STORIE/ MILLHAUSER In un pomeriggio di fine giugno Elizabeth, sdraiata nel suo letto, fece a Sophia una singolare proposta. 24. SOPHIA PINNEY (1844-1846) Olio su tela, 87,63 x 71,12 cm Di un ritratto di Sophia il Diario di Elizabeth parla per la prima volta nel maggio del 1844, benché non è certo che esso sia la stessa tela alla quale si dice che Moorash lavori in dicembre. L'ipotesi più probabile è che egli abbia cominciato due quadri e che abbia abbandonato il primo a favore di quello sopravvissuto che tradisce una netta somiglianza con il ritratto di William Pinney e può averne subito l'influenza. Il dipinto fu mostrato a Sophia il 3 I agosto 1845, tre settimane dopo che William ebbe modo di vedere il proprio ritratto. Ciononostante, pare che Moorash abbia continuato a lavorarci per poche settimane, prima di passare, alla fine di settembre, alla Sonata della Morte. Deve esserci tornato sopra brevemente nei primi mesi del 1846, ma non possediamo conferme in merito (cfr. Havemeyer). Compaiono di nuovo il lago e la linea di colline, questa volta immersi nell'incerta luce di una sera estiva. Incombente sulla scena, come fosse lo spirito del lago, c'è un'eterea e altissima Sophia: la parte inferiore del suo corpo tende a svanire nell'acqua, la parte superiore si allunga torcendosi attraverso il lago e dietro di esso. I capelli fluttuanti continuano le liquide linee del corpo e si svolgono tortuosi fra le colline. Le linee ininterrotte che disegnano la fisionomia della creatura, guizzando avanti e indietro lungo la tela, creano una paradossale sensazione di energia e riposo, come di un uccello in volo; il volto, che si stenta a leggere in termini umani, è CharlesLoringElliott, CorneliaPerkins. sopraffatto dalla sofferenza. Elizabeth, che vide il ritratto la prima volta in compagnia di Sophia, scrive nel Diario (31 agosto 1845): "Come fosse scolpito dalla luce. Quando E. dipinge va dritto ali' anima, senza tener conto di alcuna circostanza esteriore. Perché la pena di S. risveglia in me un tal frastuono, una tal baraonda di sentimenti? Lei mi guarda come se io fossi tutta circonfusa di bianco principesco dentro la mia bara. Basta! Ridere sarebbe la mia sola medicina. Ah, come lo bramo! Sono diventata crudele?". La visione di una Sophia sofferente può essere stata "profetica", come Havemeyer sostiene, e può essere stata un "rovesciamento psichico" (Altdorfer, 216) grazie al quale Moorash ebbe modo di trasporre la propria sofferenza d'amore dentro le fattezze della donna che l'aveva rifiutato, ma i fatti ci dicono che Moorash non stava facendo un immaginario salto nel buio. Sophia Pinney poteva anche mancare di grandezza spirituale, ma non era certo una superficiale egocentrica come talora è stata fatta passare. Non amò Moorash né fu in grado di capire la sua arte ma seppe comportarsi mirabilmente in circostanze estremamente difficili; e nella sua appassionata devozione nei confronti di Elizabeth superò se stessa attingendo a un'altezza di spirito dalla quale ella talora si trovò a guardar giù atterrita. Elizabeth era una donna potente che esercitò una sorta di incantesimo su Sophia, ben più forte di quello con cui Moorash legò a séWilliam Pinney. Sotto quell'incantesimo, Sophia diede alla sua esistenza una forma che venne via via somigliando a quella di Elizabeth, poiché, nonostante Sophia non gradisse riconoscerlo apertamente, la sua decisione di vivere con il fratello a Black Lake era chiaramente ispirata a quella di Elizabeth di dividere la vita con Edmund. Sophia era tanto disponibile nei confronti di Elizabeth quanto era ostile al fratello di lei, e abbiamo visto come la sua acuta sensibilità finisse per l'assumere la forma inquietante di una sofferenza empatica. Nei primi tempi della malattia di Elizabeth, nulla rendeva più felice Sophia del sedere con Elizabeth nella sua stanza per interi pomeriggi, leggendo per lei ad alta voce o restando in silenzio assoluto se necessario, offrendo il suo aiuto alla minima richiesta, e trascorrendo quelle lunghe ore tessendo uno scialle per Elizabeth o rovistando fra gli utensili nel cassetto da cucito di Elizabeth alla ricerca di filo, ditale, ago e forbici che ella utilizzava per rammendare i vestiti logori di Elizabeth. Non appena, però, la malattia dell'amica peggiorò, i sintomi di Sophia divennero più evidenti; e, com'è attestato da diverse lettere a Fanny Cornwall e a Eunice Hamilton, la sofferenza di Sophia fu acuita dalla consapevolezza che, a causa delle emicranie che la prostravano, non era sempre in grado di stare accanto a Elizabeth. In ogni caso si sentì profondamente impotente davanti al progressivo declino di Elizabeth. Era assolutamente convinta che la convivenza di Elizàbeth col fratello le era letale, e mai perdonò Moorash per aver indotto la sorella - questa era l'interpretazione di Sophia - a non sposare William. Il desiderio di vedere Elizabeth al fianco di William pare genuino, quand'anche suoni improbabile che ella non abbia patito il sentimento della gelosia. Non suona così assurdo il fatto che, dentro di sé, ella desiderasse ciò che non si sarebbe mai permessa di esprimere come desiderio, vale a dire, una vita da sola con Elizabeth. In ultima istanza, era certamente gelosa della devozione di Elizabeth nei confronti di Edmund. Nell'estate del 1845 quella devozione conobbe una strana trasformazione che sembra aver molto colpito Sophia. 49
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