Linea d'ombra - anno XI - n. 80 - marzo 1993

INCONTRI/ JOHNSON Il mio problema è che amo molto la vita. Mi è costato tempo efatica far coesistere le arti marziali con l'insegnamento, la scrittura, lafamiglia ... professore migliore, uno scrittore migliore, u.nvicino migliore, un artista migliore ... Qualcuno dovrà aiutarmi a rispondere a queste domande; poi sarò contento. Ma se le risposte non saranno totalmente soddisfacenti, esse non .mi aiuteranno a svolgere fino in fondo i miei doveri: non mi saranno di aiuto né eticamente, né moralmente, né filosoficamente. Lei usa spesso una curiosa metafora per parlare del proprio lavoro: uno scrittore, dice, è solo una levatrice ... L'arte per me non è una professione; è una passione. Quando scrivo un libro, cerco di pormi in uno stato mentale di totale adesione alle mie pagine. Una volta scritta l'ultima sillaba dell'ultima frase, qualcuno potrebbe appoggiare una pistola alla mia tempia, e: bang! Potrei morire dopo quell'ultima frase; è il mio testamento. Non si sa·mai: si può finire di scrivere un libro, uscire di casa e essere travolti da un camion ... Così il mio atteggiamento è sempre: questa è la mia ultima, vera occasione per cercare di riassumere tutto quello che ho capito, imparato e provato, per riunire il mio cuore e la mia mente in un unico luogo, un unico testo. Solo se si è in grado di fare questo - nonostante sia difficile ricominciare, libro dopo libro -, solo così si può sperare che quanto si scrive sia un'esperienza totale. Non conosco nessun altro modo per riportare alla superficie tutto quello che si è e che si sa, e... "metterlo al mondo". Nel mio ultimo libro ci sono frasi che ho sentito quando avevo otto anni. Mi ricordo che una volta mia madre mi presentò ad un'anziana signora, che mi disse: "Il motivo per il quale ti sembro così brutta, Chucky, è che ho molto vissuto". Indimenticabile! Ci ho messo anche una battuta di mia nonna. Un giorno le stavo parlando di un mio desiderio, e mi rispose (mi lasci usare una piccola oscenità ...): "Perché non pisci in una mano, e desideri nell'altra, e osservi quale si riempie prima?". Le dissi: "Nonna, come puoi dire una cosa del genere?". Beh, rise: ma aveva ragione, e quella sua frase non l'ho più dimenticata. Il libro è pieno di cose che, nel corso degli anni, mi hanno detto gli amici; c'è una battuta piuttosto salace, nel momento in cui il protagonista sta finalmente per fare all'amore con la sua bella. Ùna frase che mi piace molto, volgare e liberatoria in pari tempo. È una battuta che mi fece al telefono un amico, con qualche birra in corpo ... Così tutti i racconti della mia infanzia, tutto quello che mi è stato detto, tutto quello che ho visto e vissuto, tutto quello che mi sono imposto di studiare per scrivere questo libro, costituisce la totalità del prodotto. Se poi al libro succedono belle cose, tanto meglio; premi, soldi, fama, va tutto bene. Ma scrivere per me non è una professione; è una passione. Le vignette erano una professione; l'arte è troppo importante! Il principale punto di riferimento letterario, per lei e tutti i suoi amici e colleghi della nuova "Harlem Renaissance", è costituito da Ralph Ellison e dal suo capolavoro Uomo invisibile, del 1952 ... A me piacciono i romanzi ambiziosi. Recentemente stavo di nuovo discutendo con l'amico Stanley Crouch del romanzo di Ellison. Crouch sostiene che il procedimento di lavoro di Ellison è consistito nello sviluppare una ricetta lunga e terribilmente complessa. Così il libro risulta pensato, sviluppato e scritto a più livelli; un'esperienza artistica, intellettuale e storica totale. Questo è il mio modello, almeno nella letteratura afro-americana. Uomo invisibile è una prestazione artistica stupefacente e magistrale. Più la ricetta letteraria è lunga e complessa, più amo la sfida. Anche una ricetta breve è interessante; ma un libro con un'idea, una tesi da sostenere e sviluppare non è difficile. A me interessa di più analizzare e controllare l'assieme e la complessità delle nostre vite, e farle rivivere in un'opera letteraria. 1critici osservano spesso che i suoi protagonisti- e soprattutto quello di Middle Passage- sembrano tutti dei filosofi, degli intellettuali; uomini straordinariamente colti e intelligenti ... Come fece Ralph Ellison in Uomo invisibile, anch'io sento il bisogno di creare e far agire un protagonista-narratore che sappia combinare i molti linguaggi parlati degli americani; che abbia accesso agli strumenti di interpretazione intellettuale necessari per spalancare il mondo della finzione letteraria. L'ho sempre fatto; in tutti i miei romanzi c'è sempre un narratore letterario, o qualcuno che agendo impara (spesso a sue spese ...). Quindi quel tipo di critica non mi disturba affatto. Preferisco narratori, guide che attraversino il romanzo e mi aiutino ad osservare ed interpretare il mondo che mi circonda. "Sono un uomo invisibile - così inizia Uomo invisibile di Ellison -. Sono invisibile semplicemente perché la gente si rifiuta di vedermi. Quando mi avvicina, vede solo ciò che mi circonda, vede se stessa, o invenzioni della propria immaginazione - vede di tutto, tranne me". 1 "veterani della sofferenza creatrice", come Martin Luther King definì il suo popolo, hanno dei messaggeri artistici ormai chiaramente riconoscibili. Lei, però, non ama 57

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