INCONTRI/SARAMAGO maturazione, la lotta interiore. Insomma, si tratta di un Cristo "visto da dentro". Se, comunque, si considera ancora insufficiente questa giustificazione, mi posso sempre dichiarare epigono di una certa tradizione letteraria: anche I Tre Moschettieri di Dumas non erano tre, erano quattro ... Passiamo ora ad una questioncella che mi pare, comunque, abbastanza divertente, e che sicuramente merita un chiarimento definitivo. Mi piacerebbe che lei stesso spiegasse l'origine di un commento che fa il narratore dell 'Evangelho, poiché un critico portoghese lo ha classificato come "attribuibile soltanto alla mai smentita capacità di immaginazione di ]osé Saramago" (Cristino Cortes, A Coragem de Afirmar em José Saramago, in "Letras & Letras ", 66, 4/3/92 ): si tratta del suo riferimento alla circoncisione di Gesù che, secondo il narratore, diede luogo nell'Vlll sec. alla santificazione del suo prepuzio, per volere di Pasquale I. Il santo prepuzio di Gesù si può ammirare ancora oggi, dice lei nel suo romanza, come reliquia, vicino a Viterbo, a Calcata. Per quanto conosco di lei e dei suoi libri, penso proprio che questa informazione sia fondata, e credo che il critico di "Letras & Letras" sarà stato, per lo meno, precipitoso ad attribuire a lei l'invenzione di questo (ancora secondo lo stesso critico) "gustoso episodio". Ci può, allora, chiarire la questione una volta per tutte? Ha ragione a dire che il critico è stato per lo meno precipitoso. Avrebbe dovuto informarsi meglio. La reliquia esiste veramente, si può vedere ancora oggi a Calcata, e, se è stata un'invenzione di qualcuno, non è stata mia sicuramente, ma forse di un frate locale del Medioevo. Non posso darle adesso i riferimenti bibliografici esatti, ma presumo che sia facile trovarli. Conosco relativamente bene l'Italia, paese che mi ha sempre interessato molto, ed ho sempre affiancato ai miei viaggi la lettura di guide e libri di storia e di geografia locale. Non è stato soltanto in uno di questi, ma in vari, che ho trovato il riferimento alla reliquia: è, perciò, più che sicuro. Ho perfino scoperto che soltanto in Italia ci sono per lo meno altre tre o quattro reliquie del prepuzio di Gesù. Tornando al critico, o commentatore che dir si voglia, che attribuisce l'episodio alla mia immaginazione, posso solo rilevare la mancanza di professionalità che manifesta. Io, in genere, invento molto poco. Nel caso particolare dell' Evangelho, oltretutto, i miei punti di partenza sono· quasi sempre informazioni contenute nei Vangeli, sia canonici che apocrifi. Questo suo riferimento agli apocrifi cade giusto a proposito per la nostra ultima domanda. Effettivamente, si nota nell'Evangelho il ricorso a fonti non propriamente bibliche della mitologia cristiana, ma è difficile distinguere con precisione gli episodi ispirati a queste tradizioni da quelli interamente dovuti alla sua immaginazione. Per esempio, mi pare che la lettura del Vangelo dell'Infanzia di Gesù dello Pseudo-Tommaso sia la fonte diretta del!' episodio in cui, nel suo libro, Gesù da la vita a dodici passeri di argilla (episodio presente anche nel Corano, in cui, però, il passero è uno solo). Un altro caso è quello della figura di Giuda, alla quale lei sembra dare un trattamento molto simile a quello della setta dei Cainiti. Prima di scrivere il libro, 64 lei ha letto questo Vangelo dell'Infanzia di Gesù, o altri testi dello stesso genere? E, se la risposta è affermativa, in quali casi concreti si è servito di queste fonti eterodosse? Ho letto effettivamente il Vangelo dell'Infanzia di Gesù dello Pseudo-Tommaso, così come gli altri testi raccolti nell'edizione spagnola di Santos Otero Los Evangelios Ap6crifos. Una raccolta di questo genere non era stata ancora fatta in Portogallo, al tempo, e penso non 'esista ancora adesso. Questa lettura avrà sicuramente prodotto in me un'impressione profonda, ma di insieme senza determinare casi particolari. se non pochissimi, di trasposizione diretta di quanto ho letto al romanzo. Uno di questi pochissimi casi è proprio l'episodio dei dodici passeri che lei ha menzionato. Un altro è l'introduzione del personaggio Zelomi, che si trova nel Vangelo dell'Infanzia dello Pseudo-Matteo. Quanto alle nozioni cainite sulla figura di Giuda, le conosco, sì, ma sicuramente non sono state queste a servirmi da fonte, perché in realtà non ne avevo bisogno. Mi è bastato rilevare l'assurdità dei racconti evangelici (non era necessario inventare un traditore perché Gesù fosse riconosciuto dai suoi persecutori al momento del suo arresto); mi è bastato rifiutare l'immagine tradizionale di Giuda, così come ci è trasmessa da quadri quali L'Ultima Cena di Leonardo. L'affresco di Santa Maria delle Grazie veicola l'immagine comunemente accettata di un Giuda calcolatore, ipocrita, cattivo, una specie di verme senza scrupoli; ma io, che spesso adotto come processo metodologico la discussione di ciò che è considerato indiscutibile (di solito, di fronte a cose considerate evidenti, mi chiedo: "e se non fosse così? E se fosse giustamente il contrario?"), ho deciso di rinnegare quest'immagine e di mostrare un Giuda molto più verosimile, dal mio punto di vista, un Giuda molto più umano, più completo, e che non è poi "così brutto come lo dipingono". Riguardo al primo caso, bisogna prestare attenzione al fatto che io sposto l'episodio dei dodici passeri dal contesto temporale in cui emergeva nel Vangelo dell'Infanzia dello Pseudo-Tommaso: lì il miracolo era compiuto da un Gesù ancora bambino, mentre nel mio libro è un Gesù adulto, e già vicino alla morte, che lo realizza. Questo spostamento cronologico fa sì che, nel mio romanzo, l'episodio si arricchisca di nuovi significati: da un lato, lo associo alla conversione di Tommaso; dall'altro, nel mio racconto i dodici passeri diventano figura dei dodici apostoli, e la liberazione di quelli diventa figura della futura autonomia di questi. Devo ancora aggiungere che lo spostamento di questo episodio ha come presupposto un'altra finalità espressiva, cioè quella di contrastare con l'immagine che gli apocrifi danno di Gesù bambino; nel Vangelo dell'Infanzia dello Pseudo-Tommaso, Gesù compie il miracolo quando ha solo cinque anni, e tanto questo apocrifo quanto gli altri ci trasmettono l'immagine di un bambino particolarmente capriccioso- a volte collerico e crudele fino all'assassinio, a volte (come nel caso in questione) dispensatore di vita, ma sempre per mero capriccio. Riguardo all'infanzia di Gesù, preferisco trasmettere l'idea di un ragazzo normale, birbone, un poco crudele, come tutti i ragazzini, ma crudele "q. b.", e non più di questo. A parte questi elementi precisi, esistono nel mio romanzo altri aspetti dei racconti degli apocrifi che, comunque, sono indivi-
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