Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

STORIE/GAMUUTE il corpo disteso per terra. Parlava con se stesso. Partì dalla scala indicata dal poeta Hadraawi 1 • Cominciò dal periodo in cui si trovava. Cercò di qua e di là. Lo sondò con lo scandaglio. Arrivò fino al fondo. Lo rivoltò più volte. Guardò indietro lo ieri e le azioni che vi erano state compiute. Interrogò il passato. Ne trasse alcuni insegnamenti. Volse il capo anche verso il futuro. Lo seguì con gli occhi. Si protese verso cose lontane senza riuscire a raggiungerle. Riandò con la mente a Dibadyaaz2. Vi trovò della saggezza. E con le spalle si appoggiò alla Barbaraale. Ne trasse delle indicazioni. Tu e la speranza mi avete fatto aspettare troppo a lungo! Così recitò quattro, due, e sei volte. Insisté su questo distico tra sé e sé. Lo ripeté con tutto il cuore, perché è dove c'è la ferita che si prova il dolore. Rimase a lungo così. Se ne chiese la ragione. Ogni domanda rimandava a un'altra domanda. Ma non trovò altro che delusioni. Alla fine si stancò. Gli tornò in mente la ste_riadella iena che aveva sentito una donna dire di aver riposto della carne su un albero, e che cantava la propria delusione: Ma questo albero di reydab Non è quello che si diceva! O io sono come un cadavere Senza forze E non riesco più a correre, O quella disgraziata, che le caschi l'utero, Non ha detto la verità! Non si riesce a capire da che parte perda questa maledetta zangola che impedisce al burro di formarsi. Non se ne viene a capo, come la famosa cammella cE Ina Sanweyne che aveva ingoiato un'accetta. Non gli si chiarì alcunché. Lui non si rassegnò. Si impegnò molto. Cercò bene con lo sguardo. Seguì tutte le orme. Corse dietro ai suoi cammelli che si affrettavano verso l'abbeverata. Si fermò. Tornò indietro. Veniva sballottato da un'onda all'altra. Non desistette. Andò avanti fino al firmamento. Ancora non smise. Cercò delle informazioni. Un vecchio astrologo prese a parlargli. Lui ascoltò: "La luna è ferma nel suo alone. La stella Dirir le si è associata. In questi ultimi tempi il Cammello del Cielo sta col collo proteso verso il basso. La costellazione delle Pleiadi non è visibile. Da tempo è tramontata verso occidente. La costellazione dell'Afaggaalle l'ha seguita subito dopo. Sono nella stessa stagione. Si sente di lontano il loro vocìo." 3 Era l'inizio della notte, con il cielo ancora rosseggiante ma già buio, quando Xidid-madow si era sdraiato per terra. Ormai però è notte fonda. Il vento soffia con forza. L'uccello galow, foriero di guerra o di pioggia, fa sentire il suo richiamo. Le piante frusciano e gemono. Il gufo ulula. Di tanto in tanto si sente il feroce grido del licaone. Lo sciacallo urla 4 • Il suo ululato risuona. E bene informato. Sa meglio di chi è in procinto di partire che fine 48 abbiano fatto le corde per caricare le bestie da trasporto. "Sciacallo fastidioso, che qualcuno ti possa far tacere!" così maledice lo sciacallo il pio serpente. Ma la iena non si preoccupa. È felice. Le è andata bene con tutti questi morti. Ha ottenuto la piuma della vittoria. È soddisfatta. Ha esclamato "Che mangiata!". Ha buttato via il secchio della povertà. Rutta di continuo. Ride di gusto. Un uccello ripete l'antico detto: "La carne di pecora è una medicina, Ma la donna la rovina. L'interesse crea un legame, Ma la superbia lo rovina. La pace è meravigliosa, Ma l'ingiustizia la rovina". E nel cielo ogni tanto si vede una stella che corre veloce allontanandosi dalla sua sede5 • Da qualche parte c'è chi dice "Possa colpire i malvagi e il demonio!". Xidid-madow sta ancora cercando una risposta.L'anziano gli sta parlando. E lui continua ad ascoltarlo con attenzione. "In realtà lo studio delle stelle è basato sul movimento del mondo che ci circonda e sulle sue mutazioni. È così, e bisogna osservare con attenzione. Dunque diamo uno sguardo al giovedì in cui è iniziato questo mese di Sabbuux, che Iddio ce ne possa dare la prosperità, e all'ultimo mezzogiorno che abbiamo passato. Torniamo a quando l'ombra era arrivata amezzodì. Il cielo era carico di pioggia. L'atmosfera era insopportabile come le doglie del parto. Il sole era infernale. Era torrido. Sembrava che ti dilaniasse. Spargeva tizzoni ardenti. Era violentissimo. Aveva oltrepassato ogni lirnite. Pareva che ci fosse venuto accanto. Anche il terreno era rovente. Ci si scottavano i piedi. La tromba d'aria che avrebbe fatto scaturire la pioggia si innalzava fino al cielo. Aveva l'impeto di un ariete. Xuuri duuri Xiito xiito È come il gioco del pallone L'ho lanciato, ma anche voi l'avete lanciato? È finito e strafinito È l'asse rotto di un pozzo ed È caduto; L'ho lanciato via, ma anche voi l'avete lanciato? Così cantava la tromba d'aria. Gli uccelli rapaci galleggiavano su di essa. L'ottarda saltava approfittando della sua spinta. Batteva le ali e volava dritta verso l'alto gridando ili ili, poi piegava verso terra dicendo garba-dhiig, e giungeva al suolo dicendo barbarriiq. Le formiche sapevano più degli altri quel che stava per succedere. Conoscevano tutti i segreti. Glieli aveva svelati la mangusta. L' eterocefalo gliene aveva dato la conferma. Avevano controllato le tele dei ragni. Erano venute all'aperto. Si apprestavano al trasloco. Si raggruppavano davanti a tutti i loro buchi. Salivano sui tronchi degli alberi più grandi. Nel farlo incrociavano il varano. Lui scendeva giù. Andava ad abbeverarsi. Era giunto il suo turno. Si preparava a bere. Sollevava la testa più

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