Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

stica dei fedeli d'amore: poiché il misticismo arabo-islamico medievale (al quale attinge l'autore per la sua quete) concepisce l'uomo e l'universo in una posizione fra due specchi; l'uomo si riflette nell'essere divino, e l'essere divino si riflette nell'uomo. L'essenza divina si autodetermina attraverso la creazione. Il mistico raggiunge così una possibilità bivalente di visto-vedente: "L'affresco si dispiega nella mia memoria. Cammino attraverso la tavolozza dei suoi colori, pigmenti terra rossa, violetti ignesi, carnagioni sfumate, giallo vivo. La mia immaginazione ripara questo affresco e ne restaura Io splendore antico rivenuto dietro all'appannamento dei ritocchi scrostati". E allora "il mio pensiero è una musica cangiante, ora vulcano ora picco di montagna( ...) Tra il silenzio e la pausa, il versetto dice la discontinuità che mi separa dal mondo (...) Organo, violoncello e violini arginano il contralto ermafrodito che canta da solo, o con il bambino, le terzine dello Stabat Mater (...) Tenera e risoluta, soave e compassata, [la partitura] mischia i due registri che si equilibrano, si accavallano, si fondono in un solo metallo( ...) Tra lamentazione e accettazione, la voce bisessuata fa emergere la figura dell'imberbe Giovanni dall'interstizio collocato tra le prefiche espressive e la contenzione degli uomini, attorno al giacente Gesù. Come la voce, l'immagine abita un teatro di dolore dalla scenografia sanguinante. Celebrando il sacrificio di dio nell'uomo, la pittura e la musica d'Europa si rivolgono alla morte". Una tale illustrazione del titolo sembra indicare la molteplicità del messaggio di Fantasia: "È una stele che contiene frammenti, scritti distesi a caso, pensieri che hanno la velocità delle stelle, cieli furtivi illuminati e poi spenti alla vista degli astri Achenar, Algenib, Hamal, Pheceda, suoni caldei e arabi a cui la lingua rende omaggio". La compresenza di almeno tre messaggi (rapporto scrittore-lettore e uomo-natura, potenzialità del viaggio a Occidente) determina all'interno di questo romanzo (come dalla definizione medievale) una ricchezza di ambiguità strutturali e di pluralità semantiche, connotative e metaforiche che possono essere identificate e comprese solo se si ricostruisce il procedere del discorso, che è insieme letterale, metaforico e simbolico. Le prime iscrizioni grafiche del sapere umano riprodotte nel testo sono caldee e arabe, ma ad esse si aggiungono testi geroglifici, fonografemi dei sumeri e degli accadi, ideogrammi cinesi e giapponesi, scritture arcaiche del Nuovo Mondo e citazioni in ebraico. In questo modo, l'autore s'appropria di tutte le lingue del sapere umano, perché "più vasta è la visione, più limitate sono le parole". L'intrusione di frammenti di lingue straniere nella lingua del testo (il francese) - in cui però echeggiano il grido, l'arabo illetterato della madre e quello classico del padre dell'autoreproduce un genere traducibile soltanto in una sintassi del respiro. La panoplia delle lingue convocate nel testo, dall'italiano di Dante al cinese di Confucio, passando dall'una ali' altra 32 CONFRONTI Foto di Giovanni Giovannetti. senza soluzione di continuità, dà origine a una liturgia dell'abbozzo, una sorta di "continuità di cominciamenti", di scontri di un corpo nuovo (la lingua convocata) con uno spazio costituito (il testo). Gli inizi delle frasi paiono sempre rispondere, in virtù della loro accentuazione, a un gesto che è al contempo di estrazione e di proiezione. Anche le parole sembrano scelte in funzione del ritmo che hanno in se stesse, più che per la pertinenza del loro significato o della loro figurabilità. È così che le parole francesi sono selezionate a partire da una esigenza ritmica tipica dell'arabo (arabo tunisino, quindi orale e materno; ma sovente anche arabo classico o coranico, quindi paterno), in vista di una loro declamazione a voce alta. Le frasi, pertanto, si raccolgono in paradigmi prosodici. Quando si allungano, si "disaccentuano" e segnalano un repentino e singolare prolungamento del respiro. Il ritmo, insomma, risente di un'espressività quasi biologica, i cui momenti essenziali sono la "dilatazione" e la "compressione", proprio come avviene nella recita del testo coranico. È forse per questo che Meddeb è più convicino agli scrittori di lingua araba del Masherek (o Oriente arabo), o all'egiziano Khayat, che non ai suoi concittadini maghrebini di lingua francese. "Non desidero scrivere in un arabo" -disse qualche anno fa l'autore in un'intervista - "sotto il quale scorre, come un fiume sotterraneo, la lingua francese. Preferisco invece integrare la traducibilità della mia scrittura con il riferimento arabo assimilato alla lingua francese". Così, effettuando un esame comparativo, si nota che nelle traduzioni in arabo di certi frammenti testuali di Meddeb da parte del grande poeta arabo Adonis, vi è "meno arabo" di quanto abbia il testo francese, poiché confrontando le grammatiche dei due testi risulta che l'arabo di Adonis (cioè della traduzione) presenta regole più "semplici" e una certa omogeneità fonologica contestuale rispetto alla varietà linguistica determinata dal contesto originale e a quella determinata dalla struttura francese. Così la scrittura di Fantasia evoca aforismi a getto continuo, sospendendo la loro autonomia, per meglio sottometterli all' affanno, che è senz'altro indice del soffio respirato rio, ma anche del soffocamento, per annunciare "la presenza della morte in seno alla vita stessa". Così la voce sceglie la propria forma scritturale nelle configurazioni linguistiche della logicaoccidentale contemporanea. Il ritmo della voce si prende la licenza di "annullare il verbo", di "neutralizzarlo nel suo infinito", di "sostantivizzarlo", di omettere l'articolo, ecc. Il ricorso alla paratassi (costruzione del periodo fondata prevalentemente su un criterio di coordinazione) diventa quindi un'esigenza di questo ritmo e non già una forzatura dovuta a qualsivoglia lingua, ad esempio l'arabo, come vorrebbero alcuni critici. L'autore, a proposito di Fantasia, preferisce parlare, più che di intl usso, di accostamento, di coincidenza con "Io stato di una lingua" in una certa epoca. Una tale apertura, che tenta di organizzare il movimento di spossessamento che consiste nell'annullare l'ego nell'incantesimo e nel1' ebbrezza dell'immaginazione per dissociare la riflessione del cogito "immediato e ingannevole", procede per esclusione a vantaggio di un interlocutore doppio dell' lo, distante ma inevitabile, che "viene da un altrove", più precisamente dal ricordo di una scena d'infanzia, e che fa ritorno all'ego, investendolo d'un discorso energetico; ma anche di un Tu che è capace di garantire l'aggancio con un potenziale destinatario, un lettore doppio dell'autore, in grado di assumere i due movimenti dialettici imposti dal testo (soprattutto nei capitoli VII e IX): spossessamento e riappropriazione. È come "essere presente alla propria assenza", partecipando ai "flussi poetici delle immagini e del linguaggio, e riprendendo il senso con l'interpretazione". Non si tratta qui di accedere a un testo plurilingue e pluriculturale in tutta l'ampiezza e in tutta la capacità d'estensione che gli si potrebbe accordare; o di celebrare ad esempio - come fa l'autore a pagina 58 - il faccia a faccia arabo/cinese, attraverso la firma bilingue di una stele di Siao Chang, ma anche - come invita il testo- di apprezzare il peso sui significanti scanditi con lettere romane (italiane, nella traduzione delle Edizioni Lavoro), arabe o dei caratteri cinesi o del loro accostamento comune all'interno del francese (e, nella traduzione, dell'italiano). Sin dal capitolo primo l'autore avverte: "Leggi questo libro a voce alta. Ritrova la genesi orale. Scandiscilo come respiro. Reinventalo nella tua immaginazione. Fallo sostare nelle tappe attraverso cui ti assenti dal mondo. sii' presente alla tua assenza, e vedrai ciò che non hai ancora visto. Leva il velo, scopri l'occhio del tuo spirito. O corpo delle passioni e della solitudine. La visione è una lampada in una camera. Le stelle danno la parola alla notte". Fantasia, nella sua strutturazione (ma anche nella sua destrutturazione), dice il racconto

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