questa lingua per le corna, obbligarla a entrare nella vita, a camminare nelle strade, a descriverle, a trovare un nome per ogni oggetto moderno. Finalmente è stato proprio grazie alle nuove forme letterarie che la nostra lingua ha potuto con estrema rapidità, arricchirsi. Il passaggio da una letteratura fatta quasi esclusivamente di poesia a una prosa narrativa che muove dalla realtà è avvenuto in concomitanza con altrettanto radicali mutamenti storici e politici. In Egitto, negli anni della "presa di parola" nazionalista, delle prime rivolte contro gli inglesi. Anni che lei, Yahya Haqqi, ha vissuto in prima persona ... Nel 1919 la prima guerra era finita, l'Inghilterra ne era appena uscita vittoriosa. Noi in arabo diciamo la "Grande" Bretagna, e si è inculcato negli spiriti degli egiziani l'idea che "grande" significa potente, che l'aggettivo non serve semplicemente a distinguere l'Inghilterra dalla Bretagna francese. Nel 1919 però l'intero Egitto, improvvisamente, tutto il popolo egiziano è sceso nelle strade a combattere i soldati inglesi. Chiedeva una sola cosa: l'indipendenza. ,E indipendenza voleva dire poter ritrovare la propria identità. Volevamo essere egiziani, volevamo sapere cosa significasse essere egiziani, conoscere il nostro carattere, il nostro vero volto. Non volevamo più vivere la nostra vita sotto la dominazione di un paese straniero. Questa rivolta è stata la scintilla che ha spinto un gruppo di giovani, tutti usciti da scuole in cui avevano imparato un po' di francese e un po' di inglese, a scrivere: più che romanzi, racconti. È nata in questo modo quella che viene chiamata la scuola moderna. Questi giovani hanno comprato una piccola tipografia. Tutto funzionava manualmente. Si occupavano della composizione dei caratteri, distribuivano i giornali ... Erano persone che si sacrificavano per il loro fine. lo avevo quasi vent'anni quando per caso mi sono trovato nello stesso caffè in cui si riunivano. E ho iniziato a pubblicare delle piccole cose nel loro giornale. Ricordo che si discuteva, avevamo idee diverse, c'era chi difendeva Hugo e chi Checov, c'erano litigi e battaglie. Si figuri che intanto il lustrascarpe ne approfittava per spazzolarci a tutti le scarpe, senza che glielo avessimo chiesto. Così ci toccava pagare! Comunque il fatto essenziale è che la nascita del racconto in quanto forma letteraria faceva parte di un progetto nazionale. Non era lo sbocciare improvviso di un genio, né si trattava di un singolo autore che scriveva la prima pagina di una nuova era, o della trasformazione di una scuola letteraria: era un vero e proprio slancio nazionale, era una ricerca d'identità, più profonda, che si è ripercossa nella letteratura. Nel nostro gruppo ci si interessava della gente povera, dell'uomo della strada, di chi lotta per guadagnarsi il pane, e non dell'aristocrazia o delle beghe politiche. Per noi solo contava l'uomo vittima. E per questo ci voleva molta tenerezza ... Se scrivere romanzi o racconti ha indubbiamente significato rispondere a un bisogno collettivo, immagino si siano aggiunte, per i singoli scrittori, altre motivazioni, altre ragioni, legate queste alla loro vicenda personale. Yahya Haqqi, ci racconti un po' di lei... Sono di una famiglia piccolo-borghese. Non povero, non INCONTRI/HAQQY ricco: ma fortunatamente, e ne rendo tutti i giorni grazie al buon dio, non sono mai caduto nella miserabile, nera povertà. Ho sempre avuto una casa e qualcosa da mangiare ... Sono un cittadino. Dell'Egitto non conoscevo altro che il Cairo, addirittura solo certi quartieri del Cairo, come quello di Sayyida Zeinab, il quartiere dove sono nato. Da allora, quanto è cambiato il Cairo! Pensi un po' che quando ero giovane il Nilo in piena arrivava fino alle piramidi! La mia grande fortuna è stata quella di nascere in una famiglia che amava il verbo, la parola. Che era incantata quando sentiva una buona replica, una parola giusta, spirituale, una parola che riuscisse a risolvere una disputa. Tutta la famiglia era innamorata delle parole, della lingua, della maniera di esprimersi. Ricordo di avere seguito una quantità di battibecchi fatti per lettera. Fra i miei genitori non c'erano litigi veri, erano tutti unicamente un pretesto per affinare l'espressione, lo stile. Per questo si scambiavano lettere piene di accuse e di difese. Tanto amavano la lingua. Così anch'io mi sono impregnato dell'amore per l'espressione attraverso le parole, il verbo. La pittura apre la porta sui colori. La scultura, sulla pietra. Quando però si apre la porta della lingua, si entra in un campo vastissimo, si è riportati indietro (è il caso della mia lingua, dell'arabo) di quattordici secoli, o più. È un piacere immenso, e ringrazio il buon dio di essermelo guadagnato in famiglia. Quando a scuola ci veniva dato, di tanto in tanto, un componimento, un tema da sviluppare, cercavo anch'io, credo, di esprimermi in maniera un po' letteraria ... Molto presto mi sono unito alla scuola letteraria dei giovani di cui le dicevo: era il 19191920. Avevo quindici, sedici anni. La porta era definitivamente aperta. Se però fossi rimasto al Cairo non sarei mai potuto diventare uno scrittore egiziano. A ventitré, ventiquattro anni mi sono trovato scaraventato nella campagna, in alto Egitto, in un paese che si chiama Manfalut. lo non conoscevo niente delle piante, degli animali, dei contadini, del loro modo di vivere, delle loro case, di cosa mangiano, di come si vestono: nulla. Per due anni sono stato completamente immerso, sprofondato, divorato dalla figura del contadino, dall'alto Egitto. L'incontro con la campagna, la metà arcaica d'Egitto, ci ha dato alcune fra le pagine più belle di Yahya Haqqi. Un incontroscontro estremamente fertile dal punto di vista letterario ... Prima di tutto trovavo un ambito più vasto del Cairo. Poi subito sono stato preso dalla questione contadina. A quell'epoca era estremamente evidente che esistevano due linguaggi: quello del contadino e quello del governo, completamente diverso. Come si poteva pretendere che i due dialogassero? Non era possibile. Era un dialogo fra sordi. Situazioni come questa sono estremamente comiche e tragiche al tempo stesso. È proprio il miscuglio di tragico e di comico che mi ha attratto. E ho scritto dei racconti in cui ho cercato di mostrare come questi due elementi si fondono nella vita del contadino egiziano. Oggi molte cose sono cambiate, è certo. Soprattutto dopo la rivoluzione nasseriana. Questi miei racconti restano però una testimonianza sulla vita dei contadini nel Sa'id, l'alto Egitto, prima della rivoluzione. E poi ero affascinato dagli animali: il cammello, le capre, la bufala, l'asino ... 69
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