Linea d'ombra - anno XI - n. 78 - gennaio 1993

SAGGI/GAETA l'illusione di godere di un effettivo statuto di libertà in quanto individui. Bisogna allora ripensare il rapporto uomo, natura, società. Bisogna impegnarsi a rendere possibile il sogno di Faust: non più il dominio degli uomini nella lotta contro la natura, ma la libera cooperazione dei lavoratori in un rapporto con la natura che non è di dominio incondizionato, ma insieme di comando su di essa e di obbedienza a essa, alle sue leggi, nella consapevolezza di esserne parte integrante. Altrimenti la natura dominata si vendica attraverso il dominio della società sull'individuo, e tutta l'esistenza è sottomessa all'arbitrio, alla dismisura, alla forza. Essere di fronte agli uomini come di fronte alla natura, non dipendere da una volontà estranea [Quaderni I, p. 137], ma solo da rapporti liberamente accettati, è questo il significato della definizione che della democrazia, e del socialismo in particolare, Simone Weil aveva offerto ai suoi compagni di lotta in quella sorta di resa dei conti che è il saggio Prospettive del '33, e cioè "la subordinazione della società all'individuo". Che dunque non vuol essere un astratto rovesciamento dei termini, ma l'avvertimento che democrazia e socialismo vanno commisurati sulle dimensioni fisiche e morali dell'individuo e non su quelle della collettività. Non è cambiando segno politico alla collettività che questa smette per ciò stesso di rappresentare sulla bilancia dell'equilibrio sociale la tonnellatacontrapposta algrammo che ciascun individuoè [Quaderni /, p. 115]. Il problema, il compito, è allora di aggiungere quanto più peso possibile sul piatto più leggero [Quaderni III, p. 158]. Come? Le indicazioni che Simone Weil offre al riguardo hanno carattere diverso con l'evolversi del suo pensiero e sotto la spinta degli avvenimenti drammatici di quegli anni. 3. L'ideale di una società libera. Il grande saggio del '34, Riflessioni sulle cause della libertà e del/' oppressione sociale, e molte delle annotazioni ad esso contemporanee contenute nel primo quaderno dicono con chiarezza in quale forma tale compito si presenta dapprima a Simone Weil: "Fare l'inventario della civiltà che ci schiaccia". Una forma eminentemente critica, che le impone una decisa presa di distanza dall'impegno politico diretto nel movimento operaio, non per sconfessarlo ma per restituire significato e possibilità alla sua azione trasformatrice. Una presa di distanza in cui agisce'la doppia consapevolezza che nella situazione attuale l'azione rivoluzionaria è votata al fallimento, e che, anche in caso di successo, questo si risolverebbe in un puro rovesciamento dei rapporti di forza, dal quale non verrebbe alcun vantaggio all'individuo, alcun accrescimento del suo peso sociale, poiché sarebbero ancora e sempre "le esigenze implacabili della lotta per il potere"[Riflessioni, p. 70] a dominare. Contrariamente a ciò che pensava Marx, Simone Weil non crede alla presenza nelle forze produttive di una sorta di "virtù segreta", di una capacità di crescita inarrestabile che, una volta liberata dalle pastoie del capitalismo, avrebbe condotto l'umanità a godere liberamente dei frutti del progresso tecnologico. Altrimenti l'oppressione sociale dovrebbe sparire per un impulso misteriosamente iscritto nell'organismo dello sviluppo sociale, mentre la verità è che la società produce un certo tipo di evoluzione sociale in rapporto a determinate condizioni di esistenza, e che occorre dunque partire dallaconoscenza analitica di queste, cioè dall'esterno, permodificarle 74 in vista di una società priva di oppressione. Il progresso sociale viene allora a dipendere non da una necessità storica indefinibile, ma dalla possibilità per gli individui di agire responsabilmente in una realtà sociale chiaramente definita. Ma esiste attualmente questa possibilità? Ovvero, quali margini reali di libertà restano all'individuo rispetto alla "forma che ai giorni nostri ha assunto la civiltà moderna, al termine di una evoluzione durata parecchi secoli"? [Riflessioni, p. 108]. Per rispondere all'interrogativo occorre aver chiaro quali sono le condizioni ideali per una società libera, e quindi conoscere nelle sue linee essenziali il quadro effettivo della vita sociale contemporanea. Individuo e società si trovano così posti l'uno di fronte all'altro, in un rapporto impari ma che è pur sempre il rapporto in base alla cui definizione si decide di momento in momento la possibilità della democrazia. Da una parte l'uomo con il suo insopprimibile bisogno di libertà, dall'altra un organismo cieco, una struttura organizzata che non è stata organizzata da nessuno. La possibilità del cambiamento sociale dipende allora in determinate condizioni dalla capacità degli individui di agire in quanto individui, sottraendosi per quanto possibile all'inerzia dei meccanismi sociali. Occorre cioè partire dalla "volontà illuminata dell'individuo" [Riflessioni, p. 42], dalla sua capacità di prendere coscienza degli elementi costitutivi della propria natura umana, a cominciare dal pensiero, e quindi dalla sua capacità di porsi in relazione con le condizioni di esistenza sociali e naturali. In altri termini, il fulcro della questione sociale non è più in uno dei suoi termini, la buona volontà della persona, del cittadino, ovvero l'organismo sociale in quanto tale, bensì nella capacità degli individui coscienti di incidere sul meccanismo sociale inmodo che esso divenga quanto più umano possibile, e dunque quanto più libero possibile. Così, ad esempio, è evidente che nei processi di produzione industriale non si dà libertà per il lavoratore se non modificando il regime stesso delle imprese, in modo tale che sia restituita a ciascuno la possibilità di stabilire un rapporto cosciente tra il pensiero e l'azione. Ma allora i modi di produzione non dovranno più essere ordinati, come ancora pensa Marx, in funzione del rendimento, bensì in funzione dei rapporti tra il pensiero e l'azione [Riflessioni, p. 97]. E in generale, la società dovrà essere organizzata in funzione della possibilità per ciascuno di pensare mentre agisce, e quindi di avere le maggiori possibilità di controllo sul1' insieme della vita collettiva, e quindi di possedere la maggiore indipendenza [Riflessioni, p. 101]. Ma una volta posto questo ideale di società libera, non è difficile a Simone Weil misurare gli ostacoli pressoché insormontabili che si oppongono a una sua pur parziale realizzazione. Una volta rotta l'illusione che la società possa liberarsi da se stessa per una sorta di irresistibile impulso interno, si è costretti a volgere l'attenzione sui caratteri strutturali dell'attuale società e a misurarne tutta l'estraneità rispetto ai bisogni umani fondamentali, e perfino rispetto a ciò che è costitutivo dell'uomo, il suo <.orpoe il suo spirito: "Viviamo in un mondo dove nulla è misura dell'uomo; c'è una sproporzione mostruosa tra il corpo dell'uomo, lo spirito dell'uomo e le cose che costituiscono attualmente gli elementi della vita umana; tutto è squilibrio. Non esiste categoria, gruppo o classe di uomini che sfugga completamente a questo squilibrio divorante, ad eccezione forse di qualche isolotto di vita più primitiva; e i giovani, che vi sono

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