Linea d'ombra - anno XI - n. 80 - marzo 1993

ElsaMamnte con Sandra Penna, Debenedetti e Carlo Levi, (foto di Aldo Scarmiglia/Archivio Raffaele Venturini). lo spirito. Non ha interessi stilistici. Finge che l'italiano ci sia, e sia la lingua che lo spirito le ha proposto in questo mondo per esprimersi. Ne ignora tutti gli elementi storici, sia in quanto lingua parlata che inquanto lingua letteraria, e ne coglie solo l'assolutezza. Anche il suo italiano è dunque una pura finzione" (in Empirismo eretico, Garzanti, Milano 1972). Si potrebbe osservare che qui Pasolini un po' si contraddice e un po' estende alla lingua letteraria di Elsa Morante i propri problemi, linguistici e stilistici, del tutto diversi. Si contraddice, mi sembra, per il solo fatto di parlare di livelli linguistici (medio, alto, con esclusione di quello basso) quando poi afferma che per Elsa Morante l'italiano è un "corpo grammaticale e sintattico mistico", qualcosa cioè, suppongo, fra il corpo incarnato (la lingua realmente d'uso) e l'essenza angelica (l'utopia linguistica personale della scrittrice, il modello ideale con cui misura e orienta il proprio lavoro di scrittura). Ma in un corpo linguistico "mistico" non si danno più escursioni dal basso ali' alto, perché sia l'alto che il basso partecipano ugualmente di una stessa sublimità (ecco, tra l'altro, perché in Elsa Morante c'è l'umorismo, a volte l'ironia, ma non c'è il comico: cioè l'esplosione, rivoltosa o SAGGI/BERARDINELLI coatta, dello stile basso represso contro la serietà fittizia dello stile alto). Ed è suggestivo, ma forse non esatto, dire che "pone in contatto diretto la grammatica con lo spirito" e che "non ha interessi stilistici": perché tutto il suo interesse stilistico potrebbe essere già (e non sarebbe poco) nell'attenzione, selezione, scelta e lavorio necessari per realizzare ogni volta di nuovo quel contatto fra grammatica e spirito: esaltando e sublimando tutte le funzioni grammaticali, portandole ad un grado di perfezione atemporale, che finge l'uso del mondo e si sottrae ad esso: (i personaggi, per esempio, come nell'opera, si ha l'impressione a volte che, più che parlare, cantino con accompagnamento musicale) come può avvenire in un romanzo che sia il romanzo in cui si confessa tutto il presente e sia, nello stesso tempo, l'esecuzione musicale della forma del romanzo. Se così è, però, si dovrebbe aggiungere che fra la grammatica e lo spirito c'è un terzo elemento, e cioè il linguaggio della narrazione in tutte le sue forme: favola, feuilleton e grande Ottocento europeo, con tutta la "lingua da traduzione" nella quale i lettori di romanzi, e non gli studiosi, o i critici, hanno per lo più letto gli scrittori francesi, inglesi e russi. La Finzione (e qui Pasolini ha ragione) non tocca soltanto le storie narrate, ma fonda e stabilisce anche la lingua ideale del narrare, ne inventa la normatività come funzione stilistica, assolutizzando una 51

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