Linea d'ombra - anno XI - n. 80 - marzo 1993

di "razza padrona" per Craxi e i suoi e non per sé e i suoi - i suoi soci e coloro per cui lavora, quelli che stanno al disopra. No, il sistema non cambierà davvero, quella degli anni Ottanta è stata una spartizione di poteri reali nella quale l'aggressività craxiana ha finito per dar fastidio ad altre correnti dello stesso sistema di potere, e se la crisi della gestione politica del decennio ha messo in luce gli effetti nefasti del sistema partitico italiano, non ha ancora messo abbastanza in luce le sue complicità con molte altre componenti del potere. Ma non è questo l'argomento del mio intervento "estremistico". (Lo dico subito, anch'io ho visto il mio reddito salire negli anni Ottanta rispetto al passato e non importa l'uso che di esso ho fatto; anch'io ho fatto parte dell'area vastissima del privilegio: e credo anzi che tutti gli italiani, in quanto membri di uno dei paesi più ricchi del mondo, ne facciano parte nonostante tutto e seguitino a nasconderselo, a cominciare dagli italiani di sinistra.) Oggi dunque si assiste a un gioco di imbiancamento dei sepolcri che fa pensare a quello del '45. Tutti hanno "resistito". Tutti accampano già diritti verso il nuovo regime nascente~che probabilmeote, legge maggioritaria aiutante e nuove regole del gioco, nel finanziamento dei partiti, finirà per consegnarci ancora di più nelle mani dei poteri più forti tra i forti, quelli soliti dell'economia e della finanza. Tutti fanno la predica. Tutti hanno "resistito". Come negarlo? Non era davvero difficile, suvvia, nei bei salotti e nelle belle case di campagna, nelle ricche redazioni e nei ristoranti di lusso che avete così assiduamente frequentato, per esempio, voi "compagni" intellettuali e artisti che così strenuamente oggi vi rifondate per di qui e per di là, attentissimi a chi scende e a chi sale, ai nuovi equilibri e alle nuove alleanze. Il "particulare" e il corporativo hanno in realtà dominato le nostre coscienze e le nostre pratiche se non le nostre parole. Parlare, in regime democratico, non è costato molta fatica a nessuno e sparlare ha anzi accelerato carriere in Tv e sui giornali. Il trasformismo è probabilmente la malattia mentale (moralmente) e vitale (politicamente, economicamente) del nostro amato popolo. Come la storia dimostra. Oggi si assiste a una sua ennesima dimostrazione di massa, guidata e teleguidata dai soliti maestri dell'opinione sempre all'avanguardia e sempre così puliti. E si ha la sensazione che ne facciano perfin parte molti di coloro che vi stanno costruendo studi e convegni. Non vedo un vero ricambio di facce nella politica. E nella decomposizione di alcuni gruppi e partiti tanti non avranno, non hanno già che da voltar gabbana. Ma i più l'hanno già fatto, per non apparire come gli ultimi, e per poter accampare per primi dei diritti sul nuovo ordine. Ah, le facce nuove, che facce che hanno! Dei Mascalzani continueranno a reggere le redini del potere e della finanza, anche se con nuova tessera, una volta seppelliti, sacrificati, i più svergognati dei loro compari. E gli Imbecilli, nel senso bonhoefferiano del termine (gli ignavi e i complici di massa, opportunamente prodotti, assistiti, manipolati dai media) continueranno a sostenerli per loro comodo e interesse, accodandosi e lasciando ai margini i settori da sacrificare, per esempio molti operai, molti giovani, che peraltro non è che negli anni scorsi abbiano sempre dimostrato di essere moralmente migliori di coloro che restano a galla. Si tratterà allora per noi ancora una volta di rivendicare discorsi di minoranza; stavolta, si spera, più diffidenti, più agguerriti moralmente nei confronti dei mascalzoni e degli imbecilli. E di far parte delle minoranze che non si faranno e non si fanno già manipolare dai nuovi emergenti dei nuovi assetti del potere politico (per esempio dentro il mondo cattolico e nel "rivendicazionismo di sinistra"). IL CONTESTO Salvare gli individui. Da Marco Lombardo Radice al 11 Grande cocomero" Marino Sinibaldi Capita che nelle ore più buie della repubblica, sull'orlo della sua catastrofe politica ed etica, un film racconti una storia, un apologo morale; e ricordi, a chi l'ha incontrata, una vicenda individuale tra le meno ordinarie di questi anni. È difficile, per chi ha conosciuto Marco Lombardo Radice, separare il volto suo e dei suoi collaboratori dai personaggi del film Il grande cocomero - benché ovviamente Francesca Archibugi abbia narrato una sua storia e non la vita di Marco e il suo lavoro di neuropsichiatra infantile. Ma ancora più difficile è rispettare la distanza tra quelle immagini, la storia e le scelte che raccontano, e i giorni che viviamo. Il medico che dà fiducia ai bambini "perché sembra un idraulico", che viola tutti i regolamenti per tenere un cane nella corsia della clinica, che rinuncia a orari personali, futilità sociali, gratificazioni pubbliche, il medico che accetta di misurarsi con "i casi impossibili", non è solo il simbolo di una scelta estrema, di una dedizione agli altri illimitata e probabilmente disperata. Con lo sguardo di questo inverno 1993 in quella scelta, in quella pratica concreta non si può non leggere altro: il frammento se non di un modello, almeno di un modo possibile di coniugare integrità personale e trasformazione reale, nel rapporto con gli altri e con la società, a partire dai più piccoli, deboli, "malati". Né si può travisare la ricaduta anche politica che quella vicenda indica. In questi mesi è diventato chiaro in modo quasi insopportabile quello che a tanti apparve come una atroce rivelazione quando la morte di Marco ci costrinse a riflettere sulla sua vita e le sue scelte, così diverse da quelle canoniche di una generazione che quasi compatta ha in questi anni invaso il centro e la periferia della politica e del lavoro intellettuale. La degradazione progressiva, inarrestabile, definitiva di questi luoghi della vita pubblica ha reso lampanti anche le responsabilità di quella generazione, equamente divisa tra pratica della viltà e assuefazione all'impotenza. Ma in qualche modo quella storia è arrivata al fondo. Quando tutto si perverte e persino la ricchezza - quella ricchezza diseguale e per lo più insensata che in questi anni abbiamo tutti contribuito a Una scena di // grande cocomero di Francesca Archibugi. 5

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