una stagione via l'altra, un Pirandello ci vuole. Su Pirandello s'è così incrostato un doppio corso critico, l'uno scritto, l'altro orale. Lo scritto va dalle predilette tesine dei maturandi e dalle tesi di laurea, giù giù fino alle innumerevoli dissertazioni accademiche e convegnistiche ed alle stampe gloriose dei programmi di sala, sfruttando la grande comodità - in cui Pirandello stesso per ingordigia e insicurezza s'accomodò - del labirinto a buon mercato, della profondità in trompe-1' oeil. La cosiddetta teoresi pirandelliana è d'una complicatezza talmente banale che chiunque può nuotarci e sentirsi bravissimo nel provare a sbrogliarla. È uno degli ingredienti che rende smerciabile il prodotto e lo fa di successo. Sicché ogni critico serio - da Debenedetti a Macchia a Sciascia ... - è stato obbligato a trattarla con fastidio rendendone storicamente ragione. Un regista altrettanto serio, come Massimo Castri, trattava tutti i rudimentali preservati vi "filosofici" di Pirandello (il termine no, ma l'immagine è di Giacomo Debenedetti) come futilità per distrarre dal materiale incandescente della distorsione famigliare, che poi lui, Castri, amava però rièondurre a stampini freudiani, pericolo che Pirandello - replicava Sciascia - aveva scansato per un fortunato ritardo, secondo il detto siciliano "cu scanza ura scanza priculu" (Alfabeto ..., p.55). I critici seri sono certo più, ma non tantissimi più, dei tre appena nominati.L'altra faccia del Pirandello dei pedanti è infatti il Pirandello degli scocciati, di quelli che dicono- ma quasi mai lo scrivono - che di tale autore non val la pena interessarsi in profondità, perché sopravalutato, perché ha una scrittura protocollare e di mediocrissima invenzione, perché la sua Yup_piees TerzoMondo. Unfilm di Salvatores Gianni Canova C'è una sorta di fastidioso "determinismo geografico" che serpeggia da sempre nel cinema di Gabriele Salvatores, da Marrakech Express a Mediterraneo, e che si svela in modo esplicito e spudorato in Puerto Escondido. Lo si può individuare nell'atteggiamento - etico oltre che narratologico - che fa scaturire la "catarsi" dei personaggi non dalla storia, dalla società e dalla coscienza, bensì - molto più semplicemente - dalla geografia: basta che il più cinico e cialtrone dei personaggi di Salvatores si sposti in un altrove connotato in modo vagamente esotico-pauperistico (un'oasi nel deserto marocchino, un'isola del mar Egeo, una spiaggia del Messico) perché si svesta immediatamente della parte peggiore di sé e perché ritrovi taumaturgicamente la bontà, I' altruismo e la solidarietà. Come se non fossero gli uomini a costruire i luoghi e le società, ma - al contrario - i luoghi determinassero mec24 CONFRONTI infine è gloria da compito in classe e da teatro. Sulla fama di Pirandello, scriveva Savinio mezz'anno dopo la morte, recensendo la prima degli incompiuti Giganti della montagna al Maggio Musicale Fiorentino - avvenimento solenne, regia di Renato Simoni-, sulla fama di Pirandello "si è pronunciata per lo più gente poco attendibile" (Palchetti romani, Adelphi '82, p.63). Non era solo una premessa: sarà un destino. Per aprire una fessura viva nel doppio corso del Pirandello di legno, Leonardo Sciascia ha puntato l'attenzione sull'orizzonte regionale (non si riesce a capire perché il suo Pirandello e la Sicilia, Palermo, S. Sciascia, 1961, non venga riedito); Giovanni Macchia si è concentrato e si concentra sugli spigoli, sugli odori acri e giocosi della biografia; Alessandro d'Amico, a forza di granelli da formica, trasporta quintali, in un lavoro lungo meticoloso e innovatore su Maschere nude. Il pedante, al contrario, ama fare il portavoce del Pensiero, per autorità allegata, di nomina perlopiù universitaria. Isolati dai pedanti e dagli scocciati, accanto ai pochi critici seri troviamo spesso i nipoti. Qualcuno dirà: il nonno "frutta parecchio", come confessa l'avv. Elsa De Simone, che tutela i 9 eredi, per i quali, nel '93, si chiudono i tempi dei diritti. Cito dal "Corriere della Sera", 12/ 4/ l 992. Il nipote Pierluigi, figlio di Fausto, il pittore, rappresenta l'ala dura: quella che paventa le manomissioni e spesso se la prende con i registi. Visto quel che succede nei teatri, avrebbe moltissime ragioni se non fosse irragionevole la legge in sé. In alcuni casi s'è trattato però d'un vero e proprio sopruso, come per lo sciocco episodio, anni fa, del veto a canicisticamente gli individui e i loro rapporti sociali. Quel che è peggio è che la "catarsi" non riguarda mai solo alcuni personaggi che - aiutati dal "luogo" -portano amaturazione una salutare crisi di identità che li induce a ricostruirsi "diversi". No: nel cinema di Salvatores (e segnatamente in quello dello sceneggiatore Enzo Monteleone) tutti i personaggi sono miracolati dalla bontà dei luoghi, senza eccezioni e senza distinzioni. Il bancario griffato, il poliziotto assassino, la piccola trafficante imbrogliona: basta che abbandonino l'Italia e si trasferiscano in Messico e - oplà! - il miracolo è compiuto: diventano tutti santini di innocenza e di candore. Puerto Escondido come la Lourdes dell'immaginario? Come il santuario simbolico che è meta di pellegrinaggi salvifico-purificatori? A ben guardare, si direbbe proprio di sì. Giacché in Puerto Escondido sono tutti buoni e sperare di Massimo Castri. Assai più tollerante l'altro nipote, Andrea, figlio di Stefano - lo scrittore (il nom de piume era Stefano Landi), giornalista ali' "Unità". Lui non crede alla necessità dei processi, che comunque dal '93 non saranno più possibili. Ma non si tratta solo di soldi, anche di dovere. Sembra che i nipoti, come già i figli, sentano la necessità di trasmettere un'immagine di Pirandello che sanno difficile da definire e lontanissima dall'imperante. "Con nonno ci si divertiva", esordisce Andrea Pirandello in un suo Ricordo pubblicato nell'87 nel catalogo dell'ed. Mazzotta per la mostra milanese Pirandello - l'uomo, lo scrittore, il teatrante. In un'intervista al "Corriere della Sera" (6/2/1986) la nipote Maria Luisa (in questa sua v.estedi semplice testimone e non di scrittrice vien da chiamarla per nome) annotava finemente: "Era giocoso, non allegro, che è un'altra cosa". Aggiungeva: "A volte diceva di essere il conte di Calafuria, padrone di tutte le fabbriche di fiammiferi. C'era sempre del fuoco nelle sue trovate. Difatti egli spiegava che, in greco, il suo cognome significa portatore di fuoco". Anche Ejzenstejn, nei suoi Mémoirs, ricorda come Pirandello vantasse tale etimologia. E lo ricorda un po' seriosamente Nardelli nella prima biografia dello scrittore (L'uomo segreto) accreditata e non sempre fededegna. Parrà strano: ma se fosse proprio in piccoli ricordi e piccole immagini del genere che si nasconde il punto d'una nuova storia di Pirandello? Ad inseguire il Conte di Calafuria ci sarà forse da pensare tutta un'altra vicenda pirandelliana, di tutt'altra energia, d'un impeto quasi fisico, incarnato in una gabbia di parole come una lucciola incarcerata nel corpo d'un vecchio. trovarvi un cattivo sarebbe come pretendere di cercare l'umiltà in un discorso di Craxi o l'eros in una pagina di Manzoni. Come se non bastasse, i "buoni" sono tali senza che nel loro comportamento si noti una qualunque sostanziale differenza rispetto a quel che erano prima: semplicemente continuano ad essere quel che da sempre sono, anche se grazie al "genius loci" riscoprono valori (valori?) come l'amicizia che prima, forse, avevano smesso di frequentare. Nel personaggio di Abatantuono, ad esempio, non cambia assolutamente nulla, se non la diminuita disponibilità finanziaria e, quindi, la forzata rinuncia al consumo. Forzata, si badi bene: giacché la sua principale preoccupazione consiste nel ricorrere a ogni tipo di espediente per procurarsi denaro. Ora, tutto ciò sarebbe pienamente legittimo (ognuno vede il mondo e lo racconta come vuole e come sa) se il cinema di Salvatores non fosse fruito dal suo pubblico (e non si presentasse esplicitarrtente) come un cinema che ha l'ambizione di essere "progressista", "anticonformista" e "di sinistra". E siccome un film (come ogni prodotto culturale) va valutato non tanto e non solo in base all'intenzionalità dell'autore ma anche e soprattutto in funzione dell'uso sociale che il pubblico ne fa, è proprio qui che si genera l'equivoco. Ed è proprio su
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