Questa è una patata ben bollente nel mezzo del dibattito sulla produttività, scarsa, delle imprese pubbliche accusate di succhiare soldi e basta. E dice anche: con la politica non si mangia, facciamone a meno se no rimaniamo a stecchetto, argomento diventato ormai fortissimo in Cina negli ultimi 15 anni. Difficile che con calcoli così e una difesa tanto traballante delle imprese pubbliche mangiasoldi, sipossa ancoradifendere l'indottrinamento politico e, precipitando, la repressione dei dissidenti. Resta però la questione del potere, strettamente legata ai corsi di politica, ma su questo la frattura sembra ancora più grave: il territorio infatti appare per buona parte fuori dal controllo centrale. La domanda a questo punto è: può Pechino recuperare il controllo e come in queste condizioni? E pagando quale prezzo? E quanto potere vuole e può recuperare? Le risposte possono essere date solo per tentativi. Un dato solo: 1'8 aprile del 1993 il capo della polizia Tao Siju disse che non era poi tutto male quello che facevano le triadi. Una chiara apertura di credito a una organizzazione che sta acquistando IL CONTESTO sempre maggiore influenza nel paese e che può svolgere un ruolo cruciale nel passaggio di poteri a Hong Kong nel 1997. Del resto già prima del '49 i comunisti si erano appoggiati alla mafia, ma ben più grande era il ruolo che le triadi avevano svolto a favore del capo nazionalista Chang Kai-shek. La storia potrebbe ripetersi anche se non si sa in che forma. E agli occidentali scettici e orripilanti cinici economisti cinesi ricordano il ruolo che la mafia giapponese, la famigerata Yakuza, svolge a Tokyo. In Cina non potrebbe essere la stessa cosa? Note I) Di fatto esiste già da anni un mercato immobiliare privato che con la complicità di impiegati agli uffici urbanizzazione delle grandi città falsifica carte e "vende" a privati o a danwei case spesso di proprietà nominale di altre danwei. · 2) Figlioccia del generale Ye Jianying, arrestata dopo Tienanmen e dopo circa sei mesi liberata. 3) Sul coinvolgimento delle forze armate cinesi in attività di pirateria e contrabbando esistono denunce di Taiwan, Hong Kong e Russia. Corno d'Africa, il presente che cambia Alessandro Triulzi C'è tanto da leggere, e da capire, in questi giorni, sulle cose di casa nostra. Non se ne può più. I SÌ e i NO si accavallano nella nostra mente, e nella memoria collettiva della gente, contesa e ancora più confusa tra l'invocato "rinnovamento" dei più e il confessato "ripensamento" dei molti. E naturalmente il fiume senza argini di dichiarazioni e controdichiarazioni, fughe di notizie pilotate di concussi e collusi, che alimenta un vortice continuo ed ambiguo dove chi trionfa sono soprattutto i media e la loro dilagante lettura-scoop, "giustizialista", del presente e dei suoi mali. Tutto sfascio, tutto bene. Tanto si volta pagina, si dice. Così facciamo fatica, in realtà non vogliamo capire che tra il referendum sul sistema elettorale in Italia, quello sulla formula politica indipendentista in Eritrea, o i rinnovati negoziati sulla formazione di governi "nazionali" in Somalia o in Sudafrica, così come in Russia o nella ex-Jugoslavia, corre un filo rosso che è quello della nuova forma-Stato che stenta ad affermarsi e a innovarsi in contesti storico-politici molto differenti tra loro, ma caratterizzati da un elemento di fondo che li accomuna, l'uscita dalla guerra fredda e dall'eccesso di Stato che ha caratterizzato la maggior parte delle esperienze di governo della seconda parte del secolo ventesimo. In questo non vi è molta differenza tra regimi ex-coloniali o ex-comunisti, e il contagio, o la ')resa", della nuova "libertà" post-comunista ha intaccato il nostro stesso sistema di potere sottoponendolo, per la prima volta dal dopoguerra, a una severa crisi di identità e di scollamento. Riflettere pacatamente sull'evoluzione della forma-Stato in Africa negli anni Novanta vuol dire concorrere a una maggiore comprensibilità, oltre che conoscenza, del difficile presente politico che attraversa il Continente. Il caso del Como d'Africa è in questo senso esemplare. In Etiopia e Eritrea si combatte oggi, dopo trenta anni di lotta armata, una battàglia di idee in cui si j mescolano, da parte etiopica, antiche forme di dominio e nuovi principi di autonomia e autogoverno della periferia rispetto al centro politico e culturale dello Stato, così come questo si è fin qui espresso attraverso governi sia "tradizionali" (Hailé Sellassié) che "socialisti" (Menghistu Haile Mariam); da parte Eritrea si rivaluta la memoria storica di una oppressione da Addis Abeba definita di tipo "coloniale" e il prezzo lungamente combattuto e sofferto di una sanguinosa guerra di indipendenza guidata da un fronte di liberazione egemonico (FPLE). In Somalia peraltro, la ventennale dittatura di Siyad Barre e i sanguinosi conflitti di potere e di dominio nella regione negli ultimi venti anni hanno dato luogo a uno scoppio di conflittualità diffusa resa incandescente da una lotta per la sopravvivenza politica delle principali famiglie cianiche per assicurarsi così il predominio nel periodo post-Siyad Barre, e la spartizione di risorse sempre più scarse in un contesto di generale smobilitazione produttiva del paese e di aspra conflittualità intorno ai flussi e ai centri di smistamento degli aiuti. In Etiopia, infine, un gruppo di potere riunito intorno a un movimento di liberazione regionale (FPLT), dopo aver formato una coalizione composta principalmente da elementi tigrini con gruppi di Oromo e Amhara dissenzienti (EPRDF), sta lentamente trasformando un impero centralizzato e unitario in uno Stato federale con forti autonomie regionali a vocazione monoetnica. Già da questa semplificata descrizione si può intuire che la posta in gioco in tutti questi paesi è lo Stato, o meglio la formaStato che si vuole sostituisca lo Stato-nazione delle prime indipendenze, sia quelle "negoziate" degli anni Sessanta che quelle "combattute" degli anni Settanta e Ottanta, considerate entrambe di derivazione e orientamento neo-coloniali. Gli attuali combattimenti e rivolgimenti in corso, dalla lotta per la parità di voto in 5
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