3. RAT KRESPEL (1835) Olio su tela, 76,2 x 65,13 Rat Krespel di E.T.A. Hoffmann apparve nel primo volume di I fratelli di S. Serapione. Non si sa se Moorash sapesse leggere il tedesco ma sua sorella Elizabeth conosceva bene sia il tedesco che il francese e può aver tradotto la storia espressamente per lui dal tedesco o dalla versione francese di Loève-Veimars delle Oeuvres complètes (1829 -1833). Moorash ha raffigurato la scena del disperato dolore del Consigliere Krespel all'annuncio della morte della figlia: Sconvolto,mi abbandonaisu unasedia. Il Consigliere,invece,si mise a cantarecon voce aspra, unacanzoneallegra, saltellandomiintornosu un piede solo.Entrando in casa nonsi era tolto il cappello: il nastrodi crespo trascinavatutt'intorno sul pavimentoe, nelloslanciod'una rapidapiroetta, mi vennea sbattere addosso. Ero già talmente inorriditoda quello spettacoloche nonpotei trattenermidalcacciareungrido. Sembravache volesse trascinarmie avvolgermi nel nero gorgo della follia. I dettagli della scena sono fedelmente riprodotti nel dipinto: i violini sulla parete sono drappeggiati di nero, al posto di un violino pende un serto di cipresso, e Krespel porta un'elsa nera nella quale, al posto della spada, è infilato un archetto. E tuttavia, più della resa così precisa di ogni più minuto dettaglio, colpisce esattamente l'opposto: la furiosa distorsione in cui le linee di forza trascinano i dettagli, il consapevole ed eloquente tumulto formale. Così il fluttuare dei capelli e del pastrano di Krespel si rispecchia nei violini, che, nell'oscuro chiarore della luce delle candele, sembrano torcersi come serpi, e l'ondulazione del la svolazzante orchestra di crespo nero è ripresa dalla curva del leggio sul pianoforte, che pare esso stesso risucchiato nei bagliori rossastri del buio.L'effetto che ne consegue è quello di un nucleo di violenta energia che si diffonde per tutto il quadro. Lo stesso Krespel, in parte tuffato nel nero e in parte illuminato dalla fiamma delle candele, ha i tratti distorti di un nano che fa le smorfie. Eppure, malgrado tali distorsioni, il dipinto mantiene una notevole carica illusionistica, delle linee prospettiche altrettanto definite benché talora ambigue e un punto di vista inequivocabile e centralizzato. Se la scena ha attratto Moorash per le sue potenzialità pittoriche, è pur vero che la storia in sé è nondimeno significativa per le connessioni con la teoria di Moorash - come tale è conosciuta anche se, in realtà, non esiste alcun corpo di pensiero - sulle proprietà demoniache dell'arte. Si ricorderà che la figlia di Krespel è dotata di una voce sovrannaturalmente bella, che in parte le deriva da un difetto costituzionale dei polmoni; se continua a cantare, è destinata a morire. Dell'origine misteriosa dell'arte e del suo effetto fatale - temi gemelli che ossiedono l'immaginazione romantica (si confronti per un'ulteriore variante La figlia di Rappaccini di Hawthorne) - il narratore tedesco offre in questo racconto una delle prime e più memorabili prove. Il quadro, dato per perduto sino al 1951, quando fu ritrovato nell'attico di un discendente di uno zio materno di William Pinney, risulta un poco danneggiato: la superficie del colore è abrasa nell'angolo in alto a destra e in una piccola area alla destra del serto di cipresso. Nota. Dato che Rat Krespel è frequentemente connesso con il movimento fantasmacista dei primi anni del 1830, val la pena STORIE/MILLHAUSER distinguere il lavoro di Moorash dalla pittura di quella scuola assolutamente minore e di breve vita. In lavori come Il cavaliere decollato (1832) di John Pyne e Lenore (1833) di Erastus Washington riconosciamo il caratteristico interesse fantasmacista per le scene macabre ispirate dalla letteratura, l'uso dei contrasti violenti fra luce e buio, nonché la tendenza ad accostare colori stridenti, ma fondamentalmente la tecnica di questa scuola è diametralmente opposta a quella di Moorash. Il tentativo fantasmacista di catturare il macabro, lo strano, il fantastico attraverso il metodo della precisione assoluta; anche il loro amore per inusuali effetti di luce (il tremolare della fiamma di una lanterna, le nubi che si intingono di biancore lunare, la luce di un cielo temporalesco, le fiamme dell'inferno) si esprime attraverso un metodo quasi scientifico dell'alterazione. La loro idea del dettaglio, il gusto della rappresentazione fedele, della squisita rifinitura e della fattura levigata, li riconduce nell'area della pittura accademica contro la quale sembrano a tutta prima ribellarsi. Moorash, invece, anche nelle sue prime prove, è subito incline a dissolvere il contorno degli oggetti, a contraffare l'identità lin.eare, a infondere in ogni parte del dipinto un'energia che pare erompere direttamente dalla tela. Sarebbe per altro interessante sapere se Moorash avesse mai visitato lo studio di Boston di Erastus Washington, del quale una volta egli dà un giudizio ambiguamente positivo in una lettera a William Pinney (5 dicembre 1843): "E comunque, avrei preferito dipingere un solo diavolo di Erastus Washington che tutti i paesaggi di Hudson". (A Moorash piaceva parlare di un artista immaginario di nome Hudson responsabile di tutte le opere dei paesaggisti che lavoravano nella valle dell'Hudson e che non erano ancora stati battezzati con l'appellativo cumulativo di Scuola dell'Hudson River). Erastus Washington (1783-1857), uno degli artisti più eccentrici degli anni Trenta, passò dieci anni a completare un ciclo di oltre cinquecento dipinti in rosso, terra di Siena bruciata e nero intitolato Gli inferi, concepito come prima parte di un ciclo in tre parti, che egli diede alle fiamme, sessantenne, insieme alla sua intera biblioteca dopo una rivelazione mistica ..Trascorse gli ultimi quattordici anni della sua vita a scrivere opuscoli religiosi nei quali inveiva contro l'idolatria dell'arte e asseriva essere la Natura un grande dipinto composto di immagini che rivelano obliquamente la mano di un Maestro invisibile. Se mai Moorash l'ha ammirato, è certo stato più per la sua irruenza e la sua sincerità che per la qualità della sua arte. 4. PAESAGGIO CON NEBBIA, STONE HlLL, DI MATTINA PRESTO (1836) Olio su tela, 66,04 x 81,28 cm La primavera del 1836 era appena cominciata quando, su sollecitazione dell'amico pittore Edward lngham Vail, Moor?s~ lasciò Boston dove si ostinava a restare da due anni, per trasfenrs1 nel villaggio di Strawson a nord di New York. Lì affittò un? villetta "per due sporche lire" ai limiti della città. La campagna gh andava a genio, e in giugno si trasferì nel vicino villaggio di S?c~anaw Falls dove prese in affitto un rustico a circa mezzo miglio dal centr~ del paese con sedici acri di campi, boschi ecor~i d'acqua. Fu presto raggiunto dalla sorella Elizabeth, che aveva vissuto semp~e con i genitori ad Hartford, nel Connecticut. Era da poco entrata m a,
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