intellettuale occidentale. Come potevo non sapere queste cose, e non capire come il mio lavoro e i miei scritti si sarebbero inseriti nel percorso della letteratura americana. A me sembrava indispensabile che uno scrittore avesse una formazione filosofica. Ebbe difficoltà, nei suoi rapporti con gli intellettuali neri radicali di quegli anni? Uno dei problemi che avevo con il Black Arts Movement, o perlomeno con alcuni dei suoi sostenitori, è che essi escludevano a priori lo studio della letteratura europea, o del pensiero filosofico ocèidentale in generale. Li consideravano del tutto superflui e privi di interesse. lo non potevo aderire a quella scelta; per me tutte le filosofie erano e sono importanti, siano esse occidentali o orientali. La filosofia è indispensabile per allargare i nostri orizzonti. E così io ho sempre cercato, sin dagli anni universitari, di trovare !'"universale" negli aspetti particolari dell'esperienza nera. Si pensa sempre che la filosofia sia una cosa campata in aria, astratta; no, la filosofia nasce dall'esperienza. In un secondo momento, poi, si cerca di articolare le proprie idee in modo astratto. Se si fa ritorno al livello dell'esperienza concreta, si trova l'origine delle idee. E sicuramente si possono trovare idee di tipo metafisico, ontologico, epistemologico, iscritte nell'esperienza nera. Non si tratta certo di un problema teorico; ma di un metodo di lavoro e di riflessione. Lei fu molto affascinato dalle idee del nazionalismo culturale di colore; ma l'infatuazione non durò a lungo. Cosa stava veramente cercando, in quegli anni? È difficile ripercorrere rapidamente quegli anni. Come ho detto, i principali scrittori neri del nazionalismo culturale mi ispirarono molto, all'inizio; ma le domande che mi ponevo non trovavano mai risposte nel nazionalismo culturale. Quale studente di filosofia, ero molto più attratto dal marxismo, al quale ho consacrato molto tempo; scrissi la mia tesi su Wilhelm Reich e il suo rapporto con Marx e Freud. Quando cominciai a insegnare, in qualità di assistente universitario, mi furono assegnati corsi sul marxismo e la sua storia (cioè, dal 1844 e i Manoscritti fino a Mao e al Maoismo). Mi ero totalmente immerso nel marxismo; cosa che in un certo senso era lo sbocco inevitabile del mio interesse per il nazionalismo culturale. Alcuni autori e pensatori nazionalisti erano ovviamente di impostazione marxista; persino Baraka, che ora si definisce "socialista scientifico". Ma se si vuole davvero capire Marx, bisogna studiare Hegel; per capire Hegel, bisogna leggere Kant; da Kant bisogna risalire a Hume, da Hume a John Locke e Descartes. E allora tanto vale risalire fino a Platone. Il Capitale a mio avviso offre una lettura fortemente fenomenologica del "lavoro" e della sua strutturazione; e così Marx crea un ponte anche con il pensiero di Edmund Husserl e la fenomenologia tedesca e francese. Non mi è mai stato possibile arrestare il mio processo inquisitivo: così ho studiato anche la fenomenologia quale strumento metodologico, che mi ha poi permesso di sviluppare un libro sulla letteratura afro-americana, intitolato Essere e Razza. Ma perché i più autentici artisti neri qui si sono sempre e solo definiti "afro-americani"? Non è un termine riduttivo e, una volta ancora, razzista? INCONTRI/ JOHNSON Be m,ay never 1,e presfdent, lnd he'D naaJce a ,.. •• , mllftant. Sono nato in America, da genitori di colore; ho queste due tradizioni, è inevitabile che io sia uno scrittore afro-americano. Ma cosa significa? Che sono uno scrittore di protesta? No, non sono solo uno scrittore che protesta: un mio racconto può contestare un comportamento razzista, ma non per questo anche il mio prossimo racconto sarà inevitabilmente di protesta. Per me è più facile affermare che sono uno scrittore americano che è nero: è il modo più semplice per parlare di me stesso. In realtà, non mi è mai piaciuto considerarmi uno scrittore; ho sempre preferito definirmi un artista. Quale artista americano nero, lei è un fautore del cosiddetto afro-centrismo? Se afro-centrismo significa capire la storia e la cultura del popolo nero sviluppatesi attraverso l'esperienza americana, e le sue tappe nella storia del mondo, allora ovviamente mi interessa: è proprio quanto ho studiato negli ultimi 25 anni. Ho letto tutti i libri di tutti gli afro-americani, e di molti ho scritto e parlato. Ma se afro-centrismo significa denigrare altre culture, allora non ci sto; se dobbiamo svilire la cultura giapponese, o cinese, o indiana, o europea, e considerarle prive di valore, non sono d'accordo. Perché penso che tutti noi, in primo luogo, siamo espressione dell'essere umano, con variazioni culturali, ma all'interno di un'unica esperienza mondiale. lo ho sempre prestato più attenzione a quanto lei e io abbiamo in comune quali esseri umani; e le differenze culturali mi stimolano moltissimo. A me interessa capire cosa faccia di me un essere umano. E riesco a capirlo solo andando a interpretare le variazioni dell'esperienza umana in Cina, in Giappone, in Europa. La mia speranza è che gli uomini capiscano che condi vidiamo valori culturali comuni, e che il destino di noi afro-americani è legato a quello che ci si ostina a definire l'esperimento americano. 55
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==