Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

CONFRONTI mente vicini e "sacri" alla sensibilità degli israeliani: il sionismo e i suoi ideali, l'Olocausto e il conflittuale rapporto con l'arabo. Drammi come Un'anima ebraica, che si sofferma a riflettere sull'enigmatica e "nevrotica" caratterizzazione di Otto Weininger hanno dato il via a una progressiva presa di coscienza della sua arte come manifestazione di provocazione e di rottura di riconosciuti clichés. Ghetto e soprattutto Adam in cui si delinea il racconto sull'Olocausto attraverso le vicende del ghetto di Vilna e la resistenza, che ivi era in atto, hanno suscitato violente e risentite reazioni contro l'autore, denominato "dissacratore dell'Olocausto", sulla stampa d'Israele. Il rapporto tra pubblico e Sobol ha raggiunto il suo apice di aggressività e intolleranza con la messa in scena di La Palestinese e Sindrome di Gerusalemme che lo hanno costretto a dare le dimissioni dalla carica di direttore artistico del Teatro Municipale di Haifa. Anche tenendo conto della diversa situazione emotiva, all'estero, derivata certamente da un ambito storico diametralmente opposto, volto a recuperare rinnovati messaggi e contenuti atti a lenire sensi di colpa, bisogna tuttavia tenere conto del successo e dei riconoscimenti dati a Sobol fuori dai confini della sua terra. Al di là dei filoni e delle tematiche cariche di significati precisi, non va assolutamente trascurata la validità della funzione del suo linguaggio teatrale, premessa necessaria per la realizzazione e per la feconda accoglienza di questi drammi. Ricorderò che Un'anima ebraica. L'ultima notte di Otto Weininge r ha rotto lo stato di marginalità e di provincialità del teatro israeliano ottenendo un riconoscimento internazionale al Festival del Teatro di Edimburgo nel 1982, mentre successivamente Ghetto e La Palestinese hanno calcato le scene di prestigiosi teatri europei e americani, tanto che il dramma Ghetto ha ottenuto il premio Evening Standard Best Play a Londra nel 1990. Anche se, come si diceva prima, le tematiche dissacratorie di questi pezzi teatrali hanno forti implicazioni nel consenso e nel rigetto a seconda delle differenti platee, mi è parso opportuno verificare i I processo creativo e soprattutto gli enunciati teorici che sono alla base dell'elaborazione di questa poetica, interrogando lo stesso autore sulla sua drammaturgia e anche, perché no, sulle presunte cause di ostilità dei suoi connazionali. Avevo già intervistato Yehoshua Sobol nel lontano 1982, successivamente al suo riconoscimento internazionale a Edimburgo. L'arco di tempo fra quell'incontro e quello del luglio del '92 a Tel Aviv mi consente di affermare che le sue mete e i suoi propositi si sono realizzati. Tenendo conto che la sua teatralità ha la funzione di rompere dei moduli tradizionali, questa conversazione si articola su tre punti essenziali: il 38 ruolo della donna quale protagonista dei suoi drammi, i messaggi politici contenuti nella sua arte, e un breve cenno ai suoi progetti. Nel tuo lavoro teatrale La Palestinese, nel quale affronti il problema dell' "altro", hai intenzionalmente strutturato l'intreccio drammatico attorno ad una donna araba? Ho scelto di proposito una donna quale eroina del mio dramma, poiché sono perfettamente consapevole che la donna è in uno stato di soggezione nella nostra società, dominata com'è dagli uomini. Una drammaturgia che ha come scopo la rappresentazione dell'oppresso deve affidare il ruolo principale alla donna, che in quasi tutte le società, non solo in quella israeliana, è costretta a subire continue sopraffazioni. Per questo preciso motivo Samira, "la palestinese'', è l'eroina del mio dramma, poiché essa è doppiamente oppressa, in quanto donna e in quanto palestinese. Mi sembra inoltre implicito e chiaro che il processo di liberazione di una determinata nazione o gruppo deve avere come meta anche l'affrancamento della donna. Dunque il "Movimento di Liberazione palestinese" o la "rivoluzione palestinese" devono porsi come traguardo anche l'accettazione di una donna come la mia Samira, .altrimenti non si può parlare di vera indipendenza. Questo era il nocciolo del mio spettacolo: volevo sondare l'opinione pubblica per vedere se non solamente gli israeliani, ma anche i palestinesi fossero disposti ad accettare un personaggio quale Samira. In molte scene del tuo dramma ho notato una certa comprensione tra Dalia, l'attrice ebrea, e Samira. Pensi che tra minoranze, tra perseguitati ci possa essere maggiore solidarietà? Certamente. Samira vuole che una donna ebrea reciti la sua parte perché crede che si possa giungere a un accordo più immediato tra donne che non tra una palestinese e un palestinese. La complicità femminile gioca un ruolo essenziale e determinante nella struttura drammatica. Nonostante l'iniziale contrarietà di Dalia a recitare la parte affidatale, nelle scene conclusive essa si identifica nel personaggio, tanto da lottare e difendere Samira nelle controversie che sorgono durante la registrazione dello sceneggiato. Negli altri drammi che parte occupa il personaggio femminile? I personaggi femminili hanno nella mia scrittura una funzione determinante, anche se non sono protagonisti. Nei tre drammi ambientati nel ghetto la donna occupa una posizione centrale e ha una caratterizzazione molto forte. In Ghetto Hayyah è essenziale nella trama e nella sceneggiatura. In Adam la voce narrante, colei che rievoca le vicende, è Nadia. In Nel sotterraneo la dottoressa Sonia e la giovane ebrea hanno un notevole peso nell'intreccio. In uno dei miei più recenti lavori, Solo, vi sono ben tre figure femminili che ruotano attorno al protagonista, Spinoza. Nella vita del filosofo non sono mai menzionate le donne, ma dal mio punto di vista il suo pensiero si presenta problematico, quando si parla d'amore. Per questo motivo me ne sono occupato e ho voluto concretizzare questo aspetto nella sorella, nella prostituta e nella fidanzata. La prima ha una caratterizzazione un po' aggressiva, raffigura la tradizione e combatte iffinché Spinoza ritorni in famiglia nel senso vasto dell'accezione. La seconda lotta per l'amore e per la libertà. Qualitativamente ella è forse la migliore. Infine la terza, la giovane Marie, vuole imporre il proprio affetto e riesce a svolgere un'azione educativa. Nel dramma si vuol parlare dell'evoluzione di Spinoza, e il suo incontro con queste tre eroine ne è una delle tappe fondamentali.

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