STORIE/ MILLHAUSER così pare che ella abbia fatto. Come se niente fosse accaduto, riprese la consuetudine delle visite notturne, proprio mentre Moorash dipingeva in rosso. 21. TOTENTANZ (1843 - 1845) Olio su tela, 112,39 x 138,43 La datazione degli ultimi quadri di Moorash non può che restare incerta, per due motivi. Primo: negli ultimi mesi del 1843 prese l'abitudine di lasciare a mezzo un dipinto e di riprenderlo più avanti - potevano passare delle settimane o anche dei mesi - quando aveva già dato inizio a nuove opere che ugualmente abbandonava dopo un intenso primo stadio di lavoro. Il Diario di Elizabeth ci parla di almeno quattro dipinti (ma ne restano solo due) tutti cominciati e portati innanzi contemporaneamente durante un solo mese estivo del 1844. Secondo: lo stesso Diario diventa più frammentario negli anni che precedono la fine, spesso vi si trovano omissioni di intere settimane, nelle quali si legge la progressiva impotenza di Elizabeth, paralizzata da emicranie acutissime e da una gran varietà di oscuri malesseri, la sua difficoltà nel trascrivere con la consueta abbondanza di dettagli gli eventi della vita in comune. Se si esclude l'ultimo, fatale dipinto, di nessun altro degli ultimi lavori possiamo affermare con certezza che sia stato portato a termine. La prima menzione sicura della Totentanz (Danza di morte) è nel Diario di Elizabeth del 23 giugno del 1844: "Giornata grigia. Edmund è tornato alla sua Danza di Morte - dice che adesso non gli 'sfugge' più". Questa oscura annotazione ci suggerisce che Moorash stava tornando a un dipinto cominciato prima, e nell'autunno del 1843 vi sono molte annotazioni (cfr. Havemeyer per un resoconto preciso) che ci lasciano presumere che egli avesse posto mano o intendesse por mano a un dipinto di tema mortuario verso la fine di ottobre. L'ultima citazione della Totentanz è della primavera del 1845: "Edmund ha messo ancora una volta da parte le sue Danzatrici della Morte (sic)" (2 maggio 1845). Appartiene ali' ambito delle congetture chiedersi se abbia ripreso il lavoro prima della sua morte, nell'estate del 1846: Havemeyer individua due periodi di lavoro, mentre Sterndale sostiene che Moorash non sia mai più tornato al quadro, dopo aver cominciato l'ultima serie di ritratti. Moorash possedeva incisioni della serie di disegni di Hans Holbein il Giovane Der Totentanz (1524) e Das Todesalphabet (L'alfabeto della morte, 1524), nonché incisioni da La grant danse macabre des hommes et desfemmes stampate da Nicolas Le Rouge nel 1496, e tuttavia il modo in cui egli tratta il soggetto è così radicalmente originale da invalidare la ricerca di un modello: nella sua immaginazione c'era abbastanza materia - senza bisogno di · più vaste sollecitazioni - perché il tema di una Danza della Morte divampasse da solo. La concezione è scarna, essenziale, inquietante: da un fondo oscuro che a tutta prima appare vuoto e nero si staglia una linea di cinque figure trasparenti, lattiginose, che sembrano di volta in volta fondersi con l'oscurità o fluttuare in una sorta di fantasmatica semivisibilifà. Le figure, che paiono possedere la proprietà di sottrarsi a un'indagine ravvicinata, sembra stiano danzando o facendo baldoria - hanno con sé, bastoni, campane I li, 44 un tamburino - e sono oggetto di una strana alterazione come se i gesti in cui sono fermate fossero stati sospesi innaturalmente. La prima figura, coi suoi occhi vuoti, il naso camuso, le avambraccia sottili e legnose, si rivela, solo dopo averla messa bene a fuoco, uno scheletro; le altre quattro sono due uomini e due donne (dai lunghi capelli che fluttuano lugubramente nell'aria come fumo). E, tuttavia, l'aspetto più singolare e misterioso della Totentanz resta la sua mutevolezza, il modo in cui continuamente assume, per chi la osserva, parvenze "diverse" a chi la osserva: si è inevitabilmente indotti a cambiare punto d'osservazione - si arretra, ci si avvicina, ci si sposta di lato - nel mero sforzo di fissare la visione. Il fondo, preso in se stesso, è già un capolavoro di tenebra, un lirica esercitazione sui toni dissonanti del buio. Oscure sagome affiorano visibili, solo per rivelarsi· curve di brusche pennellate, che poi sembrano ancora sedurre l'occhio evocando nuove forme che, incerte, appaiono e dispaiono continuamente. Delle informazioni sulla tecnica compositi va di Moorash ce le dà il Diario di Elizabeth: sappiamo, ad esempio, che egli dipingeva, su un fondo di biacca di piombo e olio, un paesaggio più o meno convenzionale, che finiva per essere ricoperto da uno strato di pigmento nero, ma applicato in modo tale da lasciar affiorare, attraverso taluni tagli prospettici o un particolare tipo di illuminazione, una vaga, umbratile nozione del paesaggio oscurato. Sappiamo che Moorash fece esperimenti con smalti e colori opachi. Sappiamo che per un certo periodo fu ossessionato dal colore dato lasciando intatto tutto il suo spessore, e che provò ad agire su quello spessore per dar modo alle immagini seppellite di emergere. È in questo contesto che cominciamo a sentir parlare di una serie di dipinti, tutti perduti, chiamati di volta in volta 1Quadri Stregati, 1Quadri Spettro e Le Tele Fantasma, ai quali sarà utile prestare un poco d'attenzione. Oltre ai sei quadri del 1844-1846 che sono rimasti, c'è un numero non quantificabile di dipinti andati perduti - presumibilmente distrutti dallo stesso Moorash - a cui fanno cenno di tanto in tanto il Diario di El izabeth e talune lettere di Elizabeth e William Penney agli amici. Fra i dipinti perduti - se ne contano, a seconda delle fonti, da sette a quindici - ce n'è un gruppo più piccolo noto col titolo comune di Quadri Stregati, ai quali Moorash lavorò a più riprese, ma soprattutto durante l'estate e l'inizio dell'autunno del 1844. Di questi almeno sei devono esserci stati davvero: Elizabeth ne era attratta e terrorizzata, e nel Diario ne fornisce alcuni dettagli. Dalle sue descrizioni risulta palese che tutti i Quadri Stregati erano caratterizzati da fondi scuri, grevi di colore, da pallide figure trasparenti che parevano annegare nello spessore dello smalto, e dall'ambiguità che suscitavano in chi li guardava: Elizabeth non era mai certa di ciò che stava vedendo. Moorash vi accennava sempre, col fare di chi è pronto ad abbandonare l'opera, come alle sue "trappole di spettro", ma continuava a lavorarci. I quadri turbavano profondamente Elizabeth: li dice "brillanti ma sinistri" e comincia a sentirsene ossessionata! Il 12 agosto 1844 riporta un interessante scambio di battute: Elizabeth: Comincio ad avere la sensazione di vivere in una casa infestata dai fantasmi! Edmund (stringendosi nelle spalle): Non è una gran novità. Tutti i quadri sono dei fantasmi. Dopo essersì concentrato sui Quadri Stregati, fra l'estate e
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