INCONTRI/ .IOHNSON considerarsi un portavoce del suo popolo; e quanto al successo ... Il successo dello scrittore risiede nella sua capacità di scrivere tutti i giorni, non importa se venti pagine o un solo paragrafo. Il successo dello scrittore consiste solo nel sapere e poter scrivere ogni giorno. Nell'attesa di diventare una delle capitali americane della civiltà del Pacifico, Seattle si dibatte tra i mille problemi che angosciano, da un oceano all'altro, le grandi città americane. Anche qui, il razzismo è uno dei problemi principali? Quale marxista, credo tuttora che le condizioni economiche oggettive influenzino molto il razzismo; quando il lavoro scarseggia, quando i neri competono per i posti di lavoro con i bianchi, i bianchi si innervosiscono; cioè, nei periodi di competizione economica il razzismo si acuisce. È quanto succede attualmente in America, e forse quello che capita un po' anche in Svizzera. Sono cose inevitabili, quando gli "stranieri" competono a casa tua per condizioni e situazioni di vita che pensavi avresti sempre avuto in abbondanza, e prioritariamente. Mi sembra che il razzismo sia un riflesso di questa paura economica. Lei è all'Università di Washington dal '76, ha insegnato "creative writing ", ha avvicinato centinaia di giovani alla scrittura, perlomeno ci ha provato. Ora però lei è passato a insegnare letteratura, quella vera, quella già scritta ... Come introduce il suo corso, quali sono le prime cose che tiene a dire ai suoi studenti? Sono, per esempio, che una delle grandi virtù della letteratura, ora e in passato, risiede nel fatto che essa sa attraversare e mescolare "generi" diversi. Middle Passage, per esempio, comincia come un racconto picaresco, diventa epico e poi si trasforma in romanzo. Qualcuno ha osservato che è una fusione tra la narrativa degli schiavi e un racconto del mare. Queste categorie letterarie estetiche esistono solo per convenienza, per dividere le cose in modo razionale. Ma esse non contengono tutta la ricchezza e la complessità della vita. Così io ho spesso la tentazione di mescolarle e amalgamarle, per vedere se riesco a ritrarre l'ambiguità delle nostre vite; o per cercare di cancellare i confini che esistono tra la narrativa degli schiavi e il romanzo d'avventura e il romanzo filosofico. Un racconto può essere tutto ciò simultaneamente; questa è la vera sfida. Pensare la letteratura in modo "globale", per farne un tutt'uno con la vita. A me sembra che la letteratura fallisca quando lo scrittore non l'ama a sufficienza, e non lavora abbastanza per farla trionfare. La letteratura è un atto d'amore, che diventa un dono dello scrittore al lettore; per il lettore giusto, la letteratura è davvero un dono di grande valore. James Baldwin ha scritto che "lo scrittore bianco crede ancora di avere qualcosa da salvare, mentre lo scrittore nero non ha mai avuto nulla da perdere". Cosa ne pensa? È un problema di sangue? O un problema di blues? Il mio problema è che amo molto la vita; la vita è straordinariamente interessante, e tutte le cose che gli esseri umani possono fare sono affascinanti. Io ho sempre cercato di sviluppare e vivere tutto quello che mi ha incuriosito e attratto; anche cose apparentemente contradditorie. Mi è costato tempo e fatica far coesistere le arti marziali con l'insegnamento, la scrittura, la famiglia, e così via; ma 58 dopo un po' ci si rende conto che le barriere e i limiti che caratterizzano le nostre vite in realtà siamo noi stessi a imporceli. La vita è un'esperienza ricca ed emozionante; è forse un po' troppo breve, viviamo solo 80 o 90 anni: 100, se siamo proprio fortunati. Io non voglio sciupare neppure un attimo del tempo che mi rimane da vivere. Ogni momento è prezioso; e, se possibile, dovrebbe essere consacrato a una qualsiasi forma di lavoro che sia al servizio degli altri esseri umani. L'EDUCAZIONE DI MINGO Charles Johnson traduzione di Paola Della Valle e Paolo Ricagno Una volta Moses Green prese il calesse per andare in città nel giorno di mercato; quando tornò al suo podere aveva con sé uno schiavo di nome Mingo. Era arrivato presto, vestito alla buona; aveva desistito da rilanci per una quindicina di altri schiavi e pagato Mingo in moneta messicana. Moses era un vecchio dal- !' aspetto un po' scimmiesco, mai stato sposato; capelli arruffati e baffi rossicci ispidi come saggina, la faccia grinzosa; senza figli né parenti, si lavava di rado, essendo sempre vissuto da solo su un.a sessantina di acri nel sud dell'Illinois. Ma ora iniziava a sentire bisogno di una mano nei campi: gli ci voleva un aiutante e, per dirla proprio tutta, un amico. Tornando a casa tra pozzanghere e pantani con la prospettiva vaga, ma perfettamente vivida nei dettagli, di buttarsi a capofitto in un'edificante parabola evangelica, Moses masticava tabacco dal lato della bocca dove ancora conservava qualche dente buono e, con lo sguardo fisso sulla strada tra le orecchie dell' Appaloosa davanti alle redini, bofonchiava macchinalmente, rivolto al ragazzo che portava pantaloni di fustagno di taglia troppo stretta, cappellaccio di paglia, niente camicia e scarpe rattoppate con il fil di ferro. Moses gli avrebbe dato una ventina d'anni: era il figlio minore del capo-tribù degli stregoni Allmuseri, a detta del banditore; ma quelli erano tutti dei gran contaballe, così almeno la pensavaMoses, come tutti gli Abolizionisti o gli Indiani Pellirossa. In effetti pressoché chiunque nel Nuovo Mondo, dagli Anabattisti ai Liberali, si dava un gran daffare per fregare i soldi di Moses Green rivoltandogli la verità sotto il naso come una frittata finché non se ne capiva più nulla. Mingo era scuro di pelle: un selvaggio color del fango. Aveva un torace tarchiato come un barile, mani tozze che gli penzolavano dai polsi come zavorre ed uno sfregio a mezzaluna sotto gli zigomi. "Mingo, - disse Moses con una voce da scricchiolìo di ghiaia sotto le scarpe, - ti va il coniglio? È quel che c'è a cena: coniglio buono, patate dolci e focaccia di granturco. Ho anche la polenta già sul fuoco. Mica male, no?" Si ricordò che Mingo non parlava inglese e gli diede una pacca amichevole sulle cosce. "Benone, qui va a finire che ti faccio scuola da me. Ti insegno tutto quello che so, figliolo; non è poi una gran roba: solo un po' di sale in zucca. Ma è sempre meglio che niente, no?" Moses rise fragorosamente: gli piaceva ridere forte da scompigliarsi i capelli ogni volta che gliene capitava l'occasione. Alla vista di quei denti buffamente sgangherati anche Mingo scoppiò a ridere, ma la sua
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