Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

CONFRONTI La gente di Shango. Teatro yoruba a Cambridge Incontro con Gabriel Gbadamosi a cura di Gabriella Giannachi Gabriel Gbadamosi, l'ultima voce dell'enciclopedia Heineman (1990) sulla poesia africana del Novecento in Inghilterra, è certamente uno dei più interessanti autori della nuova generazione britannica. Nato a Londra nel 1961, di madre irlandese e padre nigeriano, Gbadamosi si considera un londinese e, oltre che poeta, è autore di testi teatrali e storico del teatro africano. Abbiamo incontrato Gabriel Gbadamosi a Cambridge, dove è stato Judith E. Wilson Fellow alla Facoltà di Inglese dall'autunno 1991 ali' estate del 1992 e dove gli abbiàrno chiesto di ripercorrere brevemente i momenti principali della sua affascinante ed eclettica carriera. Gbadamosi ci ha così risposto che dopo aver studiato scienze per un anno - voleva diventare medico e andare a lavorare in Nigeria - visse a Rabat, in Marocco, in una casa su una scogliera a picco sull'Atlantico, "un posto molto bello, molto adatto per la poesia". Tornato in Inghilterra nel 1986, divenne consulente al Royal Court e alla Black Theatre Cooperative e fondò la Irish Irregulars Theatre Company, con cui, nel 1987, mise in scena No Blacks, No Irish, "una sorta di natività in poesia ambientata negli anni Cinquanta che aveva come protagonisti una donna irlandese incinta e suo marito, un uomo di colore". Dopo aver organizzato una serie di incontri letterari con personalità come Abdullah Vahari, Mahmood Jamal e altri autori provenienti dal Canada, dai Caraibi, dall'Australia, dall'India e dal mondo arabo, Gbadamosi si recò in Nigeria per studiare le messe in scena del gruppo teatrale yoruba Jomoh Alin. In seguito scrisse l'affascinante e acclamatissimo Shango 's People, ispirato a Soyinka e alla mitologia yoruba, e Abolition, un testo dai toni conradiani e melvilliani incentrato sui tentativi di abolizione della schiavitù nel periodo di William Pitt il giovane. Dopo un ulteriore viaggio in Nigeria, Sierra Leone e Senegal e un soggiorno a Lisbona, dove collaborò con una compagnia costituita da attori provenienti da diverse nazioni europee, Gbadamosi organizzò la messa in scena del suo ultimo testo, Eshu's Faust, nell'antica cappella del Jesus College di Cambridge e ne affidò la rappresentazione ad una compagnia d'eccezione costituita dal celebre ballerino e coreografo Koffi Koko, l'attore, ballerino e coreografo Peter Badejo, i due percussionisti Ayan Afolabi Olaifa e Ola Adenira, il cappellano Robert Evans, gli studenti Stuart Crossman, Poppy Miller, Aimee Shalan, Simon Taylor e Jeremy White, la scenografa e pittrice Gabriele Trinczek e il regista Matthias Gehrt, uno dei più interessanti registi tedeschi della nuova generazione, assistente alla regia di Luc Bondy e Peter Stein alla Schaubi.ihne di Berlino e, attualmente, direttore artistico del Teatro Nazionale di Weimar. Eshu's Faust, che riprende uno dei più popolari classici del teatro inglese, il Dr. Faustus di Marlowe, è un testo profondamente trasgressivo, non solamente nei confronti di determinati modelli di scrittura drammatica tipicamente britannici, ma anche nei confronti dei limiti e delle convenzioni dello stesso genere teatrale. Caratterizzato da una scrittura poetica e metaforica di grande complessità, Eshu's Faust rappresenta una affascinante sintesi culturale sia per quanto riguarda l'aspetto contenutistico, che mette a confronto culture così diverse come quella cristiana e quella yoruba, sia per quanto riguarda l'aspetto stilistico, che sfrutta allo stesso tempo tecniche teatrali occidentali e africane. 34 Il testo ha come protagonista un nuovo Faust, un Faust nigeriano, costretto a scegliere fra Mefistofele, rappresentato come un prete, e di fatto interpretato da un prete, ed Eshu, il potente e spietato dio della mitologia yoruba, colui che "può tirare una pietra oggi e uccidere un uccello ieri", messaggero fra uomini e dei, dio della duplicità, dell'androginia, della magia e del destino, identificato con il demonio dai primi missionari cristiani e interpretato in questo spettacolo da un ballerino vodù. Nel testo Faust, che ha scelto di diventare sacerdote, si ritrova la sera della vigilia della sua ordinazione cristiana a dover compiere un sacrificio ad Eshu. Memore del fatto che gli yoruba adempiono spesso sia agli obblighi della nuova religione cristiana, sia a quelli della vecchia religione pagana, Faust non ritiene inizialmente offensivo praticare entrambi i rituali. Sorpreso però da Mefistofele, che esige categoricamente il rifiuto della sua duplicità e lo accusa di non rispettare la promessa fatta alla chiesa, Faust evoca Eshu, il quale appare improvvisamente dall'altare. La seconda parte dello spettacolo vede Faust e Mefistofele Fotodi RolandFlacher.

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