Linea d'ombra - anno XI - n. 79 - febbraio 1993

INCONTRI/HAQQY Il Cairo, (May Tell/Saba-Rea/Controsto). L'asino ... le piace l'asino ... Adoro l'asino. Ho scritto forse venti o trenta pagine solo per descrivere l'asino. L'amo molto: è un animale molto intelligente, dolce; se guarda i suoi occhi: ha un'aria sofferente, come se piangesse ... Viene bastonato e resta paziente. E la sua colonna vertebrale ... è la rete ferroviaria d'Egitto. Ai miei tempi tutti i raccolti, tutte le persone non trovavano altro mezzo di trasporto che il dorso dell'asino. Per l'Egitto era come il treno. L'incontro con la campagna è stato il primo ma non l'ultimo con un mondo altro dal Cairo, la capitale vivacissima di quegli anni. La "vera" carriera di Yahya Haqqi è stata quella di diplomatico. Ha vissuto a Istanbul, a Roma e a Parigi, infine da ambasciatore in Libia. C'è un suo racconto autobiografico dal titolo significativo, Haqiba fi yad musafir, Valigia in mano - un resoconto della sua vita in Francia, delle sue impressioni francesi. Un incontro, quello con l'Europa, che per lei sembra esser stato tutto sommato meno sconvolgente di quello con la sua campagna ... L'Egitto dà sul Mediterraneo. Ha molte radici culturali francesi. Non dovevamo andare fino in Europa per essere in contatto con la cultura europea. Avevamo prima di tutto il teatro: tutte le troupes francesi arrivavano al Cairo. C'era la stagione dell'Opera: ricordo di aver visto la Pavlova, la famosa ballerina russa. C'erano i 70 concerti, le rappresentazioni della Comédie Française. E poi non bisogna dimenticare che leggevamo, che conoscevamo Voltaire, Anatole France! Certo è altra cosa essere immersi nella vita stessa di un altro paese. L'incontro può diventare pericoloso quando colui che arriva dal Sud, dal mondo islamico per esempio, non conosce la sua cultura. Può cadere facilmente vittima di un'ammirazione smisurata per la civiltà occidentale. Per esempio tutti gli egiziani che vedono San Pietro, a Roma, dicono esterrefatti: che meraviglia. Sono affascinati. lo dico loro: abbiamo anche noi Karnak, la moschea al-Rifa' i, abbiamo a casa nostra dei monumenti non meno importanti di questo. Perché lo choc diminuisca bisogna che le istituzioni, le nostre scuole, insegnino ai giovani che cos'è la cultura araba, cosa sono le arti arabe: l'importanza della nostra storia. Solo così non ci saranno choc, non si perderà la propria testa. In ogni caso, in unmio racconto del '44,Lacandeladi UmmHashim, usavo solo due colori, il bianco e il nero. Vedevo l'Europa molto materialista, l'Oriente piuttosto spirit).lale.Nel libro che lei mi ha citato ho cercato di fare la pace fra i due elementi, ho scelto il colore grigio: né nero né bianco. Ho detto che molti urti fra Oriente ~ Occidente derivano dal fatto che i costumi sono diversi. I costumi, e non le nature. Il legame con il proprio patrimonio culturale passa inevitabilmente per gli arabi attraverso la conoscenza di una lingua, l'arabo

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