Linea d'ombra - anno XI - n. 79 - febbraio 1993

INCONTRI/ AMIS Hai un'attrazione quasi gotica per l'eccesso e la decadenza. Cosa c'è alla base? Penso all'inizio, nel secondo e nel terzo romanzo, forse ... C'era senza dubbio una sorta di decadenza in Money. Penso si tratti più di declino che di decadenza. In Inghilterra si scrive di una società che ha a che fare più col declino che con la decadenza. Questo implica che sei un realista? Sei come una mosca in una bottiglia di latte, non puoi far altro che assorbirne un po'. Questa realtà io l'ho amplificata, esagerata, ne ho fatto la caricatura, l'ho resa grottesca, e di tutto questo si è sicuramente consapevoli. Ma un comportamento negativo e il sudiciume, bene, certamente devono interessarmi moltissimo. È noto che Leavis ha detto che il primo problema morale per uno scrittore è la scelta dell'argomento. Ora io so per certo che non si tratta di una scelta, ma di un atto di riconoscimento. Come scrittore puoi anche dire, con una stanca alzata di spalle: questo è il mio soggetto; può anche non piacerti molto, puoi disapprovarlo in tutti i modi, ma quando ti metti a scrivere è quello il tuo soggetto. Comportamenti negativi, sudiciume, decadenza, declino certamente ricorrono nella mia opera. Devono essere il mio argomento. Ma io non li ho scelti. Se sei uno scrittore satirico, la cosa implica che sei un moralista? Ho paura di sì. Ma non penso di essere uno scrittore satirico. Definire la satira ironia militante è come fare una professione di fede a metà. Significa invece mettere in chiaro nettamente ciò che disapprovi, senza dover dire che cosa si approva. Direi però che disapprovare non mi interessa molto. Ma sei un moralista nel senso che esiste una specie di punto fermo a partire dal quale operi. Sì, nella mia mente è incredibilmente chiaro in che misura i miei personaggi trasgrediscono. Penso di essere un inguaribile freudiano in questo senso. Penso solo che sono così per via delle cose che sono loro accadute, per il luogo in cui vivono, per le possibilità che hanno avuto. Sento persino simpatia per il mio dottore nazista, o qualcosa che si avvicina a questo sentimento. Non riesco a concepiré di creare un personaggio per il quale ho nutrito odio. Non penso che coloro che commettono anche i più tremendi e bestiali crimini riescano poi a scamparla. Credo paghino un prezzo molto alto. Scrivere è un modo per civettare con il pericolo? È una specie di modo controllato di immaginare percorsi alternativi? Sì, come ha detto Philip Roth - e credo che Philip Roth sia stato a volte eccessivamente realista - non si scrive di quello che è accaduto, ma di quello che non è accaduto. Puoi avere una situazione con persone reali, ma questo non è abbastanza interessante per un romanzo; non avrà mai una forma attraente, non significherà mai niente, non avrà mai forma letteraria. Perciò pensi: "Cosa sarebbe accaduto se lei lo avesse sposato?". Ed è da qui che parti. 58 Ma forse è anche un modo per dare licenza alla tua libido, un modo per farle intraprendere un viaggio che tu avresti esitato a fare. Sì, libido, ma anche frustrazione e aggressività. Prendi per esempio la scena di apertura di Money. L'abietto tassista dice che dovresti ammazzare tutti i neri. Questo è realmente accaduto. È un fatto vero. Ma io non ho reagito allo stesso modo del mio eroe. La realizzazione del desiderio è per me più in questo che in qualsiasi episodio di sesso. Hai più coraggio. Nella realtà pensi: "Oh Cristo, la vita è troppo breve per cacciarmi nei guai con questo mostro che sta al volante"; ma nei tuoi romanzi puoi immaginare di farlo, e puoi immaginare come sarebbe andata. Forse è più una specie di proiezione che la realizzazione di un desiderio. Senti che scrivere romanzi in Inghilterra non ti conferisce lo stesso ruolo di cui gode, per esempio, uno scrittore in Sud America o nell'Europa dell'Est? Senti di diventare marginale, un intrattenitore con licenza? Sì, ma sono molto felice di fame a meno. Penso che alcuni scrittori anelino alla centralità che gli scrittori hanno in altre società, ma questo offre un lustro in più del quale faccio volentieri a meno. È questa la tradizione di cui faccio parte. Tuopadre una volta si è lamentato delfatto che il tuo è uno stile eccessivamente vigoroso. Pensi ci sia del vero? A volte forse, ma è una questione di gusto. Lui diceva che nei miei romanzi ci dovrebbero essere più frasi del tipo: "Finì il suo drink e se ne andò". Bene, penso ci dovrebbero essere meno frasi di questo tipo nei suoi romanzi. Niente deve andare sprecato in un romanzo; ogni frase dovrebbe fare la sua parte. Non ci dovrebbero essere zone morte. Lo stile non è la glassa, ma un ingrediente, forse l'ingrediente principale nel tuo modo di concepire le cose. Quando scrivi, cerchi di rendere questa percezione quanto più chiara possibile, è questo che fai in realtà.Una percezione complessa avrà bisogno di una frase complessa. Non mi piace la scrittura limpida come un torrente di montagna, la prosa da voto di povertà. Non si addice al mio carattere. Preferirei lavorare in un ufficio di contabilità, piuttosto che vagare per le strade con una fascia intorno ai fianchi. In effetti, tu hai affermato che tutto, per te, si incentra sulla scrittura più che sulla storia. Molto più sulla scrittura che sulla storia, certo. Quello che voglio da un intreccio o da una struttura, è qualcosa che lasci fluire l'invenzione comica, e situazioni interessanti. Sono alla ricerca di opportunità per descrivere le cose che mi interessano. Come può allora un libro come Other People rispondere a questo? Capisco che, in un certo seRso, sia derivato dal desiderio di osservare le cose con uno sguardo nuovo, di aggiungere qualcosa alla realtà; d'altra parte però, laforza narrativa di quel libro è ugualmente importante, non credi? C'è molto più intreccio che nella maggior parte delle mie altre opere, ma l'intreccio ha cominciato a funzionare quando il lavoro era già a buon punto. È stata la premessa che mi ci ha condotto. Il libro sull'olocausto è simile, perché è scritto con lo sguardo rivolto

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