risata sembrò un latrato che fece sussultare Moses di spavento. Il vecchio scosse la testa e lo squadrò di sbieco. "Mi sa tanto che ti devo insegnare anche a ridere. Quella roba tipo grugnito che hai tirato fuori ora può anche far secco qualcuno, figliolo." Fece una smorfia. "Hai proprio un mucchio da imparare." Moses non era certo uomo da far le cose a mezzo. L' educazione, per quel che poteva capirne, doveva essere un affare serio come un infarto. Per riuscire a sbiancare un negro nel giro di una sola generazione occorreva avere come modello un bravo cristiano galantuomo come Moses. Mentre insegnava a Mingo a coltivare i campi ed a servire in tavola, a far di conto con la cordicella annodata ed a cucinare i suoi dolcetti preferiti, Moses riesaminava continuamente anche se stesso. Si sforzava di non bestemmiare, per quanto anche solo un accenno a Martin Van Buren o ad altri antischiavisti gli facesse ribollire il sangue-, di non inzuppare la focaccia nel caffè e di non mettersi le dita nel naso almeno al mercato. Nel tentativo di ingentilire le proprie abitudini davanti al ragazzo, Moses prese addirittura a nascondere la bottiglia del gin in un sacchetto, perché Mingo non lo vedesse bere. A notte fonda lo contemplava russare rumorosamente sul suo pagliericcio e si sentiva un po' un padre, un po' un artista intento a modellare una cosa bella e nobile da un blocco di argilla grezza venuto da lontano. Era un po' come se, attraverso quell'africano, stesse puntando un fucile contro il mondo intero per eliminarne tutto quello che, a suo vedere, era male e coltivarne viceversa il bene; o come risvegliarsi il sesto giorno, raccogliere le forze, rimboccarsi le maniche e ricominciare la Creazione da capo, ma più alla buona. Talvolta tutto ciò lo spaventava: per il bene di Mingo gli toccava dare un senso ad ogni cosa. Poniamo che lassù in cielo, tra nuvole oscure, incominciasse a fulminare. Significava che avrebbe piovuto? O era il diavolo che stava pestando la moglie? O... Non si può certo cincischiare su una cosa così: "Pioggia! - diceva solennemente Moses grattandosi la nuca, -di certo vien giù un'ira di Dio: quella è Elettri-città, Mingo." Si pose l'obiettivo di discettare con cura ogni possibile significato per scegliere quelli di maggior buon senso. Lentamente Mingo s'impratichì della vita dei campi, così come la concepiva Moses: pazienza, tenacia, fatica e preghiera silenziosa. Non era cosa facile e Moses lo capiva: ai suoi occhi ogni cosa risultava diversa che a quelli dell'africano, come la notte dal giorno; persino quel che i filosofi idealisti del tempo chiamavano "strutture della coscienza intenzionale" (non che Moses Green si esprimesse in questi termini: era un uomo per il quale nulla era più assoIuto di un manico d'accetta o del peso dell'aratro che teneva in mano; tuttavia era piuttosto sicuro che loro due non vedevano le cose nello stesso modo). Per farla breve, l'educazione di Mingo comportò la cancellazione di un universo completo, coerente, consistente, a favore dell'adozione di un altro, alieno, contraddittorio, estraneo. Lentamente Mingo conquistò l'uso di coltello e forchetta, poi della lingua. Prese il cognome del vecchio. Imparò man mano le movenze di Moses e la sua gestualità piena di idiosincrasie, assorbendole come una spugna (forse sin troppo bene: Moses Green aveva una flebite da operare e zoppicava sul ginocchio destro, altrettanto fece Mingo benché fosse forte come un toro; Moses pronunciava la "t" con un'acuta risonanza nasale simile al STORIE/ JOHNSON vibrato di un ukulele, Mingo fece altrettanto). Nel giro di un anno Moses vide l'africano diventare l'esatto prodotto del suo modo di pensare, un frutto delle sue scelte tanto quanto poteva esserlo il suo tabacco preferito. Per il vecchio era diventato un altro se stesso, in un modo tale che lo gratificava ed al tempo stesso lo metteva in caricatura: era un homunculus, un'ombra distorta o, come diceva Moses alla sua cara amica Harriet Bridgewater, la sua immagine sputata. "Che cosa dici mai, Moses Green!" Harriet stava sprofondata nella sua sedia a dondolo la domenica pomeriggio quando Moses passava a trovarla dopo la messa, nel suo giaccone sformato con un solo bottone ed il cappello di lana a scacchi in testa. La donna aveva il doppio mento, portava un vestito blu con il falpalà di velo ed un grembiulino di pelle scamosciata sottile come seta su cui il suo seno sobbalzava pesantemente avanti ed indietro mentre chiacchierava o lavorava a maglia. C'erano delle lacune nella mente un tempo efficientissima di Harriet Bridgewater (era stata insegnante, aveva viaggiato e visto posti che Moses non avrebbe sicuramente mai visto), lacune dentro cui precipitava nel bel mezzo della conversazione e da cui si tirava fuori con ricordi e storie che Moses sospettava imbastite lì per lì. Era quel tipo di donna che, a raccontarle del meraviglioso tramonto che avevi appena visto, sarebbe stata capacissima di farti una risatina mal repressa in faccia e dirti: "Ma via, Moses, non era affatto meraviglioso!" per poi mettersi a decantarti - quel tramonto, quello sì veramente meraviglioso - una specie di buon Dio in persona circonfuso di nuvole -, da lei visto in qualche remota contrada del mondo, forse Creta 9d il Brasile, e che tu non vedrai mai. Una donna così: altezzosa, logorroica, tanto intelligente a volte da risultare insopportabile. Perché poi Moses la frequentasse ... Neanche lui lo sapeva esattamente. Non che fosse propriamente carina, con quel nasone adunco da uccellaccio e la gran massa di capelli biondastri che le ricadeva scompostamente sulle spalle; ma aveva una sorta di bellezza lunare, intangibile, elusiva, interiore. Dopo i sermoni circonvoluti del reverendo Raleigh Liverspoon era rassicurante starsene un po' lì, seduti con Harriet nel religioso silenzio del suo salotto con le travi di legno a vista. Lui si metteva le mani in tasca e si grattava. Capiva proprio tutto, la perspicace Harriet Bridgewater! Perfino il significato di quel sentenzioso sermone di Liverspoon sulla proprietà, che Moses non sarebbe riuscito a districare neanche dannandosi l'anima se Harriet non gli avesse compitato per filo e per segno come essere ed avere siano solo apparenze diverse di una stessa sostanza: "Poniamo ad esempio che tu prenda a calci il mulo di un qualche povero cristiano. Non vale forse questo esattamente come se tu gli avessi stampato l'impronta dei tuoi stivalacci in qualche parte del suo basso ventre? O poniamo che tu - e lo puntava con il ferro da calza - non sistemi subito quegli scalini pericolanti di casa tua e qualcuno ci si rompa l'osso del collo: ,i suoi parenti avrebbero tutti i diritti di citarti per danni e di ridurti sul lastrico, mio caro Moses Green." Si era espressa così perché lui la capisse, ma solitamente parlava con molta eleganza e proprietà e con voce così leggera e musicale che i suoi discorsi parevano un canto alle orecchie di Moses. Ruben, il cagnetto di Harriet, correva intorno alla sua sedia in un alone luminoso: era così piccolo che alla stagione dei calori non 59
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