STORIE/MILLHAUSER dal luciore ancora più cupo del lago. Il cielo è nel lago, e il lago è nel cielo, e su tutto si coglie la luce che irradia da una luna invisibile. Qui Moorash abbandona i suoi spessi impasti per una superficie sorprendentemente piatta, liscia, anche se, attraverso l'uso degli smalti, non manca di conferire profondità ai suoi blu. I blu scuri, luccicanti, la misteriosa immobilità, la specularità di cielo e lago, tutto provoca nell'osservatore l'attesa di un ascoso significato, come se il dipinto alludesse a una rivelazione che si rifiuta di fare. Il lago è il BlackLake, come chiaramente ci rivela un disegno preliminare, che comprende oggetti in primo piano perfettamente identificabili: fra le colline che tracciano la lunga linea nera c'è quella dove William Pinney aveva costruito il suo cottage. Una lettera da Sophia all'amica Fanny Cornwall del 3 settembre 1839 rivela che la notte del 31 agosto William si dichiarò ad Elizabeth, evento del quale il Diario di quest'ultima stranamente tace. La dichiarazione turbò moltissimo Moorash, il quale era profondamente legato alla sorella, a lei virtualmente sposato - in un senso da non fraintendere - ma anche ben consapevole del diritto che lei aveva di scegliersi la formula di vita che più desiderava. I sentimenti di Elizabeth sono più difficili da individuare, e, in parte, proprio per il fatto di non aver voluto o potuto scrivere nemmeno una sillaba sulla proposta di matrimonio di Pinney. Non v'è dubbio che William le piacesse immensamente. È anche probabile che lo amasse, ma la proposta la gettò in un profondo stato di incertezza, talora molto vicina alla disperazione, che durò tre giorni. Il quarto giorno, giorno in cui William doveva far ritorno a Boston, lei gli disse di no. Non si sa che cosa la indusse a rinunciare a William, e di conseguenza a una vita "normale": il suo amore per Edmund giocò senz'altro un ruolo fondamentale, e tuttavia l'ardente e contorto amore che provava per il fratello non dovrebbe essere ridotto alla banalità di una perversione. Fra l'altro, aveva paura che la sua assenza avrebbe potuto nuocergli, dato che lui era completamente incapace di badare a se stesso, e una volta disse per burla che se non era per Elizabeth poteva anche morire di fame, per mera incuria o distrazione. Se in qualche modo ebbe a safricarsi - e non è detto che fosse davvero innamorata di William Penney - lo fece per amore dell'arte di Edmund. Moorash lavorò al Clair de lune verso la metà di settembre, meno di due settimane dopo il rifiuto di Elizabeth. Nel dipinto si può intuire la volontà di sottrarsi alla violenza delle sue sensazioni e di assaporare, invece, una quiete sublime, come se egli tornasse col pensiero ai primi giorni dell'estate, quando le due coppie di fratelli e sorelle attraversavano una notte dopo l'altra il lago incantato per farsi visita. Molte annotazioni nel Diario di Elizabeth alludono alla felicità che quel luglio e quell'agosto il fratello stava provando, di giorno dipingendo senza pause nella stalla e di notte vagando e assaporando il tepore e il dolce profumo del1' estate in compagnia della sorella, del suo amico, e della sorella dell'amico, che era anche amica di sua sorella. Non si fa fatica a riconoscere la duplicità presente in Clair de lune, come riflesso, in un certo senso, dell'armonia che regnava fra le due coppie, l'una doppio dell'altra. L'amicizia fra i quattro doveva durare ancora sette anni ma non riguadagnò mai la serenità e l'innocenza di quell'estate. 38 14. NACHTST0C(K1840) Olio su tela, 97,79 x 77,08 cm Non si riesce a immaginare un contrasto più voluto con Clair de lune: qui tutto suona opprimente, claustrofobico, incombente, minaccioso, soffocante. Un'indistinta, innominabile creatura è sospesa nella notte come fumo nero, e domina il buio paesaggio che pare contrarsi sotto di essa. La nera linea delle colline corre alla base del quadro: una simile collocazione crea un paradosso che aumenta la sensazione di soffocamento e di minaccia: un occhio abituato alla pittura in cui gli effetti di dilatazione dell'immensità del cielo proiettano la mente verso mondi eterei, distanti dalle misere preoccupazioni della vita terrena, qui deve fare i conti con una forza oscura, oppressiva che invece la schiaccia contro la fragile linea di colline che pare accartocciarsi come sotto un colpo di vento. La creatura mostruosa della quale il cielo è tutto invaso è resa con estrema perizia, poiché basterebbe solo un tocco in più per cadere nella caricatura; inquietante ed elusiva, presente e assente al contempo, la creatura è ora una mera illusione prodotta dalla forma di nubi temporalesche striate di nere voragini al posto del cavo degli occhi, e ora una forma confusa che incombe sul mondo. Il titolo del dipinto pare derivare dalle Nachtstucke, op.23, di Schumann, ma i pezzi "della notte" o notturni di Schumann non furono pubblicati sino al 1840 e non sono mai citati nel Diario di Elizabeth. È più probabile sentire, nella scelta del titolo, l'influenza delle Fantasiestucke di Schumann, op.12, la collezione di otto pezzi per pianoforte (incluso il tempestoso In der Nacht) che Elizabeth amava far eseguire da Sophia quando i quattro amici erano tutti radunati, a notte tarda, nella sala da musica del cottage sulla spomda opposta del Black Lake. Nondimeno è possibile che il titolo del dipinto non abbia nulla a che fare con Schumann quanto piuttosto con la raccolta di storie di E.T.A. Hoffmann Nachtstucke (2 volumi, 1816-1817). Quale che sia la sua origine, il titolo conferisce al dipinto, grazie alla densità delle consonanti tedesche, una valenza ancora più misteriosa, in netta opposizione, una volta di più, al clima di Clair de lune. Non si sa esattamente quando Moorash abbia messo mano al Nachtstuck, preceduto per altro - così sembra- da due o forse tre dipinti rimasti incompiuti e presumibilmente distrutti. Il Nachtstuck è citato per la prima volta nel Diario di Elizabeth il 30 marzo del 1840, ma il 18 giugno ella scrive che "E. ha cominciato di nuovo il suo Notturno", circostanza dalla quale si può arguire che il Nachtstuck del 30 marzo altro non fosse che uno dei dipinti distrutti, di cui nulla ci è dato sapere. L'unica cosa certa è che questa tela, portata a termine solo alla fine di settembre, fu per Moorash, cosa che non capitava spesso, cagione di molta pena. Fu durante i tempi lunghissimi della realizzazione di questo dipinto che capitò un evento che merita un posto di tutto rispetto fra i più bizzarri e strani episodi che riempiono gli annali del romanticismo americano. Alla fine di giugno, a Strawson, Charlotte, l'adorata moglie di Edward Vail s'ammalò d'un misterioso morbo debilitante. Non riusciva ad alzarsi dal letto; la temperatura era sempre molto bassa; mangiava pochissimo, quasi niente. Un medico del posto diagnosticò una pleurite e raccomandò aria di montagna; al contrario uno specialista in malattie dell'appara-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==