Linea d'ombra - anno XI - n. 82 - maggio 1993

Germanio 1989, foto di Gerhord Weber (do Demontogebuch, Gustov KiepenheuerVerlog leipzig und Weimar). delle interpretazioni di Bonhoeffer da parte della DDR, l'opinione che a mio avviso si è maggiormente attestata considera Bonhoeffer un uomo tutt'altro che "dogmatico". Per questo motivo il Comitato Bonhoeffer non voleva per esempio avere nulla a che fare con K. Barth. Rispetto a quest'ultimo, Bonhoeffer si sarebbe invece contraddistinto per la sua "esperienza del reale", per il suo pensiero dialogico, relazionale, comunicativo e così via. In quella sede si riscontrava infatti anche la tendenza a crederlo un personaggio carismatico, con una vita che incute rispetto e con un passato contraddistinto da grandi risultati, capace di ogni bene, cioè di tutto quanto nella propria esperienza del reale si considera un bene. Questo modo di relazionarsi a Bonhoeffer ha comunque sortito l'effetto di far comprendere la situazione effettivamente vissuta come una situazione di responsabilità teologica e come una situazione su cui intervenire. Non era risultato da poco, se si considerano la rassegnazione assai diffusa circa il misero stato in cui versavano le comunità di fedeli, l'impotenza di fronte alla mole dell'arbitrio statale e la disillusione succeèluta al crollo delle illusioni. Ritengo di non andare errato nel supporre che, sotto quest'aspetto, Bonhoeffer non fosse affatto interpretato come legittimazione dei potenti della DDR, bensì soprattutto come incoraggiamento dei senza potere e dei rassegnati, quale teologo per una minoranza sociale che poteva nondimeno osare avere una grande prospetti va. Non fu quindi neppure un caso se, alla luce di Bonhoeffer, tanto i gruppi politici d'opposizione quanto i circoli che si svilupparono sotto l'egida della Chiesa, o che in essa conversero, poterono rendersi conto relativamente senza grandi difficoltà di IL CONTESTO quale fosse la questione fondamentale della Chiesa. Bonhoeffer in quanto uomo della Resistenza, in quanto individuo aperto nei confronti degli atei, in quanto sostenitore di un mondo divenuto adulto era una realtà che era possibile recepire. In tali gruppi mi è capitato più di una volta di cercare di spiegare alcuni aspetti della sua teologia e di illustrare l'essenza della sua Resistenza quale uomo di Chiesa. In tali frangenti, tuttavia, risultava evidente anche il fatto che Bonhoeffer stesso, in realtà, non permetteva di risolvere esattamente a favore della DDR le questioni strettamente politiche sollevate al loro interno. In un simile dilemma si dibattevano del resto anche l' interpretazione ufficiale di Stato come pure quella della Chiesa. Bonhoeffer veniva rivendicato da parte politica ed ecclesiastica nonostante che le sue personali opzioni politiche non collimassero affatto con esse. Tipicamente, i marxisti hanno persino rigettato .come reazionarie le opinioni di Bonhoeffer a proposito dello Stato. Una "corretta interpretazione della divinizzazione del!' autorità" non poteva certo essere di loro gradimento. Quegli aspetti di Resistenza e resa che - come ho mostrato - erano chiamati in causa a sostegno dell'idea squisitamente politica della "Chiesa nel socialismo", nelle intenzioni di Bonhoeffer non rivestivano invece alcun valore politico. Sarebbe quindi stato opportuno estrapolare gli elementi politici del termine "socialismo" al fine di esaminarne la validità. Penso a elementi come l'ideologia, la società e lo Stato. "Nell"'ideologia era difficile poter vivere, mentre "nella" società e "nello" Stato sarebbe stato possibile unicamente qualora fosse riconosciuto legittimo il particolare nesso di quest'ultimo con la società. A quanto mi è dato di vedere, nell'intera gamma di rimandi a Bonhoeffer non è mai stata sollevata la questione circa la configurazione che, a partire da Bonhoeffer, tutto ciò dovesse in fondo assumere. Sarebbe per esempio sussistita pur sempre la possibilità di sottolineare, sulla scorta della cosiddetta "tesi dei mandati" di Bonhoeffer, i limiti dello Stato all'interno della società. Nelle reciproche limitazioni imposte da mandati quali matrimonio, autorità, lavoro e Chiesa Bonhoeffer scorgeva infatti la decisiva demarcazione rispetto allo stato autoritario. Ma anche in questo caso un simile collegamento del concetto di "socialismo" con la concezione statuale propria di Bonhoeffer dev'essere venuto a mancare per l'impossibilità di conciliare quel che per Bonhoeffer era il fondamento "autoritario", "dal!' alto", dello Stato, con l'ideologia del socialismo secondo cui quest'ultimo stabiliva il dominio delle grandi masse popolari rappresentate dal partito. Di fatto, però, la DDR era uno Stato autoritario, il cui riconoscimento comportava la rinuncia alla necessità tanto del controllo del governo quanto del terzo potere. Da parte di Bonhoeffer non è in ogni caso scaturita mai nessuna duratura forma di opposizione. La cosiddetta "rivendicazione di ruolo d'avanguardia" del partito della classa operaia, che in senso umanistico come sociale era animato dalle migliori dichiarazioni d'intenti, poteva quindi essere approvata come mezzo legittimo di realizzazione dei disegni divini. Ne conseguiva tuttavia che non ci si poteva mai appellare in modo definitivo e vincolante a un diritto cui lo Stato era a sua volta subordinato. Nelle questioni cruciali occorreva rimettersi alle buone intenzioni e ai nobili obiettivi dei rappresentanti dell'autorità, ai colloqui e alle intese con cui ci si accordava con il potere. Nei rapporti fra Stato e Chiesa si è così venuta a configurare quella zona d'ombra che al giorno d'oggi risulta tanto arduo far comprendere ali' opinione pubblica, soprattutto quando, in alcuni casi, essa si estende fin nei più oscuri meandri del raggio d'in15

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