Linea d'ombra - anno XI - n. 79 - febbraio 1993

IL CONTESTO motivazioni completamente diverse e spesso antagoniste tra loro, hanno avuto interesse a limitare il potere dello Stato, a limitare quella che era ed è percepita come un'ingerenza illegittima dello Stato in sfere che non gli competono. Se noi stiamo dalla parte di uno di questi gruppi, va tutto bene: se, ad esempio, sono un uomo del mondo del lavoro, non voglio che mi impediscano di formare cooperative e partiti rivoluzionari, di esprimere idee anche molto eccentriche rispetto al potere costituito; se sono un prete voglio poter gestire le mie scuole, operazioni di carità e proselitismo senza l'interferenza di uno Stato scomunicato in partenza; se rappresento la FIAT, preferisco avere uno Stato debole; che non vara leggi per me limitanti; allo stesso modo i mafiosi, che non vivono sulla luna, avevano tutto l'interesse a trovarsi di fronte uno Statodebole, ciascuno ha avuto interessi specifici, il cui unico punto di convergeneza era quello di mantenere lo Stato debole, inefficiente, profondamente corrotto. Questo sostrato ideologico ha impedito che l'Italia avesse uno Stato moderno, in grado di controllare e di essere legittimo in tutto il paese. Tu intravedi un 'inversione di tendenza significativa? In altre parole, sei ottimista per il futuro? No, assolutamente no. Non vedo nessuna inversione. La situazione mi sembra peggiorare. Mi sembra sempre più difficile in Italia essere cittadini e basta, slegati da cordate o corporazioni. Se è vero che questa ideologia negativa, ·anti-Stato, che ha foraggiato giudici come Carnevale, è importante nell'aver minato la battaglia contro la mafia, e se è vero che questa ideologia corrisponde a interessi di altri centri di potere diversi da quello mafioso, allora il problema della mafia si intreccia con la riforma della società civile italiana. Sono disposti i maggiori centri di potere a rinunciare a una parte della loro indipendenza di ordinamenti giuridici specifici per potenziare lo Stato e di conseguenza la lotta alla mafia? E la risposta qual è? La risposta è certamente no, per adesso. Mi sembra che non solo questi centri non pensino affatto a rinunciare ai loro spazi per il bene generale, ma vedo che alcuni accrescono il loro potere a scapito di altri. Ad esempio, la critica ai partiti e ai sindacati è sacrosanta, ma non per levarceli tutti di dosso. In caso contrario, coloro che rimarranno vincitori sul ring saranno ancora più brutali. Il problema consiste, dunque nell'avere fiducia in uno Stato che è considerato da molti - e non sempre a torto - l 'espressione di interessi parziali, colonizzato da bande di predoni. Credo che la strada per rafforzare il senso dello Stato nei cittadini stia nell'individuare i responsabili degli atti politici e amministrativi, cosa che in Italia non si fa mai. Se i musei chiudono nel periodo di massimo turismo, se per fare la patente ci vogliono tre anni, ... non si sa mai a chi dire grazie. Non c'è mai un Ministro, un Direttore Generale che perda il posto. La condizione per cui si generi fiducia nello Stato è che ci siano dei responsabili, i quali si assumono meriti e demeriti del loro agire. Ma questo discorso ci porterebbe troppo lontano ... O loro o 11 Noi'' Piergiorgio Giacchè Adesso si può dire: ce l'avevamo con Loro! Rispolverando un epiteto floscio (chi si offende se qualcuno gli grida "terrone!"?) e uno slogan stantìo come "Roma ladrona!" ·(dopo gli anni o i secoli del proverbiale e inefficace "governo ladro"), i leghisti hanno totalizzato risultati da lotteria di capodanno e realizzato un movimento esteso e radicato, che i bianchi, i rossi e i verdi si sono invece dovuti sudare (e talvolta pagare) a caro prezzo. Qualcuno li paragona ancora all'Uomo Qualunque, ma lo fa soltanto per augurare loro una rapida fine, proseguendo una pioggia di scongiuri inutili o di etichette infamanti che il leghista medio e mediocre ha saputo incassare pazientemente. Lui lo sentiva che tanta acredine era infine mossa soltanto dall'invidia. Un'invidia che tutti abbiamo provato per la facilità e la frequenza con cui sapeva accertare una dimensione che per tanti era definitivamente smarrita: l'alterità. Per la verità sono perfino troppi quelli che vedono gli Altri dappertutto, ma il leghista non solo li ha visti per primo, ma li ha sempre denunciati in modo soft, e con un piglio dabbene anche quando scadeva nella più profonda dabbenaggine. Non che si sia mostrato sempre garbato, ma tuttavia non si può dire che si sia mai scaldato - o rasato - la testa. No, il leghista ce lo si è sempre figurato come dotato di una pacifica opacità, con una normalità di abito e di abitazione, con una vita e una mentalità tutta all'interno della vasta eppure precisa media statistica; un leghista che in fondo dunque somigliava a "tutti gli altri", ma proprio per questo gli si invidiava la sua piccola ma fortunata differenza: la sua fede nell'Altro! 16 "L'Altro c'è!", si può infatti ancora leggere dietro le vecchie frasi, magari un tantino più forti, pennellate sulle fiancate dei cavalcavia del Nord. E il leghista medio e mediocre, leggendo ininterrottamente quest'unico messaggio, continua ad andare avanti sicuro per la sua autostrada. La fede ha poi fatto il miracolo di dotarlo di una straordinaria abilità: ormai l'Altro lo sa individuare a occhi chiusi. Politicamente lo colloca a pochi chilometri dalla Toscana settentrionale, ma culturalmente lo distingue anche a pochi centimetri dalla sua immensa fascia sociale media, e - per così dire, pi;icologicamente - lo annusa fin nelle immediate periferie geografiche e sociali del suo stesso condominio. Il bello è che si tratta di misurazioni concrete e distanze reali, che è inutile e stupido tacciare di "irrazionalità". Astratta e irrazionale identità è invece quella di chi non crede ai nuovi spartiacque che separano e innervosiscono la Grande Maggioranza Rumorosa; o, peggio, quella di chi, dopo averne provati altri, non gli riesce più di "credere". Fino a ieri, proprio in nome di.arcaiche e bizzarre distinzioni di classe e di morale, il leghismo era preso d'assalto e tacciato di ogni infamia, ma adesso si può dire che la sua ragionevolezza stia trionfando: alle ultime elezioni il federalismo di Cattaneo (o quello di Gioberti) ha infervorato tutti i comizianti; un confronto televisivo tra Occhetto e Bossi si è rivelato un massacrante e patetico inseguimento su pista; infine, dall'altra, le affannose aperture di credito politico alla Lega hanno ammorbidito le sue

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