CONFRONTI la lingua salvata o come uscire dall'invisibilità Paola Splendore Che cosa raccontano le storie degli emigrati? Raccontano in primo luogo di un passaggio dal silenzio alla parola, dall'invisibilità alla visibilità, e poi raccontano del senso di alienazione, della difficoltà di conciliare il presente con il passato, e della ricerca di una identità che non tradisca le radici perdute. Ma può esserci ancora molto altro, come testimonia la letteratura americana, espressione da sempre di voci di scrittori di culture minoritarie inassimilabili a quella dominante, in primo piano i neri e gli ebrei, e poi i figli degli immigrati, cinesi, italiani, messicani, portoricani, etc. È stato merito di questa letteratura aver spazzato via, dagli anni Sessanta in poi, quel che restava del mito del melting pot, del mito cioè dell'integrazione razziale e culturale, portando in primo piano, con diverse specificità di modi e linguaggi, i temi della riscoperta delle radici e dell'identità. L'opera proposta dalle edizioni e/o, La donna guerriera di Maxine Hong Kingston, pubblicata nel 1975, è stata tra le prime e più interessanti a raccontare un percorso di identità in una prospettiva femminista e multiculturale. Per Maxine Hong Kingston, americana di prima generazione, figlia di cinesi immigrati negli anni Trenta e cresciuta nella Chinatown di San Francisco, diventare adulta ha significato in primo luogo capire la propria differenza e a partire da questa costruirsi una identità. L' educazione mediata dai genitori, fondata sui modelli culturali remoti, la difficoltà del vivere in due lingue e due culture molto diverse tra loro, si sono trasformate nel suo caso in un arricchimento, nella capacità di assorbimento di un patrimonio culturale etnico, riuscendo a sceverare i tabù e i pregiudizi dei valori positivi. Ma prima di tutto Max ine Hong Kingston ha dovuto sconfiggere il proprio mutismo, quell'incapacità ad articolare i propri pensieri davanti agli americani che, come accadeva alle altre bambine asiatiche, le legava la lingua impedendole di parlare, di uscire allo scoperto, facendo riconoscere la propria diversità. "I cinesi che conosco tengono segreto il proprio nome: quando cambiano vita, gli emigrati assumono un nome nuovo e custodiscono quello vero con il silenzio" (p. 9). Infrangendo questo divieto a parlare, a nominare le cose, Maxine Hong Kingston racconta, nei cinque episodi che compongono il volume, la storia delle donne della propria famiglia, cominciando dalla zia "senza nome", morta suicida nel pozzo di casa assieme al proprio bambino bastardo appena nato e cancellata dalla memoria familiare come non fosse mai esistita. Questo episodio, benché aspramente distruttivo, viene 26 presentato come sfida e ribellione nei confronti di un mondo patriarcale in cui le donne non sono tenute in nessun conto. Allo stesso modo, il personaggio della mitica donna-guerriero Fa Mu Lan serve a creare un modello di identificazione oppositivo dell'ideologia familiare tradizionale che considera la figlia femmina poco più di una disgrazia. Anche il recente film di Zhang Yimou La storia di Qiu Ju mostra con nettezza la persistenza di certi modelli culturali in Cina non solo nella lotta indomita e perdente della protagonista contro la burocrazia maschile ma anche nel modo in cui il capovillaggio è insultato dal giovane marito di Qiu Ju per aver avuto solo figlie femmine. Il contenuto autobiografico della Donna guerriera (ma non sarebbe stato più giusto dire la donna guerriero?) si iscrive dunque in un ordito più ampio che racconta della prima generazione di immigrati cinesi in America, progetto che si completa con il secondo volume di Maxine Hong Kingston, China Men, del 1981, che integra nel racconto anche le figure maschili della famiglia dell'autrice. "Tuttora, continuo a fare ordine dentro me stessa - cercando di separare la mia infanzia dalla mia fantasia, la mia famiglia dal villaggio, i film dalla vita" (p. 184). La donna guerriera è dunque insieme un romanzo e un'autobiografia in cui il linguaggio dei fatti si mescola a quello dell'invenzione, personaggi realmente esistiti coesistono accanto ai protagonisti di leggende e canzoni popolari. L'infanzia passata nel retrobottega di una lavanderia cinese a San Francisco, si accompagna - è quasi riscattata - dal racconto di una gioventù mitizzata sulle gesta dell'eroina popolare Fa Mu Lan, la donna guerriero che sostituì in battaglia il proprio padre: nell'episodio delle "tigri bianche" realtà e fantasia danno luogo a Maxine Hong Kingston (Franco Salmoiraghi). un discorso onirico in cui la bambina, identificandosi inpieno con la donna guerriero, prepara per sé un futuro di "donna non-schiava". L'ideogramma donna significa anche schiava in cinese, due concetti che diventano così inscindibili, e questa scoperta dà forza a un progetto e a una storia di emancipazione: "Noi bimbe cinesi imparavamo che sarebbe stato un fallimento se, crescendo, non fossimo diventate altro che mogli o schiave" (p. 20). La bambina immagina allora di trascorrere sette anni di apprendistato nella foresta sottoponendosi alle prove durissime del digiuno e dell'isolamento, dell'addestramento delle armi e del combattimento, prima di poter tornare al villaggio ed essere accolta con gli onori riservati a un figlio maschio, vendicando così il destino di inferiorità riservato al proprio sesso. Il personaggio centrale del libro è quello della "sciamana", Orchidea Coraggiosa, la madre dell'autrice, donna-chirurgo e levatrice in Cina che a 36 anni lascia il proprio villaggio per raggiungere il marito emigrato negli Stati Uniti, dove metterà al mondo sei figli lavorando giorno e notte tra i vapori caldi di una lavanderia. Orchidea Coraggiosa è anche una straordinaria raccontatrice che nutre il proprio immaginario e quello dei figli di storie familiari e leggende rivisitate, storie di eroismo e di riscatto della condizione femminile. Dotata di poteri esorcistici, con dei legami misteriosi con il soprannaturale, è lei che compie sulla figlia ancora bambina una singolare operazione, il "taglio della lingua", che mentre serve a "scioglierle" la lingua, prefigura in qualche modo il suo futuro destino di scrittrice. Maxine Hong Kingston, a suo modo donna-guerriero, cresce osando di essere diversa come le antenate e eroine cui si richiama. La "lingua salvata" le servirà a tirar fuori dal silenzio e dall'invisibilità storie di donne e di uomini altrimenti destinate ali' oblio. li volume, tradotto con cura da Claudia Valeria Letizia, riscatta a sua volta dal!' oblio un libro già uscito molti anni fa in una diversa traduzione nelle edizioni Bompiani, e gli auguriamo questa volta un destino diverso. Aspettiamo presto China Men.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==