Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

CONFRONTI Quando ballo, o quando insegno, utilizzo la danza rituale, vale a dire la danza per il dio. ·con l'iniziazione sono infatti entrato in possesso di una determinata energia che muta e si trasforma a seconda del contesto in cui danzo e che trasmetto, in tutte le sue metamorfosi, tramite il corpo. Sono così il contesto, il tempo e il luogo in cui danzo a offrirmi l'ispirazione per collocare il mio corpo in una posizione piuttosto che in un'altra". Koffi Koko, il cui brillante e affascinante contributo in questo spettacolo era descritto nel testo solamente a livello didascalico, ci racconta a proposito della messa in scena: "Il mio ruolo in questo Faust è molto particolare perché Faust fa parte della mia cultura e se da un lato sono un professionista, quello che parla in me, quello che danza in me, sono i miei rituali, le mie origini. La mia vita, come danzatore e maestro yoruba, è quindi in un certo senso sospesa in questo precario equilibrio fra arte e religione. In questo spettacolo interpreto, appunto, Eshu, il dio che offre le coordinate degli altri dei, il tramite per entrare in contatto con gli altri dei. Mentre le manifestazioni degli altri dei sono note, è difficile dire esattamente quali siano le manifestazioni di Eshu. Poiché Eshu è uno e tanti, la mia coreografia deve cambiare costantemente e passare di immagine in immagine. Così, ad esempio, ogni dio ha un suo ritmo e all'interno di questo ritmo si manifesta in un determinato modo. Anche Eshu ha un suo ritmo, ma, all'interno di questo ritmo, può subire molte metamorfosi e, a seconda del personaggio che vuole essere, può compiere molte danze. È importante percepire questa molteplicità perché Eshu vuole smuovere la gente, vuole sottrarla da uno stato di eccessivo agio, di assopimento, per provare emozioni sempre diverse. Il rituale, inoltre, ha inizio nel momento in cui mi dipingo di bianco il che, a livello simbolico, indica che intendo abbandonare la mia identità. Poi, con il sudore, il bianco si scioglie, così come in questo particolare spettacolo si dissolve la croce blu sul pavimento. Alla fine dello spettacolo mi scontro con Mefistofele. Mefistofele è in realtà come me, perché entrambi vogliamo attrarre Faust dalla nostra parte. È chiaro però che solamente uno di noi potrà sopravvivere, ma è sfruttando l'innata curiosità di Mefistofele e attraendolo nella cappella dove abitano gli spiriti e dove ho più potere, che lo sconfiggo. Quando ci si scontra con un buon nemico e lo si sconfigge bisogna però rispettare la sua morte ed è per questo che nel danzare con la sua testa racconto nuovamente la nostra storia e, nel raccontarla, il mio e il suo ego si confondono, così come la vita si confonde nella morte". Parallelamente al dialogo fra parola e danza, nei momenti dello spettacolo in cui appare Eshu vi è anche un dialogo fra musica e danza, dato dal fatto che i movimenti di Eshu vengono "accompagnati" dal suono di due tamburi. Koffi Koko commenta a proposito: "I due tamburi rappresentano il mio ritmo, il mio respiro. Eshu viene evocato dal suono dei tamburi e io, in quanto Eshu, sono come la materializzazione di questo ritmo. Così quando cessa il suono dei tamburi cessa anche la cerimonia e il dio ritorna nel posto cui appartiene, il posto dove vivono gli spiriti. Ma Eshu è un dio capriccioso e può anche decidere di voler rimanere. In questo caso i tamburi devono continuare a suonare, perché se i tamburi andassero via prima del dio, la sua energia non sarebbe più contenuta dal ritmo e potrebbe quindi trasformarsi in energia distruttiva. Inoltre è importante ricordare che ci sono due tamburi, uno dei quali è un tamburo parlante, che riproduce le tonalità della lingua yoruba. La mia danza è come un testo per il tamburo parlante. Lui risponde a quello che faccio e allo stesso tempo mi accompagna a raccontare la mia storia e io, viceversa, gli rispondo con il corpo. Se io non mi muovo, lui non parla e, occasionalmente, se lui non parla, io non mi posso muovere. Talvolta lui fa un suono continuo. come un soffio, e io posso fare 36 quello che voglio e passare attraverso molte transizioni. Eshu è quindi un dio molto particolare. Si dice ad esempio che un giorno delle persone dovessero attraversare un fiume. Così Eshu permise loro di utilizzare il suo pene come ponte. Ma mentre la gente stava attraversando il fiume, il suo pene perse l'erezione e la gente precipitò nel fiume. Questo è Eshu ! E questo è quello che cerco di trasmettere nello spettacolo, sfidando continuamente il mio precario equilibrio di artista e maestro vodù, cambiando ritmi e movimenti a seconda del tempo, del luogo, del pubblico, degli altri attori e del respiro dei tamburi". Due poesie Gabriel Gbadamosi traduzione di Maria Cristina Devecchi Il figlio di Shango (Entra una processione di spiriti - giovani uomini, dai corpi pallidi, imbrattati di gesso, sfregiati di rosso campeggio 1 .) Il figlio di Shango 2 discese al fiume. La giornata era rovente E uno straniero lo avvicinò. La voce di Shango è il tuono nelle pietre del fiume. Lo straniero era Eshu3 , Eshu l'ingannatore, Che finge di essere umano Quando un uomo lotta per essere umano, E trova solamente la Morte. La Morte nelle pietre del fiume. Il figlio di Shango discese al fiume. La giornata era rovènte E uno straniero lo avvicinò. Shango era re a Oyo4, un Alafin5 , finché venne deposto da stranieri. Non è facile deporre un re Che ha cavalli e tuoni sul suo viso. Shango entrò nella montagna, Il suo tumulo sepolcrale, Per incutere timore nei cuori degli stranieri, Degli stranieri che gli si oppongono. Il figlio di Shango discese al fiume. · La giornata era rovente E uno straniero lo avvicinò. Il figlio di Shango che è bello con la bellezza di suo padre, Che dorme e si desta dalla sua stuoia conoscendo solamente il mattino, Che guarda in casa e in strada E non trova nulla in eredità, Eccetto la forza lasciatagli da suo padre. Il figlio di Shango discese al fiume. La giornata era rovente E uno straniero lo avvicinò. Il braccio di Shango è come la diga

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