Linea d'ombra - anno XI - n. 79 - febbraio 1993

CONFRONTI dell'esistenza. Un conto sono le ipostasi, le false totalità, i surrogati religiosi, un conto è riuscire a vedere l'individuo come parte di un tutto più ampio (che non coincide con il Partito o con la Nazione o con la Patria o con la Storia Umana o con il Progresso). Ancorché l'autore paventi l'annullamento dell'individuo nel genere, quella appartenenza mi pare un fatto autoevidente, innegabile, e se la totalità di cui facciamo parte non riusciamo a definirla, a nominarla, non per questo non esiste. Possiamo (impropriamente) chiamarla cosmo o natura o essere, possiamo discutere sul fatto che abbia delle "leggi" più o meno riconoscibili, ma assumerla come inevitabile sfondo della nostra esistenza non è già di per sé autoinganno e alienazione, come vorrebbe Flores. Sempre Nicola Chiaromonte scriveva nel '65 che il riconoscimento del valore inestimabile della vita in quanto effimera, esposta di continuo all'invidia degli dei, è complementare per gli antichi greci alla suprema importanza "di tutto ciò che lega e collega l'individuo alla vita del la comunità; ossia a ciò che dura e continua"; e insomma poneva accanto alla mortalità dell'individuo ("senza rimedio né rivalsa") l'immortalità non della specie umana o della natura ma "della matrice eterna di ogni cosa ... l'ordine eterno e operante di cui l'uomo e la società sono le manifestazioni". Com'è noto, quest' "ordine eterno" si è irreparabilmente frantumato, a partire dal Seicento (nascita della scienza moderna), ma questo non significa che un qualche "ordine" non possa essere percepito dentro l'intimità inverificabile del cuore di ogni individuo, attraverso una "visione" che può illuminarsi in un'esperienza amorosa o creativa o dolorosa. Flores protesta spesso contro una "dismisura" oggi imperante, ma una qualche "misura" può nascere solo da un senso non angusto della condizione umana (che implica, contraddittoriamente sia la separazione tra l'uomo e l'universo e sia il loro misterioso patto originario). Ho poi l'impressione che Flores, pur parlando varie volte del corpo Il buonleviatano Francesco Ciafaloni llsognodelbuongovemo.Apologiadelregimedemocratico (Anabasi, Milano 1992, pp. 188, L. 20.000) di Carlo Donolo è la proposta di una utopia, anche se si tratta di una utopia molto piana, insolita, con i piedi per terra; non una teoria della società o una profezia. Come tutte le utopie è anche una teoria della società. Ma è una teoria della società come si vorrebbe che sia, non come è; anche se ha le radici nella società come è. Il libro non parla della democrazia come sistema di governo, ma, alla maniera di Tocqueville, della democrazia come état socia[, assetto sociale, che è la traduzione italiana corrente, o regime, come dice l'autore, per usare una parola sola, anche se rischia l'omonimia con il termine che indica un governo inamovibile. Il libro quindi non parla di un sistema di regole, che è la democrazia come forma di governo, ma della intera società, dei modi di funzionare, di pensare, di cambiare, di produrre e usare risorse, materiali, morali, mentali di dividersi e ricomporsi, di tendere verso un fine, conservando la propria caratteristica fondamentale, che è quella di essere democratica, cioè autoregolata, di non avere un fine predeterminato nel suo stesso disegno, di non avere una classe politica (nel senso di Tocqueville, cioè una classe che detenga il monopolio della politica), di non avere capo, e in certo senso, neanche capi, di procedere per tentativi, di non rompere le teste, di non ridursi a sola politica, di non mettere la politica al primo posto, ma di riuscire a trovare, se necessario, la virtù e la forza per occuparsi di fini generali e di beni comuni quando è necessario. Il libro è un libro simpatico, dalla dedica "a Marta e Rosamarina, cittadine del sogno", al modo in cui è scritto, chiaro e denso (direi che è la prima volta, a mia conoscenza, con l'eccezione di alcuni articoli brevi, che l'autore riesce a mettere insieme la propria competenza scientifica, che è stata sempre indubbia, con la propria immaginazione letteraria, o capacità espressiva, che invece per lo più ha riservato agli appunti o alla (e della necessità di sentirsi padroni del proprio corpo: illusione capitale!) ci proponga un individuo disincarnato, acorporeo, fondamentalmente coscienzialista. Eppure la storia dell'etica si è ad un certo punto come incrinata, con l'inizio della modernità, proprio su questo punto. La necessità imprescindibile di un qualche dominio sulle passioni e sugli istinti ha dovuto cioè fare i conti con una insuperabilità della costituzione fisica dell'uomo (le varie etiche dell'utile e del piacere). Non si può pretendere da un libro di 200 pagine (e perdi più di intervento "militante") la rifondazione della filosofia pratica. Però la sua etica senza fede (o del disincanto o della democrazia), per quanto fatalmente artificiale, "innaturale", dovrà pure appoggiarsi su una antropologia, su una teoria dell'esperienza, ecc, per non librarsi sul vuoto. Dovrà pure ispirarsi, anche solo indicativamente, a una teoria della natura umana (per esempio quella di Freud, in queste pagine più volte citato come impavido distruttore di illusioni?), dovrà pure ipotizzare il prevalere di certe tendenze o pulsioni in questa natura (siano esse l' hobbesiano amore di sé o la humeana benevolenza limitata). Schierarsi dalla parte della modernità, secondo l'accezione di Flores, significa impegnarsi a far mantenere delle promesse, rispondere a degli "adempimenti pratici", lottare contro le nuove ingiustizie e le nuove arroganze. Però è singolare come in Camus (e nella stessa Weil, seppure con un percorso diverso) la critica dell'esistente conviva con una accettazione dell'esistenza (mutevole ma immodificabile), dentro una contraddizione solo apparente. Per una volta vorrei mettere l'accento su questa accettazione, più che sull'aspetto prometeico, di sfida e di rivolta contro gli dei. Noi non sappiamo se Sisifo è davvero felice (potrebbe non esserlo): sappiamo però che alla fine ha accettato il suo destino (con la sua inevitabile porzione di "male") senza rinunciare alla lotta e alla costruzione quotidiana. Foto di Roberto Koch !Contrasto). 21

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==