Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

danno culturale è ancora più grave, perché consolida quella mentalità basata sull'assistenzialismo, sulle raccomandazioni, sui favoritismi e sulla furberia, che secondo noi stanno all'origine del bassissimo livello di moralità pubblica e di senso civico, oltre che della cronica inefficienza, che caratterizzano il nostro paese. Quando denunciamo questi abusi ci sentiamo rispondere che la colpa è dei medici compiacenti e di manica larga delle USSL che hanno concesso il certificato di invalidità; oppure, anche con la complicità dei sindacati, che la pensione di invalidità va accettata come una sorta di indennità di disoccupazione. Insomma, si trova sempre una scusa per giustificare quello che in realtà è e resta un comportamento disonesto. Sui falsi invalidi e sulle loro associazioni alcuni personaggi hanno costruito le loro fortune politiche. Ora è giusto che noi denunciamo quei personaggi e quelle associazioni, ma oggi mi interessa soprattutto denunciare chi vota quei personaggi e chi sostiene quelle associazioni. Nessuna rigenerazione morale potrà mai esserci se ci limiteremo a condannare i capi e le istituzioni. Dobbiamo, invece, con coraggio fare un esame di coscienza e riconoscere e denunciare i nostri piccoli abusi, le nostre acquiescenze e le nostre pigrizie mentali. Solo così, a pieno titolo e a testa alta, potremo rivendicare i nostri diritti con la forza e la sicurezza che derivano dall'aver fatto il proprio dovere. Dubbi sulla chiesa Pier Cesare Bori Il comunicato finale del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (cfr. "L'Avvenire" del 30 marzo, p. 16) è un documento notevole non in sé, ma per comprendere le reazioni e le proposte immediate della CEI dinanzi alla "crisi religiosa e culturale" che, come si esprime il documento stesso, stiamo attraversando. Il documento comincia con un atto di solidarietà con il Papa, frainteso recentemente in tema di eutanasia e aborto: "La Chiesa non può tacere". "La questione religiosa è veramente radicale": "quando viene meno la fede nel Dio fatto uomo entra in crisi il più profondo motivo di riconoscimento della dignità originaria di ogni essere umano" (citando un discorso del Papa). Il documento prosegue con espressioni di preoccupazione per il paese, e con un'esortazione al rinnovamento che, se esige il ritiro dai posti di responsabilità di quanti hanno mancato, non può "rinnegare o frammentare il grande patrimonio di storia e di realizzazioni nato dall'originalità dell'ispirazione cristiana". Vengono quindi richiamati i nuovi campi alla missione laicale, nella politica, nell'economia, nella cultura, nella scienza, nelle arti, nell'educazione. Si richiama poi l'attenzione sull'immigrazione e sul fenomeno delle sette. Il documento si conclude con indicazioni a proposito del ministero, del culto eucaristico e dell'attività caritativa. Era naturalmente inutile aspettarsi una riflessione di ampio respiro da un testo del genere: un testo di circostanza. Ma dandosi il caso che le circostanze fossero, come sono, effettivamente drammatiche (Andreotti era stato appena raggiunto dal!' avviso di garanzia) qualcuno si aspettava almeno un inizio di riflessione IL CCNTESTO autocritica su quanto il cattolicesimo italiano abbia contribuito a questa crisi, "anche più pericolosa di quella conosciuta nel periodo immediatamente successivo al secondo conflitto mondiale", per riconoscimento del segretario della CEI, nel momento della presentazione alla stampa del documento. Qualche giornalista, in quella sede, cercava di sollecitare il segretario a rispondere in quella direzione - quale la corresponsabilità del cattolicesimo nel determinare la crisi - ma la risposta non c'è stata. Non poteva venire da quella parte, e a ben pensarci non potrà venire. Proviamo infatti a delineare qualcuno dei punti che una risposta approfondita dovrebbe toccare. Si dovrebbe cominciare dall'appoggio dato dalla chiesa cattolica in Italia al partito democristiano, dal dopoguerra, sino al recente nuovo, vantaggioso concordato. Si dovrebbe però allora pensare anche al ruolo che il Concordato del 1929 ebbe nell'avvalorare il fascismo nelle masse popolari italiane. Di lì si dovrebbe necessariamente retrocedere alla resistenza frapposta dalla chiesa cattolica al processo dell'unificazione italiana. Di lì, più in generale, si dovrebbe pensare all'assenza e ali' opposizione della chiesa cattolica rispetto ai grandi processi rivoluzionari che si aggirarono intorno alla questione dei diritti dell'uomo, formali e sostanziali. Di lì ancora, si dovrebbe retrocedere ricordando l'opposizione alle spinte umanistiche e alla riforma, che ponevano anche la questione della separazione del cristianesimo dalla società con le sue espressioni fondanti, la sessualità e il lavoro: e tutto ciò, si dovrebbe ancora pensare, in forza della scelta di una antropologia pessimistica, una scelta risalente ai primi secoli cristiani, soprattutto ad Agostino, ormai lontano dalle radici ebraiche. Si tratterebbe alla fine di vedere se la "fede nel Dio fatto uomo" non sia davvero distruttiva della dignità dell'uomo, se non si accompagna alla simultanea, altrettanto potente affermazione che c'è una luce che illumina ogni uomo (come la fede nell'ispirazione Scritture è distruttiva, se non si accompagna all'affermazione che lo stesso Spirito delle Scritture è anche in chi le legge). Evidentemente non ci si può attendere che l'istituzione ecclesiastica italiana possa minimamente accedere a questo modo di guardare le cose. Capisco anzi come questo approccio possa spaventare chiunque, perché richiede molto respiro, mentre siamo tutti senza fiato dinanzi a quanto ci accade intorno. E poi ciascuno in qualche modo è legato da affetti e riconoscenze a questo mondo cattolico, così grande, potente, stabile, ricco di autentiche manifestazioni benefiche. Possiamo anche decidere di fare a meno di inoltrarci nella riflessione, e scegliere il realismo tatticista, come ha sempre fatto la sinistra in Italia (soprattutto dopo l'oblio che ha coperto le lucide posizioni mazziniane). Ma, a questo punto, è vero realismo, è veramente "economico" evadere questioni cruciali come queste? È giusto affidare un processo di ricostruzione etica a chi ha una responsabilità storica secolare nella demoralizzazione (in tutti i sensi) di questo paese? Tacere scoraggiati ancora su questo punto, non è forse soggiacere ancora una volta a questa secolare demoralizzazione, soffocando ogni moto di pietà per questo nostro disgraziato paese? Nonostante la complessità dei problemi anche teorici, l'aprire un dibattito storico o teologico non rientra minimamente nelle aspirazioni di chi scrive. La cosa veramente importante sarebbe invece che chi, in coscienza, ritiene che la "questione religiosa sia veramente radicale" e condivide un giudizio critico sul ruolo della Chiesa cattolica in Italia, non consideri solo l'anticlericalismo come via d'uscita (la classica reazione italiana che esiste in funzione della posizione antagonista clericale), ma provi a porsi una domanda nuova, completamente nuova, sul cristianesimo ancora possibile. 21

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