SAGGI/STEINER presenza". Nel testo iconico, nel momento in cui questo testo "giunge al lettore", c'è sia "senso" che "forza" (nella teoria semantica di Frege, Sinn e Kraft sono i due indicatori cardinali che servono a suggerire come la frase veicola significazioni e direzioni immediatamente percepibili ben al di là di quelle manifeste nelle parole che si scambiano fra individui). Tale essenziale eccesso di significato caratterizza l'ordine dei testi o le forme d'arte in cui il lettore è coinvolto. Ogni seria estetica mira a delucidare ciò che si può definire, volendo adottare un vocabolario econometrico marxista, il fenomeno del "plusvalore", delle "forze" all'interno e oltre il "senso" generato dall'arte. Laddove l'atto di lettura è sufficientemente comprensivo della pulsione ontologica interna al testo, del moto simultaneo d'irradiamento e di introversione, esso presenta al tempo stesso la purezza e l'irriducibilità della sua "forte" pertinenza. In questo contesto, purezza significa assoluto disinteresse. La ragion d'essere della pittura, della poesia o della composizione musicale è, secondo me, solo quella di essere "sostanziale" perché, ovviamente, la nozione invocata anche qui è più o m~no quella di un fittizio assoluto. Perfino l'arte più alta può mancare di una purezza di motivazioni, come il didatticismo, l'occasione sociale, il documento pubblico e privato, e così via. Ma dove c'è la "presenza" che sto postulando, questa molteplicità di motivazioni e di realizzazioni non determina in definitiva lo status e la forza dell'opera. Spesso, infatti, questa forza autonoma dell'opera arriverà a confutare il programma intenzionale, il significato, il senso temporale di cui l'artista ha investito i suoi materiali. Per quanto prendesse le mosse da tutt'altra prospettiva, Marx colse con precisione questa dialettica interna quando notò che gli effetti, i fattori di sopravvivenza nei romanzi di Balzac erano la negazione ideologica di quelli che lo scrittore aveva inteso esprimere. "Irriducibilità" significa "non-parafrasabilità": intraducibilità di·una presenza iconica in un'altra forma senza perdita e straniamento (può essere preservato il "senso", ma non "la forza"). In quanto vissuto da un vero lettore, il testo è irriducibile e inesauribile perfino nella versione più esplicativa e diagnosticamente più penetrante - indipendentemente dal fatto che sia, a seconda dei gusti, linguistica, grammatologica, semiotica, storicistica, sociologica, "decostruttiva", ecc. Il testo può essere riscritto, come fa Schumann quando riesegue il suo pezzo musicale. Di conseguenza, in un certo senso, molte "letture" sono ripetizioni; ma la ripetizione del lettore (il suo "chiedere ancora") non corrisponde alla valutazione del critico. Essa mira non alla dissociazione illustrativa ma al completo rientro nel testo. Che tale rientro possa mai del tutto avvenire, che il facsimile sia mai completo, è un dilemma che ha tenuto occupati molti scribi e addetti ai lavori. La causa evidente dell'irriducibilità dell'iconico è che ciò che si dichiara e si autocancella nel testo, sulla tela o nella struttura musicale è qualcosa che va ben oltre il significato, ovvero, più precisamente, ciò che trova la sua forza dentro ma anche oltre il senso. Esso "esiste" prima di "significare", e il/i "significato/i" che traiamo da esso sono una funzione della sua disinteressata, autonoma esistenza- un'esistenza che non si rivolge a nessun osservatore particolare ma deve incontrarsi con lui (non era stato l'Angelo a cercare Giacobbe). È quest'immediata assunzione di significato nella forza del!' essere che rende la musica la più "iconica", 40 l'essenza più autenticamente "presente" che l'uomo conosca. Ne consegue che la musica è anche quella che resiste nel modo più assoluto alla parafrasi o alla traduzione. Ma un'acquisizione e una resistenza di questo tipo caratterizzano tutti i testi e le opere d'arte esistenti. Volendo riassumere: la contiguità del "lettore" al testo è ontologica più che epistemologica, come quella del critico. Il lettore non incontra né mira all'oggettivazione, ma si sente implicato nella possibilità, nel "come se" di una vera presenza. Egli sa che i significati che trae dal testo sono sempre parziali, sempre ambiguamente esterni: essi sono, al massimo, un'ulteriore conferma della sua esistenza. René Char lo esprime in un modo più conciso: "La vitalità del poeta non è una vitalità che viene dall'aldilà ma una vera punta adamantina di presenze trascendenti e di tempeste improvvise". La lettura autentica incontra per un attimo la trascendenza. La "contiguità", nel senso adottato sopra, necessita di essere approfondita. Il critico mantiene la distanza. E il mantenimento di essa è la condizione del suo ordinare, della sua magistrale messa a fuoco. Il lettore tenta di negare lo spazio che lo divide dal testo. Egli vuole essere penetrato da lui e immergersi nella sua presenza. Il lettore lotta per raggiungere la fusione con il testo interiorizzandolo. E qui giungiamo a una prima disgiunzione tra la categoria generale e la dialettica del leggere. L'interiorizzazione è concepibile soprattutto per i testi e la musica; ma solo in parte nel caso degli oggetti d'arte visiva. Al livello primario e più radicale, l'atto completo di lettura, la piena percezione delle présences trascendantes nel linguaggio e nella musica, implica una memorizzazione. L'atto di imparare a memoria - un idioma di notevole precisione - non è una tecnica ausiliaria o dipendente dalla prassi liturgica e pedagogica. Esso fa parte dell'impegno sostanziale del lettore ad abolire o nascondere la stessa distanza che il critico ostenta. Memorizzare significa, al tempo stesso, entrare nel testo e farsi penetrare dal testo (un processo solo parzialmente realizzabile quando si "fotografa" mentalmente un dipinto o una statua). Questo moto duale di entrata e di ricezione è formalmente e sostanzialmente analogo al moto duale di proiezione e di rientro nel testo o nella composizione musicale. Coinvolgersi al livello mnemonico è, in primo luogo, un fenomeno individuale. Esso modifica gli spazi e i costrutti dell'interiorità individuale, come fa l'entrata di un "ospite illustre" (la similitudine è di Holderlin) in una casa. Recenti lavori di biochimica suggeriscono perfino che tale modifica ha un riflesso fisico nel fatto che l'aumento della memoria conduce a una sottile ramificazione di tessuti molecolari. Ma il ricordo attivo è anche un fattore culturale e collettivo. Esso ha inizio e preserva una comunione di eco condivise, di riflessi partecipati, pertinenti alla nozione di canone. Un testo o un pezzo musicale dimenticato esiste in una penombra di anticipazioni come i volumi lasciati ancora intonsi - dove "ancora" può voler dire anche da seéoli - nel silenzio paziente delle grandi biblioteche. Ma un testo può entrare nel pieno della vita del canone solo quando viene ridestato e fatto albergare nella distanza negata di un preciso ricordo. Ne consegue che quella "lettura totale" ha un'inerente logica di dispensazione, tendente a una condizione in cui la materialità del testo non è più richiesta. L'icona è stata pienamente interiorizzata. Il ricordo esecutivo che
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