STORII/MILLHAUSIR insieme nei boschi e nei campi gelati dall'inverno, schettinarono sul Black Lake, e affittarono una slitta con "bellissimi intagli e morbidi cuscini, tirata da due cavalli, uno bianco e uno nero", con cui percorsero lungamente la campagna deserta e selvaggia. Elizabeth era ancora in buona salute in aprile, quando Sophia e William tornarono da Boston al loro cottage sul Black Lake, ma a metà maggio ebbe un improvviso peggioramento e dovette restare a letto prostrata da emicranie e violenti conati di vomito. In giugno era tornata al suo stato di semi-invalida e riceveva i suoi ospiti nella stanza da letto o sul divano della cucina-salotto. Le annotazioni sul Diario sono molto irregolari in giugno e luglio: lunghe, dettagliate relazioni nei giorni di relativo benessere alternate a brusche, frammentarie annotazioni o a un completo silenzio. Malgrado questi vuoti, siamo in grado di seguire piuttosto dettagliatamente lo sviluppo dell'Autoritratto, giacché, contraddicendo le consuetudini, Moorash parlò dell'opera molto di più di quanto era abituato a fare. Emerge dunque l'evoluzione di uno schema che divenne ben presto una vera ossessione. Di tale schema si fa menzione la prima volta il 6 giugno, un mese dopo che l'Autoritratto è cominciato: Moorash intende mostrare il dipinto a Sophia "per aprirle gli occhi". Il quadro non è "per" Sophia ma egli vuole che "sia svegliata dal suo lungo sonno". Sta forse pensando a se stesso come il principe trionfante che scala la torre di Dornroschenen? Elizabeth è scettica circa questo piano: a parte la resistenza di Sophia a comprendere l'opera di Edmund, c'è anche il problema di attribuire uno "scopo" al lavoro artistico. Moorash ribatte che un quadro deve invece avere proprio il compito di "stimolare i sentimenti" - perché dunque non dovrebbe stimolare i sentimenti di Sophia? Elizabeth gli chiede se è esattamente questo che vuole. Moorash ride e risponde che le vie del demonio sono misteriose - forse riuscirà a prender possesso dell'anima di Sophia proprio attraverso il suo quadro. Elizabeth, sconvolta dalla risposta, resta in silenzio. Il 18 giugno Moorash è scoraggiato e pensa di distruggere il dipinto, ma il 20 giugno è di nuovo al lavoro. Il 26 giugno Elizabeth riceve la visita del dottor Long dopo una notte travagliatissima. Il giorno dopo Moorash, che stava dipingendo nel fienile, si trasferisce nello studio al primo piano per stare più vicino a Elizabeth. Dopo un vuoto di otto giorni, il Diario ci dice che il 5 luglio Elizabeth ha fatto una passeggiata a piedi con William e Sophia. Il 7 luglio Moorash dice ad Elizabeth che per lui sarebbe sufficiente se Sophia fosse "messa di fronte all'evidenza". Le sue intenzioni sembrano mutate: ora desidera toccare il suo senso morale. Di lì a una settimana i dubbi lo soffocano ed è sul punto di distruggere il quadro, ma poi ritrova entusiasmo e torna a lavorare "furiosamente". Il 17 luglio Moorash proclama che "un dipinto dev'essere un pugnale diretto al cuore". Ha ancora cambiato idea: ora vuole "ferire" Sophia con la sua arte. Il 18 luglio Elizabeth gli chiede se vuole, per l'appunto, ferire Sophia con il suo ritratto. Moorash diventa pensieroso e risponde: "No, voglio che mi guardi. Lei non mi ha mai visto." Il continuo emergere di intenzioni in contraddizione l'una con l'altra durante l'esecuzione dell'Autoritratto è forse indicativa di uno stato mentale confuso, ma è pur vero che l'instabilità delle posizioni estetiche rimandano sempre a un tema: è come se Moorash volesse mettere in luce il potere che la pittura ha di toccare il cuore di chi guarda, di penetrare nella sua mente. Il 22 luglio è 52 "quasi contento" del ritratto. Il 23 luglio chiede a Elizabeth se lo vuole vedere e deciderne il destino. Si chiude per tre giorni nello studio a lavorare febbrilmente e la sera del 26 luglio porta giù la tela, coperta con un panno bianco, e la monta su un cavalletto ai piedi del letto di Elizabeth. Le si mette dinnanzi e la scruta da vicino mentre solleva il panno. Più tardi, quella stessa notte, Elizabeth annotò con mano rapida, eccitata, gli eventi del 26 luglio. Il,dipinto "mi esalta e mi spaventa - mi perfora fino all'anima." E "oscuro e terribile - l'immagine di Satana - oscuro." Negli occhi terribili vede "sofferenza - e malinconia - e il male indicibile". "Non può tollerare" di guardarlo "e tuttavia- e tuttavia". Pregò Edmund di lasciare il dipinto nella sua stanza per quella notte, onde poterne parlare con lui il mattino dopo. Gli eventi del 27 luglio sono narrati senza rigore e gusto del dettaglio, anche se il profilo generale è sufficientemente chiaro: non c'è nessuna ragione di dubitare dell'accuratezza della Relazione di Mrs. Duff. Edmund si alzò presto e scese per la colazione, che consumò da solo nella cucina-salotto. Elizabeth dormiva talora fino a tarda mattinata o più oltre, e Moorash faceva molta attenzione a non disturbarla. Tornò di sopra, forse per riprendere a lavorare a un quadro lasciato da parte alcuni mesi prima, ma fu interrotto dal grido di Mrs. Duff. Si lanciò giù per le scale. Elizabeth era priva di conoscenza e respirava discontinuamente. Edmund ebbe un attimo di esitazione prima di lasciare Elizabeth con Mrs Duff e fare di corsa il mezzo miglio fra Stone Hill e Saccanaw Falls, dove scoprì che ilmedico del paese stava facendo il suo quotidiano giro di visite a domicilio. Affittò immediatamente un calesse per portarlo a Strawson, ma gli fu detto che il dottor Long era al capezzale di un paziente che stava a sei miglia di distanza. A Strawson riuscì a trovare un secondo medico, un certo dottor Parrish, che tornò con lui a Stone Hill. Il dottor Parrish entrò di corsa nella stanza della malata, si piegò su Elizabeth e ne constatò la morte. Un quarto d'ora dopo che il medico si fu congedato - non è chiaro quanto tempo rimase - arrivarono Sophia e William. Erano ancora sulla porta quando Mrs. Duff li informò della morte di Elizabeth. Sophia si lanciò, senza più governo di se stessa, nella stanza, seguita da Mrs. Duff, e si gettò in ginocchio accanto a Elizabeth. Piangendo istericamente, prese fra le sue la mano di Elizabeth e cominciò a baciarla freneticamente e a premerla forte sulle guance inondate di lacrime. William rimase per un momento nell'ingresso, sconvolto e tremante, prima di entrare nella stanza e di sedersi, lasciandosi cadere a peso morto, sulla sponda del letto, poi si piegò su se stesso prendendosi la faccia fra le mani. Moorash sedeva senza tradire alcuna emozione su una sedia dall'altra parte del letto. Improvvisamente Sophia si levò in piedi, lanciò uno sguardo feroce tutt'intorno, e si mosse con passo deciso verso un piccolo tavolo da cucito: aprì un cassetto e prese un paio di forbici dalla lama lunga e affilata. Con un grido lacerante che veniva dal profondo, corse verso il quadro, tuttora appoggiato sm cavalletto ai piedi del letto, e cominciò a sfregiare con le forbici il volto che vi era dipinto. Durante questa esplosione di rabbia Moorash si limitò a fissare Sophia dalla sua sedia senza muovere un dito. Dopo aver inferto molti colpi alla tela, Sophia cadde sulle ginocchia, alzò gli occhi al soffitto, e si cacciò le forbici in gola con tutte e due le mani. Non appena ella sollevò le braccia per colpirsi, Moorash balzò dalla sedia ma non fece a tempo a impedire che le forbici penetrassero
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==