STORIE/ JOHNSON riusciva a montare le cagne; allora impazziva e si metteva ad assalire le galline. E poi c'era la stufa di Harriet, a tre fuochi, con la cappa in lamiera e lo svincolo a gomito; e la sua grande credenza di legno ... Mettete tutto ciò a confronto con la rozza baracca mal imbiancata del vecchio ed aggiungeteci l'ininterrotto chiacchiericcio di Harriet ora che le era morto il marito Henry (mangiando un pesce aveva inspirato quando sarebbe stato il momento di inghiottire e poi inghiottito quando avrebbe dovuto espirare): Moses se ne stava lì, sprofondato in poltrona col suo vestito migliore; sbocconcellava la crostata con la mano a conca sotto il mento per raccogliere le briciole e si lasciava andare ad una pigra sensazione di calore, benessere e stupore. Bastava questo per potersi dire innamorato di Harriet Bridgewater? A pensarci la sua mente oscillava come una banderuola tra il sì ed il no; sì, no. Moses la ammirava. Ma non riusci va a farsi piacere le sue opinioni sull'educazione del giovane Mingo. Esempio: "Non riuscirà mai ad apprendere più di tanto: dopotutto non è altro che un indigeno dell'Africa Nera, con tutto quel che ciò comporta, lo sai." "E allora?" "Non si adatterà mai completamente, lo sai." "E allora?" disse lui. "Qui tutto gli è così estraneo, lo sai." "E allora?" disse ancora lui. "Tutto gli sarà sempre un po' estraneo, come se vedesse il mondo attraverso lo specchio deformante di una fiera." Moses prese a scuotere la cenere dalla sua pipa di terracotta battendone il fornello sul bracciolo di legno massiccio della sua sedia finché Harriet, seccata, gli lanciò un'occhiataccia. "Ci avresti solo da vedertelo, dico davvero. Voglio dire, è proprio sveglio, proprio. È un po' come se mi era venuto fuori un altro braccio e quello era proprio Mingo. Riesce a fare tutto quello che faccio io; come anche oggi: è andato giù a dare una mano a Isaiah Jenson a tirar su una qualche finestra e quella roba lì .... come diavolo si chiama? - si grattò la testa-, ... la staccionata! Lassù da lui." Ridacchiando, Moses strofinò un fiammifero sul tacco dello stivale. "La sola roba che Mingo non si mette lì a fare è di far fuori i falchi predatori; ci dà da mangiare come ai suoi migliori amici e li chiama anche Signori! - il vecchio sghignazzò ancora, accavallò la caviglia sinistra sul ginocchio destro e la lasciò dondolare, -Ma per il resto Mingo la dice proprio come la dico io, sente quello che sento io." "Insomma!" sbottò Harriet. Arricciò il naso - non aveva mai potuto sopportare quel mefitico tabacco da pipa ed enunciò stizzosamente una norma generale di vita: "Gli schiavi sono semplicemente attrezzi dotati di vita, Moses, e gli attrezzi sono schiavi privi di vita." Il vecchio chiese: "E chi lo dice?" "Lo disse Aristotele" rispose lei con sufficienza, con il tono di chi cita le Scritture. "Egli possedeva tredici schiavi (che all'epoca erano chiamati banausos), il saggio Platone ben quindici, ed a nessuno dei due passò mai per il capo l'uzzolo di innalzare i propri servi. Si tratta di un'istituzione antica, Moses, antichissima. E tu precipiterai in un abisso di guai se ti ostinerai ad attribuirti il ruolo di Dio ed a stare troppo dappresso a quel selvaggio africano. Se ti si rivolterà contro, che farai?" Seguirono svariate citazioni di David Hume il quale, secondo Harriet, una volta avrebbe dato del 60 mentitore sovversivo ad un suo conoscente del Nuovo Mondo che gli aveva raccontato di uno schiavo in grado di suonare al pianoforte qualunque brano avesse ascoltato anche una sola volta. "Può darsi, - farfugliò Moses scuotendo la testa-, mi sa che ci hai ragione." "So perfettamente di aver ragione, Moses Green" sorrise lei. "Harriet..." "Sì?" rispose la vecchia. "Te alle volte mi confondi su quello che sento. Metà del tempo circa non sto a sentire le robe che mi dici perché sono tutto preso per come le dici." Si stava agitando per scrollare le tracce di saliva dal cannello della pipa. "Harriet, ti manca proprio tanto il tuo Henry? Voglio dire, non è arrivato un po' il momento che ti sposi ancora, che ne dici? Oh, tutta sola tiri avanti benone ma io pensavo che io... c'è delle volte che mi fai sentire ..." "Si? - lei era raggiante - Spiegati meglio" Ma Moses non spiegò come lei lo facesse sentire. Più tardi, sulla stretta stradicciola coperta di radici che portava alla baracca di lsaiah Jenson, Moses pensò che HarrietBridgewater si sbagliava sul conto di Mingo e, strano a dirsi, si sentì più vicino al negro africano che a lei. Così vicino in effetti che, guidando il calesse verso la casa di lsaiah, cominciò a prendere in considerazione l'idea che al momento della sua morte, Dio volendo, avrebbe potuto lasciare in eredità aMingo anche la sua fattoria, oltre alle sue conoscenze, alle sue convinzioni ed ai suoi pregiudizi. Poi ci ripensò: forse stava esagerando. Quel ragazzo era sì tutto ciò che Moses voleva che lui fosse, una sorta di sua emanazione; tuttavia, pensò, era pur sempre se stesso, diverso da Moses quel tanto da poter fare un passo indietro per rimirarselo. Calando i piedi giù dal calesse chiamò "lsaiah!" ma non ricevette risposta; zoppicò allora a schiena curva fino alla porta anteriore, - Ehilà! -, che era socchiusa. Perché non si vedeva nessuno? "Per Giosafat!" sbottò Moses. Dal fondo dello stomaco una sensazione nauseabonda gli stava risalendo la gola. "Ci siete? Ehi?" Appena sfiorata, la porta si spalancò. Moses si cavò il cappello, scrollò la testa ed entrò: là dentro era più buio delle tasche di un accattone povero e l'aria sapeva di patate bollite e focaccia di granturco. Vide il ragazzo, grande e grosso com'era, seduto al tavolo di lsaiah, alle prese con un gran cucchiaio di piombo ed una scodella di polenta. "Già finito, eh, voi due?" Moses rise sporgendo la mascella pieno d'orgoglio, mentre Mingo lottava strenuamente con la testa protesa sulla scodella per portarsi il cibo alla bocca. "Dov'è quel buffone di Isaiah?" L'africano indicò un punto dietro le sue spalle e Moses aguzzò lo sguardo nella semioscurità lungo la direzione del dito fino ad un rivolo di liquido nerastro e denso che, come la traccia bavosa di una lumaca, fluiva da dove lsaiah Jenson, freddo come il marmo, giaceva riverso accanto alla stufa. L'immagine di Mingo permaneva ancora impressa sulla retina degli occhi di Moses. Solo un flebile chiarore lunare filtrava di tra le crepe del tetto. Tutta la baracca sembrava irreale. Semplicemente irreale. Le ginocchia del vecchio si rinserrarono. Lo stomaco gli si rivoltò. Profondamente infissa nella fronte di Isaiah, una mannaia da macellaio gli divideva esattamente a mezzo la faccia e ne sconnetteva i lineamenti. "Oh, mio Dio!" gracchiò Moses; fece una specie di danzetta sulla gamba buona in direzione di Isaiah, una via di mezzo tra una
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