9. FIGURE NELLA NEVE (1838) Olio su tela, 71,12 x 92,71 cm Pare che Moorash abbia cominciato a metter mano a questo lavoro il 10 novembre del 1837, vale a dire il giorno che seguì quella sua notte di furiosa irrequietezza. Elizabeth apre la pagina del 10 novembre con un'annotazione significativa e inequivocabile: "Edmund lavora come un matto". Il 22 novembre scrive che il fratello fa lunghe passeggiate nella neve "per il suo quadro sulla neve". Considerando i suoi tempi piuttosto lunghi è verosimile pensare che stesse ancora lavorando ali' opera cominciata il 10 novembre. A metà dicembre l'abbandona per una Notte di tempesta (lettera a William Pinney, 3 dicembre 1837) che sembra poi aver lasciata incompiuta o distrutta. Torna al "quadro sulla neve" la prima settimana di gennaio e a metà febbraio pare aver terminato il lavoro. Resta incerto in che misura Figure nella neve sia stato composto seguendo il nuovo metodo adottato dall'estate del 1840. Invece di scartare tela dopo tela fino alla constatazione della bontà dell'effetto raggiunto, nell'estate del '40 comincia a lavorare ossessivamente su una sola tela, correggendo, a più riprese, direttamente sul colore, o raschiando le parti indesiderate con un pezzo di pomice, così da costruire gradualmente strati di colore spessi, irregolari, con dei bordi talora nettamente marcati. Figure nella neve è un'opera di transizione: ci sono molte parti corrette, ma l'accumulo complessivo si nota meno di quanto succederà poi. Una lettera di William Pinney (7 giugno 1838) alla sorella Sophia dice che Moorash era "eccitato" mentre lavorava al dipinto, ed è ragionevole ritenere che parte di tanta eccitazione la si dovesse al suo trionfante ritorno alla tecnica di Elizabeth in sogno. La fitta, turbinosa nevicata sfuoca e distorce le due figure appena distinguibili nella furia di bianco, con le sue misteriose sfumature di marrone e violetto. Una striscia di rosso su una figura, forse a indicare una sciarpa, si spande in tonalità sempre più pallide, come se il rosso macchiasse la tormenta, o come se la neve stesse liquefacendo la figura. Uno studio a matita che sembra connesso con l'opera conclusa indica che le due figure appartengono a William Pinney e a Elizabeth, mentre risalgono il sentiero dello Stone Hill Cottage. La pagina del Diario del 6 gennaio 1838 parla di una visita di William "sotto una nevicata tremenda". È evidente che Moorash fece un bozzetto, al quale fece riferimento nel portare a termine il dipinto. Se il bozzetto fu schizzato davvero il 6 gennaio, va da sé che le due figure furono un'aggiunta posteriore al quadro con la neve, ma, nella composizione di altri dipinti, ci sono prove in abbondanza che attestano come Moorash sottoponesse spesso l'idea di un quadro a una significativa revisione durante l'esecuzione, per poi procedere implacabilmente verso la nuova visione. William Pinney, ormai architetto tenuto in crescente considerazione, era un ospite frequente a Stone Hill Cottage. Nella primavera dell'anno seguente costruì un cottage per sé sulla sponda opposta del Black Lake, a circa due miglia da Stone Hill. Non si sa con certezza quando si innamorò di Elizabeth Moorash e tuttavia le lettere alla sorella del 1837 e del 1838 ci dicono chiaramente che egli trovò Elizabeth incantevole. Alla luce degli eventi che seguirono Figure nella neve sembra possedere la sugSTORIE/MILLHAUSER gestività di un presagio, come se Moorash prevedesse l'oscura storia dall'inizio alla fine, ma nulla nella corrispondenza che ci rimane o nel Diario di Elizabeth dà sostegno a tale interpretazione. Moorash non può non essersi accorto del crescente interesse dell'amico per sua sorella, e tuttavia nel gennaio del 1838 William era l'amico di famiglia atteso con più impazienza, accolto con gioia sia che si fermasse un giorno o un mese, una presenza, insomma, che non aveva ancora scosso l'armonia delle cose con la sua dichiarazione d'amore a Elizabeth. Di Figure nella neve si parla giustamente come di uno studio sul bianco realizzato da un giovane maestro ormai sicuro della propria strada. 10. ELISABETH AL CREPUSCOLO: BLACK LAKE (1838) Olio su tela, 77,47 x 95,50 cm Elizabeth faceva spesso passeggiate verso la sponda del Black Lake, il grande, malinconico lago orlato di tifa che si stende per circa due miglia da Stone Hill in un desolato panorama di pietraie, gruppi di conifere in cui campeggia un frassino morto, spaccato in due da un fulmine. Sulla sponda opposta si stendono le basse colline coperte di pini dove William Pinney, nella primavera del 1838, avrebbe costruito il suo cottage. Talora Edmund accompagnavaElizabeth al Black Lake e là fratello e sorella camminavano insieme lungo la sponda del lago intrattenendo animate conversazioni interrotte da lunghi, placidi silenzi. Qualche volta capitava che spingessero fuori dai canneti una vecchia barca a remi che Edmund aveva chiamato Sacagawea e solcassero le acque tranquille di quel lago oscuro, Elizabeth ai remi e Edmund appoggiato a un cuscino con un romanzo di Scotto di Bulwer che teneva aperto davanti a sé senza leggere una parola. Dei trentun dipinti di Elizabeth che ci rimangono - ovvero i diciannove in cui Elizabeth appare da sola e i dodici in cui è insieme a una o più figure-venti tre la mostrano come una figura confusa, distorta o irriconoscibile, mentre gli altri otto sono senza volto o non compare neppure una figura e sono classificati "di Elizabeth" solo in base ai titoli. In un certo senso Moorash non ha mai fatto un dipinto della sorella. E tuttavia la sua presenza nei quadri che le sono intitolati non è da mettere in dicussione. Si può dire che Moorash ha usato la sorella come motivo di ispirazione, e talora in modo alquanto stravagante, ma ciò non esaurisce la spiegazione, poiché, anche nei lavori giovanili si avverte l'elaborazione di un metodo. È significativo il fatto che egli continuasse a chiederle di posare per lui, come se stesse dipingendo un quadro tutto dettagli e rifiniture, tipico del genere accademico. Il Diario di Elizabeth è pieno di riferimenti a lunghe sedute in posa, dopo le quali scopriva che una parte della tela era stata coperta da uno spesso strato di nero tendente al marrone. Il metodo di Moorash non era, come sostiene Havemeyer, "espressionistico", se non nel senso più generico e non storico del termine. Il 12 aprile 1838 Elizabeth scrive: "Nel pomeriggio ho posato per tre ore davanti alla finestra. E. molto soddisfatto di me, loda la mia resistenza. Disprezza l'imitazione della natura - quella vecchia tiritera. Parla del suo sforzo di dissolvere le forme per ridar loro un assetto nuovo così da liberare la loro energia. Arte come alchimia". Ques~i indizi ci suggeriscono un'estetica che non è né espressiva né 35
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