INCONTRI/ AMIS In Money tu porti un personaggio in America. In Territori londinesi porti un personaggio dall'America. E anche nel libro sull'olocausto, la prima parte del quale è ambientata in America. Beh, mi sento molto nord-atlantico. Sono come la Thatcher, mi sento legato in maniera più forte all'America che alla Francia, alla Spagna o all'Italia. E il legame è molto semplice: la lingua. Inoltre, ho trascorso molto tempo in America quando ero bambino, mia moilie è americana e ci ho vissuto più che volentieri per molti anni. E lì che ho fatto il giornalista. Penso si sia sempre attratti dal centro della terra che, dal punto di vista culturale, è sicuramente l'America. Culturalmente parlando non lo sarà mai il Giappone. Non ci sono bar Sushi a Hendon. Quel tipo di cultura non viaggia. Non ci sarà mai un Clint Eastwood giapponese. È una cultura troppo lontana. L'Inghilterra del diciannovesimo secolo è stata l'epoca dei nostri grandi romanzi, dei nostri romanzi da centro del mondo. Quella sicurezza imperiale ora si è spostata in America e tu ti trovi a pensare, del tutto a sangue freddo e in maniera completamente egoistica: voglio farne parte. Voglio quell'ampiezza che non si addice più all'Inghilterra. È interessante che tu abbia menzionato il XIX secolo, perché negli anni '80 molti scrittori inglesi sono tornati al XIX secolo. Hanno scritto dei pastiche o sono tornati all'Impero o alla seconda guerra mondiale. Hanno abbandonato gli anni '80, che nel tuo caso sono diventati il tuo soggetto. Sì, c'è qualcosa di vero in questo, anche se a mia volta l'ho fatto adesso, sono tornato indietro, letteralmente a ritroso, alla seconda guerra mondiale. Ma non sono spinto a questo da un interesse alla David Hare per le implicazioni politiche della seconda guerra mondiale. Penso che quanto sta accadendo in Inghilterra sia estremamente interessante e noi continueremo a scriverne: se non altro, siamo all'avanguardia del declino e quello che accade a una nazione sviluppata quando supera il suo virile apogeo è eccezionalmente interessante. Intendi dire che, paradossalmente, la Gran Bretagna è diventata all'improvviso ilfuturo perché sta attraversando un processo di declino solo in minima parte in anticipo sugli Stati Uniti o sull'Unione Sovietica? Sta attraversando la propria fase di declino. In America la scena è diversa perché la società è molto più giovane. Noi abbiamo avuto la nostra rivoluzione, straordinariamente, nel XVII secolo. Eravamo avanti e lo siamo tuttora, ma persino l'essere avanti in qualcosa ti spinge sempre indietro, verso il passato, semplicemente perché le cose non procedono in linea retta. Quando scrivevo di una Londra del futuro in Territori londinesi era Dickens lo scrittore al quale pensavo maggiormente. Ci sarà regressione e illusione, e questo avrà a che fare col passato, perché il futuro è tanto più vuoto, almeno per gli inglesi. Dickens è un punto di riferimento anche in qualche altro senso? Sì, Dickens ama scrivere della società intera. Gli piace capire cos'è che unisce Lady Dedlock a Joe lo Spazzacamino, cosa, questa, che interessa moltissimo anche me. Gli piace vedere la società come un insieme misteriosamente interdipendente. 60 Territori londinesi è un romanzo millenarista, e non soltanto perché è ambientato nel 1999. Quasi tutto è in declino. È un secolo che muore, un millennio che muore, quasi tutto che muore. Sì, la fine della storia. È un tema millenaristico. Ma c'è una brama di rinnovamento, di redenzione, di un nuovo inizio. Una volta hai detto che Saul Bellow era fortunato ad avere Chicago. Sei fortunato allo stesso modo ad avere Londra? Mi sta bene. Non penso di distorcere le cose, quando scrivo di Londra. Se la gente si lamenta, io dico solo: non state guardando là dove guardo io. Non dico che la mia sia la sola verità, ma sicuramente è parte della verità. Se ti interessa la bruttezza e il sudiciume, e gli aspetti comici di tutto questo, allora Londra è sicuramente il posto giusto. Hai detto che provi un grande conforto al pensiero che, quando morirai, i tuoi figli potranno sapere un sacco di cose su di te, leggendo i tuoi libri. Cosa scopriranno? Che ho notato delle cose e che ero divertente, essenzialmente. Scopriranno il tipo di cose che ho notato e il tipo di cose che ho trovato buffe. La prima volta che ho letto i libri di mio padre, ho pensato che fosse come parlare con lui, solo meglio, in maniera più intensa, e presumo che sarà questo che loro sentiranno, leggendo i miei libri. È la voce, riconosci la voce. Quando leggo i libri di mio padre, lo sento parlare. Spero che loro mi sentiranno parlare. Dal volume di interviste New Writing, di Christopher Bigsby (1992). Copyright dell'autore. école Labellascuola. Mensile di idee per l'educazione Abbonamento annuale (9 numeri) L. 40.000 ccp. 26441105 intestato a SCHOLÉ FUTURO Via S.Francesco d'Assisi, 3 Torino Te!. 011.545567 Fax 011.6602136 Copie saggio su richiesta Distribuzione in libreria: PDE
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