IL CONTISTO La storia ·e le chiacchiere La guerra nella ex ·Jugoslavla a cura di Paola Costa e Marco Rossi-Doria Il seguentetesto è il risultatodi due lunghe conversazionicon un diplomaticofrancesecheoperaattualmentenellaexJugoslaviae cheha voluto mantenerel'anonimato per motivi evidenti. Esse hanno avuto luogo a Parigi tra la fine di aprilee l'inizio di maggio 1993. Quando è arrivato a Belgrado? Sono arrivato agli inizi di novembre del 1990, appena un mese prima delle ele.zioni presidenziali in Serbia, che hanno visto la vittoria di Milosevic. Precedentemente aveva ricevuto delle informazioni su cosa stesse accadendo? Avevo informazioni di estrema importanza che qualsiasi cittadino del mondo poteva avere. La CIA aveva previsto, a partire dall'ottobre 1990, che sarebbe stata probabile una guerra civile entro i 18mesi successivi, e l'informazione è uscita su "Le Monde" che la aveva a sua volta ripresa dal "New York Times". Sicché, un mese prima di arrivare, avevo dei chiari avvertimenti su quel che stava per accadere. Ha avuto l'impressione di una estremizzazione della situazione, di una ulteriore più forte tendenza aggressiva da parte della Serbia? Lei mi sta domandando se ho assistito a una estremizzazione delle cose. Ma si era già in una situazione estrema, taluni articoli preoccupanti erano già usciti nel corso dello stesso anno. I problemi erano cominciati da tempo, e io ho potuto assistere alla fine del processo di estremizzazione degli eventi. Quali idee aveva sulla situazione di questo paese al momento della sua partenza per la Jugoslavia? Non avevo idee preconcette. Appena arrivato ho constatato che si era nel pieno della malattia nazionalista, 'su tutto il territorio jugoslavo. Ma questa malattia era iniziata in Serbia - è un fatto noto - con la questione del Kosovo negli anni '80. Ed è intorno alla questione del Kosovo che Milosevic ha instaurato il suo potere nel 1987 e ha dato inizio a un delirio nazionalista i cui toni sono poi stati ripresi anche dagli altri. Dunque ritiene che lo stato di emergenza e di assedio in Kosovo nel 1988 sia all'origine della tensione nazionalista anche nelle altre Repubbliche della Federazione? Certamente. Ma si può datare l'inizio di questa tensione al primo discorso intorno al Kosovo che fu fatto nel "Memorandum dell'Accademia delle Scienze Serbe" nel 1986, nel quale ci si riferisce al Kosovo da riconquistare e dove il delirio è già percepibile. È essenziale capire che si sono avuti dei discorsi nei quali tutto è stato detto, seguiti da atti che sono la diretta conseguenza di quei discorsi. In questa storia tutto si fa con le parole. E la Serbia realizza esattamente ciò che ha detto. A partire dal 1988 hanno cominciato a dissotterrare dai cimiteri e dalle fosse comuni gli scheletri delle vittime serbe degli ustascia croati durante l'ultima guerra per ridestare la memoria "vittimistica" dei serbi. Ricordiamoci che negli anni '30, in ,o Germania, sotto il nazismo, si sono avuti molti discorsi "vittimistici" contro gli ebrei e i capitalisti: la disoccupazione e tutto il resto erano attribuiti alle colpe di forze "esterne"; poi il Reich ha tentato il recupero di territori dove vivevano popolazioni di lingua tedesca come i sudeti in Cecoslovacchia, fino ad arrivare all'annessione dell'Austria. In ciò le due ideologie si rassomigliano. Ma esse non sono identiche. È come un'eco, ma dire che sono uguali, come quando si afferma che Milosevic è come Hitler, è una operazione troppo facile e non mi suona bene poiché comunque il fenomeno che abbiamo davanti è un fenomeno nuovo. Ci può descrivere più precisamente ciò che lei ha voluto definire come delirio, perché spesso si afferma che questo delirio dei serbi è una reazione ad altri deliri, quello croato, quello sloveno, e così via ... Sentiamo dire che è il problema dei Balcani, degli slavi del sud, che in Jugoslavia ci sono sempre stati i nazionalismi e che la colpa è un po' di tutti quanti. Il delirio non è tanto la rivendicazione della propria nazionalità ma è il discorso che sostiene che, per poter riuscire a formare una nazione tutti i mezzi sono buoni, ivi compreso lo sterminio dell'altro. Fuori dalla Serbia, in Slovenia, in Croazia, vi era certamente del nazionalismo, era irritante ma non era ancora un vero e proprio delirio. Si comincia a delirare quando si afferma: "Io posso ucciderti perché tu non sei serbo, e quelli che non sono serbi, crepino come ratti". Il delirio non è dire: "Io sono serbo, io sono sloveno, io sono croato." Abbiamo assistito a una politica che ha ritenuto che la violenza e lo sterminio dell'altro fossero dei mezzi efficaci. Come lo spiega? Per me la spiegazione del nazionalismo serbo è la seguente. I sistemi comunisti hanno negato la libertà agli individui ma in compenso hanno elargito degli pseudo-spazi di libertà: le nazioni. C'è stata la teoria staliniana delle nazioni. Il Partito comunista regalava alla gente un osso da rosicchiare dicendo: "Voi siete liberi poiché noi vi lasciamo la vostra scrittura, il vostro alfabeto, la vostra lingua, le vostre scuole." Nel medesimo momento in cui · Stalin inviava i poliziotti a uccidere i nazionalisti in Georgia, il suo paese, scriveva: "Bisogna salvare le letterature ...", ma al tempo stesso uccideva i poeti dissidenti. Quando il comunismo crolla ciò che riemerge sono le nazionalità. C'era un discorso analogo tra i croati? Ho saputo al mio arrivo che stavano "croatizzando" la loro lingua, volevano assolutamente distinguersi dagli altri, diciamo che infastidivano, che avevano un principio di malattia, ma il delirio è quando si fa appello alla fotza bruta. I croati non avevano la forza. Quando il 15 maggio 1991 la Serbia ha confiscato per sé il potere jugoslavo, nel corso di una sorta di colpo di stato interno, ho capito che l'irrimediabile stava per accadere. Per chi non lo sapesse, vi era in Jugoslavia una presidenza a rotazione, un meccanismo costituzionale che consentiva a ciascuna Repubblica di avere il potere centrale a turno. Quel 15maggio toccava alla
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