responsabilità: "L'uomo", pensa, "è frutto delle condizioni sociali, se queste non cambiano egli non potrà cambiare( ...) io e i miei simili, cosa abbiamo fatto finora per questo paese e per questa massa di uomini miserabili? Dopo aver succhiato per anni il loro sangue come posso ora provare questo disgusto?". I suoi sforzi risulteranno però vani. Non riuscirà a stabilire nessun dialogo coi contadini, perderà anche il proprio ascendente sull'ex attendente che finito il servizio militare era tornato a vivere la sua vita di sempre. Durante questi anni la più autorevole voce di dissenso nella letteratura turca è il poeta marxista Nazim Hikmet. Nella sua 25
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