consumismo sfrenato o alla televisione che mortifica le coscienze ed esalta i valori negativi, motivando una qualsiasi Dynasty paesana. Pietro Maso e i suoi amici non guardano la televisione. C'è invece un "contesto", che quella televisione ha già tradotto in fatti, è quel contesto che fa da scuola, che alimenta una normalità che non produce mostri, ma che è mostruosa in sé ed è mostruosa, nella sua incapacità di reagire, di interrogarsi, di riflettere, forse perché dentro quella normalità appagante non c'è neppure più tempo per pensare ... Quel contesto che ti dà l'auto e la "bella vita". Poche settimane fa, un altro ragazzo con l'aiuto di un amico ha ucciso i genitori. Tante sono le analogie con il delitto Maso. L'eredità, i soldi, la fretta di disporne. E gli abitanti di Montecchìa, il paese di Maso, provincia di Verona, hanno quasi tirato un sospiro di sollievo. Lo hanno detto: "Vedete non succede solo da noi". Hanno ragione. È accaduto anche a Cerveteri, centro Italia. Ma forse Cerveteri è vicinissima, molto di più di quanto dicano i chilometri, a Montecchìa e ad una infinità di altri paesi, provincia di un'Italia ancora ricca, di un'Italia chiusa, dove non si va a scuola perché si deve guadagnare subito, dove la sera un ragazzo può giocare a poker e perdere soldi in un bar qualsiasi, dove i libri di una possibile biblioteca sono rinchiusi in un deposito umido, dove i segni del prestigio sono l'auto e la villa, dove l'apparenza è tutto (Maso è elegante, Maso si veste bene, Maso si profuma, Maso è cortese con tutti in paese), dove consumismo, ansia di successo, smania di ricchezza non sono le generiche colpe di una "modernità" evocata come un fantasma. Persino i paesaggi sono comuni. Immagino la casa dei genitori di Cerveteri uguale a quella dei genitori di Montecchìa: mattoni e marmi e poi gli arredi, messi assieme nel segno del nuovo benessere e del decoro, vissuti unicamente "per sé", a difesa di sé e nell'indifferenza per gli altri (sono gli stessi genitori di Maso a riconoscere la povertà morale e spirituale di questa condizione, quando decidono di frequentare i frati di Lonigo). Un'altra casa ed altri genitori ed altre famiglie mi vengono inmente, questa volta ancora più a Sud. Penso al citatissimo Ladro di bambini di Gianni Amelio e al pranzo di festa nella casa del carabiniere (il protagonista del film) in fondo all'Italia e a quel panorama di campagne aride, di strade assolate, di case tirate su contro la legge e contro gli altri (altri che sono altri uomini ma sono anche natura, paesaggio, storia, memoria). Questa Italia unita può produrre quei delitti e sarebbe interessante scoprire quanto una diversità storica e culturale si sia alla fine stemperata in una uniformità di comportamenti (soprattutto privati, ma anche pubblici, persino amministrativi), per ridimensionare quello stupore molto ipocrita di chi ha letto del delitto Maso e ha commentato: "Come, nel Veneto, così ricco, così colto, così bene amministrato, così democristiano, così cattolico!". Bettin ha rievocato altre vicende: dal caso Ludwig, alle violenze razziste, al suicidio collettivo di alcuni ragazzi in Alto Adige. Storie diverse, ma sintomi facilmente assimilabili di quella condizione di "malessere" che ha potuto produrre anche un Pietro Maso. Bene ancora ha fatto Bettin quando ha definito il processo a Pietro Maso e ai suoi complici un processo "politico" (e non solo citando la "voce" secondo la quale gli avvocati difensori di Maso sarebbero stati pagati direttamente dalla Curia veronese). Ilprocesso e la linea accusatoria del Pubblico Ministero sono costruiti sulla base della analisi compiuta dal perito di parte, Vittorino Andreoli, che esclude l'infermità mentale dei tre (i maggiorenni), alludendo tuttalpiù a disturbi lievi, ma mette sotto accusa l'ambiente sociale culturale e politico veronese, il Veneto bianco, appunto'. democristiano e cattolico. Ma quel "politico" va inteso ovviamente in senso più ampio di quanto lo abbiano recepito democristiani o cattolici veneti. I modelli sono esportabili, sono ripetibili, le differenze alla fine si appannano. Gli obiettivi comuni, magari IL CONTESTO raggiunti, annacquano i colori politici (mi viene in mente un libro, Altri libertini, del povero Pier Vittorio Tondelli, che evoca un terreno molto simile anche se, appunto, di colore diverso, e se mai c'è da rimpiangere quanto poco e con quanto scarsa acutezza la narrativa italiana affronti questa "normalità" ormai dilagata, quel "benessere" così confortante che non sa mai riconoscere i suoi autentici "mostri"). L'erede riesce a darci un disegno efficace di quel "politico", quasi a materializzarlo con ben altro spessore descrittivo di una tradizionale indagine sociologica. Tra le pagine più belle sono appunto quelle che ritraggono poco alla volta gli ambienti: le strade, le case, il bar soprattutto, dove si incrociano tante storie, dove si possono pensare i delitti e sotto la protezione di un'idea di normalità nel rispetto di uno "stile di vita" approvato dalla maggioranza, parlare di un assassinio, mettere altri a parte di un progetto, giustificarlo (la "bella vita"). Ci sono lampi nel racconto di Bettin: Giorgio che dice "non ammazziamo i miei genitori, ammazziamo i tuoi, che tanto i soldi sono gli stessi". Quell'altro che li accompagna, poi si ritrae e soltanto comunica che "non se la sente". Quel "gh'avemo da copar gente" che sembra ricondurre la tragedia nel grottesco, ma che soprattutto attribuisce al delitto una sorta di necessità e di dovere laborioso, quasi un compito imposto. L'assassinio dei genitori (e nella descrizione, Bettin che contamina sempre diversi materiali - dalle perizie ai testi degli interrogatori, dalle testimonianze raccolte direttamente a veri e propri inserti narrativi - mi pare raggiunga una efficacia straordinaria) è una parentesi, una serata storta, una "cazzata", come dice Pietro Maso. E in fondo potrebbe essere giusto pensarlo come una parentesi. L'errore è per tutti, come il perdono. E Maso si potrebbe perdonare, anche se il rimorso è solo per quel mese di marzo, forse perché Pietro "la sa più lunga" e si è accorto che in quel mese si sono tutti "impiccati" con le loro mani. Ma nel considerarlo una parentesi, una macchia da cancellare, un mostro da occultare, si salva sempre tutto ciò che sta attorno alla parentesi, si salva la "normalità". E questa è la responsabilità degli altri. GRUPPO ABELE PERIODICI IL SILENZIO E' D'ORO. PER MAFIA, POTERI OCCULTI E TRAFFICANTI DI DROGA. NARCOMAFIE. QUALCUNO HA SCELTO DI INFORMARSI. AL. 2.500 DA METÀ FEBBRAIO OGNI MESE IN TUTTELEEDICOLE D'ITALIA 19
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