doti per l'etnografia. Se le sue opere sono perdute, rimangon sempre tante citazioni dell'originale, tante derivazioni greche e latine, che di lui possiamo, almeno per il lato che ci interessa, giudicare con una certa sicurezza. Posidonio di Rodi o di Apamea era fornito di eminente capacità di osservazione, ma anche di potere sintetico non inferiore; e seppe rendere la vita di ogni popolo quale unità nella totalità, subordinando e coordinando tra loro particolari caratteristici, così da dare un quadro chiaro e ricco di colore. Parecchi dei metodi adottati dall'etnografia moderna sono da lui già praticati. Così quello di ricostruire dal confronto con gli attuali primitivi gli stadi preistorici della vita dei popoli presentemente civili: Omero è per lui, a ragione, fonte principale per la preistoria del popolo greco, ma egli scopre nei selvaggi usanze identiche a quelle omeriche. Ma anche Posidonio non è uno scienziato secondo l'ideale moderno, scevro di ogni tendenza (sono scevri di tendenze gli .storici moderni?). Seguendo il vecchio costume, anch'egli esalta i popoli del nord, e il nuovo popolo relativamente primitivo (in verità, come mostrano gli scavi francesi, molto meno primitivo di quanto non si supponesse sin qui), ch'egli rivela alla scienza. Gli Sciti della storiografia ionica, vicini alla natura, giudicavan della cultura greca con animo spregiudicato. Per Posidonio, i Galli sono parimente alieni da ogni cultura falsa e corruttrice, e per esempio contrari ad affidare alla scrittura, cagione di rovina alla memoria, le loro dottrine più sante; ma in ciò che più importa essi sono molto innanzi ai popoli cosiddetti civili, ai Greci e ai Romani. I loro sacerdoti, i Druidi, sanno di geografia, di fisica, di cosmologia, di astrologia; sono, quanto agli dèi, molto meglio informati di ogni altro; penetrano anzi così bene le loro intenzioni da potere predire il futuro con sicurezza. I Druidi insegnano al loro popolo la metempsicosi, perché sanno come questa credenza, togliendo ogni timore di morte, renda valorosi i soldati. Che vi credano essi stessi, non è detto, pare anzi escluso; mal' etnografia greca era nata illuministica, e ancora Posidonio considera gli antichi savi e l'aristocrazia sacerdotale che in Gallia ne ha assunto l'ufficio, come una casta di legislatori e despoti benevoli la quale non si fa scrupolo di pie frodi pur di far progredire i dominati inconsapevoli sulle vie della vera civiltà. Io non sono proclive a credere che il signor di Voltaire fosse di parere sostanzialmente diverso, e mi diverto un mondo a riscoprire le vestigia dell'illuminismo degli antichi Ioni in chi mi confida (e mi capita spesso) che a mero fine igienico Mosè introdusse la circoncisione e vietò agli Ebrei di mangiare carni porcine, la Chiesa cattolica istituì i digiuni. Cesare, partendo per la Gallia, prese con sé il libro più moderno che trattasse diffusamente di quella terra nuova (molta scelta non avrà avuta), appunto i Celtica di Posidonio. E quando dai suoi rendiconti annuali al Senato, unificando, continuando, integrando, tirò fuori quel capolavoro ch'è il Bellum Gallicum con una celerità che parve portentosa anche ai suoi intimi e ai suoi segretari, ricorse di nuovo a Posidonio, e se ne servì senza scrupolo per definire le çaratteristiche dei Galli nel libro sesto. Ma, uomo d'ingegno critico, corresse le notizie che gli resultarono fantastiche; uomo positivo, militare e giurista, romano, aggiunse di suo osservazioni originali sulle istituzioni politiche, militari, giuridiche dei Galli, poiché l'etnografia di Posidonio, come quella ionica, era essenzialmente apolitica. Cesare distinse forse per il primo i Germani dai Galli, con cui precedentemente erano sempre confusi. Parrà strana la confusione? Ma a distinguere due popoli, a occhio romano o greco simili per aspetto e per grado di cultura, mancava allora il mezzo migliore, IL CONTESTO la conoscenza della lingua. Cesare sui Germani non trovò probabilmente "letteratura" da elaborare, e avrà vagliato come meglio poteva le notizie offertegli dai suoi informatori occasionali e certo non tutti esatti, mercanti i più, forse prigionieri di guerra (interrogati attraverso un interprete Celta che sapeva di latino?). L'excursus sui Germani è un po' magro, ma, perché è originale di Cesare, è libero, come dagli schemi propri dell'etnografia ionica, così dalla tendenza a idealizzare 1 • Informazioni di commercianti saranno anche state la fonte delle notizie che ci dà Tacito sugli usi dei Germania nell'unica monografia propriamente etnografica che ci sia rimasta dell'antichità classica, la Germania, se pure a tale fonte egli avrà attinto in gran parte non direttamente ma attraverso i libri anteriori, soprattutto i Bella Germaniae di Plinio il Vecchio, i quali alla loro volta dipendevano in parte da Livio. Tacito segue i metodi di Posidonio, per quanto non si possa provare eh' egli abbia avuto in mano l'opera di lui. Ma tra i Germani Tacito non può scoprire una casta di dotti, e, molto più fedele all'etnografia preposidoniana, esalta in loro valori del tutto diversi. I Germani sono ora quel eh' erano stati gli Sci ti, il popolo della natura. La tendenza a idealizzare i popoli primitivi anima qui tutta l'opera, forma di essa il centro spirituale. La Germania povera e pura è opposta con piena consapevolezza alla civiltà romana ricca e raffinata, ma decadente. Certo, le ricerche dei germanisti porterebbero a concludere che il libro di Tacito è in complesso veritiero e degno di •fede, se pure esso descrive più primitivi che in realtà non fossero i Germani d'allora, ch'erano già venuti in contatto con due civiltà superiori, la celtica e la romana. Ma le informazioni, esatte quanto si voglia, produrrebbero su noi ben altra impressione, se non fossero vivificate dallo sdegno di un Romano, che tutt'intorno a sé non vede se non servilità, corruzione, ignominia. Il puro popolo del Nord era stato originariamente lo scita; divenne il germanico solo nel 98 dopo Cristo per merito del consolare Cornelio Tacito. E il consolare continua in certo senso, lo abbiamo veduto, un filosofo greco che aveva trasportato ai Galli (da cui iGermani non erano ancora distinti) schemi etnografici costruiti per gli Sciti. Era il filosofo greco veramente greco? Di spirito e di cultura sì certo; di razza non saprei: Posidonio, chiamato consuetamente Rodio dalla città in cui insegnò e divenne celebre, era nato ad Apamea in Siria. Nessuno può dire se fosse un Semita puro; ma è probabile che qualche gocciola di sangue semitico gli scorresse per le vene. Né è certo che egli corrispondesse alla definizione di Ario ch'è in voga ora in Germania: Ario, a tenor della legge, è colui che ha una bisnonna semitica. Posidonio può avere avuto semita anche la nonna o il babbo. Sarebbe particolarmente doloroso che il mito letterario dei Germani puro popolo del Nord risalisse a un Semita. Certo è che esso ç!_t:rivada un Romano, da un Mediterraneo; ch'esso ha radici in fantasie, in indagini, in motivi letterari di Greci, vale a dire di altri Mediterranei. Alla cultura mediterranea è dovuto il concetto che Semiti e Mediterranei siano razze inferiori. Ho parlato sin qui un po' alla rinfusa di popoli, tribù, razze. Il dottor Fritzsche distingue accuratamente. Io dico più volentieri popoli quando parlo di uomini, razze quando parlo di cavalli da corsa, cani pechinesi, galli da combattimento, galline padovane, porci del Yorkshire, perché so, tra l'altro, che la mescolanza umana dà spesso prodotti "irrazionali", superiori talvolta ai genitori, ai nonni, ai bisnonni, e in ogni caso diversi. La teoria delle razze non si può applicare agli uomini, perché essa prescinde dallo spirito. A razze pure nell'Europa contemporanea non credo. 17
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