Linea d'ombra - anno XI - n. 79 - febbraio 1993

LA GENTENELL'OMBRA Incontro con Yahya Haqqi a cura di Luisa Orelli Yahya Haqqi, nato nel 1905 al Cairo e morto nel dicembre scorso, era il decano della letteratura araba moderna. Una modernità che Yahya Haqqi ha visto farsi dopo secoli di decadenza, attraverso nuovi generi letterari: il romanzo, la novella. Generi sconosciuti o marginali alla tradizione culturale araba, che hanno però sap'utopermettere, ali' inizio di questo secolo, il cambiamento, e forzarlo: nella forma e nei contenuti. Yahya Haqqi ha partecipato in prima persona all'ultima fase di quella che in arabo è chiamata la nahda: il risveglio, il levarsi, il rinascimento culturale e il risorgimento politico del mondo arabo. Il suo è stato ed è tuttora un ruolo essenziale: come narratore dell'Egitto rurale, che Yahya Haqqi, cairino, scoprì affascinato e stupito, ma soprattutto come vivificatore della lingua classica. Yahya Haqqi ha forse dato l'esempio più perfetto dell'eccellenza dell'arabo coranico, letterario, l'ha afferrato, riplasmato, adattato ed è riuscito a farlo sopravvivere a una morte che pareva sicura. La sua opera è poco conosciuta in Europa, ma resta fondamentale per tutte le generazioni di scrittori che gli sono succeduti, anche se molti hanno contestato le scelte del maestro, prima fra tutte quella della lingua: pura, artefatta, incontestabilmente giusta, perfetta, ma poco veritiera e niente somigliante alla realtà. Yahya Haqqi è però riuscito a reggere la sfida: ha raccontato l'Egitto nella lingua che gli egiziani non parlano e ha così contribuito a aprire agli arabi tutti nuovi orizzonti letterari. La sua vicenda personale si confonde con la storia: ecco perché, quando gli abbiamo chiesto, qualche mese fa, di parlarci di lui, ha voluto iniziare raccontandoci le origini della letteratura araba. È tutta poesia, nient'altro che poesia. Basta scorrere la storia della letteratura araba, in particolare quella dell'era preislamica. Siamo davvero un popolo folle d'amore per la poesia. · Pare che il capo della tribù osservasse minuziosamente i suoi giovani. Appena ne trovava uno dotato di talento e facilità di parola, lo assisteva, quindi lo mandava alle fiere letterarie perché si confrontasse con i giovani delle altre tribù. Se il giovane faceva progressi, gli diceva: "Signore, lei è ancora un essere normale. Il poeta no. Guardi, c'è una valle, popQlata di jinn, di demoni. La manderemo in questa valle. Un jinn salterà allora sulle sue spalle. Prenderà possesso di lei, per il resto della sua vita". Questo significa che presto gli arabi hanno capito che l'artista è qualcosa di altro. Il giovane poeta diventava il ministro della propaganda della sua tribù: la difendeva, attaccava i suoi nemici. Per amore della poesia, pressoché tutte le altre arti sono state sacrificate. Per darle un'idea dell'importanza della poesia nel mondo arabo, devo raccontarle una storia.C'era un uomo di nome el-Muhallaq, un uomo povero, padre di quattro figlie, tutte brutte, che non riuscivano a trovare marito. Un giorno a quest'uomo venne l'idea di invitare il famoso poeta el-' Asha. Gli preparò un buon pasto: nella speranza che poi dicesse qualcosa, che lo ringraziasse cantando la bellezza delle sue figlie. Fu quello che successe.' Asha venne, mangiò, declamò un poema d'elogio per i suoi ospiti. Si dice che l'indomani le quattro figlie erano sposate. Tanto la poesia era importante e affascinava gli arabi.C'è però chi l'ha calunniata, chi ha detto che è poesia di propaganda, che sa elogiare i principi o lanciarsi nelle invettive ma che manca di spirito artistico. 68 Non è vero. Molto presto nella nostra storia letteraria, all'inizio del1'era islamica, abbiamo avuto un poeta, Dhu-r-rumma. Ha scritto una lunga poesia, una descrizione della natura. La sabbia, gli animali, le gazzelle. Non c'è altro. Dhur-rumma è incantato dalla natura. Mi chiedo che cosa abbia spinto un poeta come lui, a quei tempi, a dimenticare tutto, a consacrarsi totalmente all'osservazione e alla descrizione della natura. Purtroppo lei sa quanto sia difficile tradurre la poesia ... già è difficile tradurre la prosa ... figuriamoci ... Così la vera letteratura araba non è stata ancora trasmessa all'Occidente, non gli è dato di capirla. È un 'ignoranza che si può però spiegare: il primato della poesia è ormai stato superato dall'emergere nel mondo arabo di nuove forme letterarie, come il romanza, il racconto. Forme che hanno prevalso prima in Europa, quindi, potremmo dire: un secolo dopo, e sulla spinta dell'esperienza europea, hanno trovato nel mondo arabo degni seguaci. .. Col passare del tempo abbiamo sentito anche noi il bisogno di seguire il nuovo corso. Bisogna però precisare il significato del termine "seguire" ... può voler dire "andare dietro" oppure "procedere accanto". Per noi non si trattava tanto di "andare dietro" ma di avanzare nella stessa direzione. Abbiamo scoperto la vostra nuova arte, perché non tentare di svilupparla anche noi, cercando però di non cadere nell'errore dell'imitazione. È in questo senso che va letta la nascita del romanzo come forma letteraria. Prima la prosa araba era fatta esclusivamente di discussioni teoriche, di sermoni, non toccava mai la vera vita, il quotidiano, non entrava nella città, nelle sue strade. Lo sviluppo di questo nuovo genere letterario ha subito posto il problema della lingua. Col progresso sono entrati a far parte della nostra vita tutta una serie di oggetti che in arabo non avevano nome. Siamo stati costretti a inventare dei nomi per dire telefono, telegrafo, radio, eccetera. Abbiamo dovuto scegliere se adottare la parola "radio" tale quale o se invece cercare un termine classico che rendesse l'idea, il significato di "radio". Non è stato facile. Quello della lingua è stato il principale ostacolo allo sviluppo dei generi narrativi. Perché volevamo comunque una prosa che fosse classica, attenzione: né dialettale né vernacolare. La nostra vita dipende dalla lingua classica, la lingua del Corano. È il solo legame che unisce i paesi arabi, il solo ponte fra presente e passato. Abbiamo dovuto prendere

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