Linea d'ombra - anno XI - n. 78 - gennaio 1993

L'UOMO NEURONALE, OSTETRICO DI SPIRITI Mare Richelle traduzione di Saverio Esposito I legami tra il cervello e la matematica (p. e. la questione se il cervello "costruisce" oppure "scopre" gli ogget,ti matematici) pongono continui e importanti problemi epistemologici. E naturale, anche se raro, che due specialisti di neuroscienza e di matematica dialoghino tra loro, su questo argomento. È accaduto in Francia e il risultato è il volume di Jean-Pierre Changeux (neurobiologo) e Alain Connes (matematico), Pensiero e materia (Matière à pensée, Odile Jacob, Parigi 1989; traduzione italiana di Claudio Milanesi, Bollati e Boringhieri, Torino 1991). Il libro ha suscitato un interessante dibattito anche in Italia (p. e. ne ha parlato ampiamente Aldo Fasolo su "L'Indice") e ci sembra quindi interessante riportare l'opinione di uno psicologo su un dibattito che, senza dubbio, è soprattutto psicologico. Sotto la copertina delle edizioni Odile Jacob, raramente deludenti, Jean-Pierre Changellx riannoda con la maieutica e il genere del dialogo portato in auge da Platone. Con un differenza: il suo interlocutore non è immaginario, è del tutto reale, e non è disposto a dire quel che si vuol fargli dire. Colmo dei colmi, è anche un platonico! Con un esercizio che intende mostrare la forza di persuasione della concezione costruttivista, per la quale le idee sono produzioni del nostro cervello invece che il riflesso di una realtà superiore maldestramente intravista, Changeux non si è reso il lavoro più facile volendo come partner - sarebbe irriverente dire "allievo" - un eminente matematico come Alain Connes, per il quale gli oggetti matematici esistono indipendentemente da coloro che li scoprono. La conversazione ruota intorno a un vecchio dibattito che, ben prima di contrapporre il nostro neurobiologo aConnes, ha profondamente diviso tra loro i matematici. Per gli uni, gli oggetti matematici sono il frutto di una autonoma attività di costruzione, sottoposta a regole rigorose che le conferiscono lo status di scienza, ma con grande libertà all'interno di un gioco di regole accettate. Questo gioco può venir modificato a patto che non se ne affermi il rigore - che implica tra l'altro di non dover giocare da soli-, autorizzando una perpetua espansione delle sue realizzazioni. Per gli altri, al contrario, gli oggetti matematici hanno una realtà esterna indipendente dall'attività del matematico, che li scopre e non piuttosto li crea, inventa o elabora. Un membro del primo clan sarebbe stato d'accordo in partenza con Changeux, e dunque non ci sarebbe stato bisogno di discutere. Ci voleva un rappresentante del secondo clan perché l'argomento potesse assumere il suo peso. Quella di Connes è stata una buona scelta - non tanto per Changeux, perché il neurobiologo non ha avuto, alla fin fine, più successo di quanto avrebbe potuto averne un collega costrutti vista-, ma per il lettore. Infatti, c'è in Connes la convinzione - si potrebbe dire la fede - che distingue i matematici realisti 1 , ma dotata di (e come derivata da) una modestia di fronte all'oggetto e al prodotto del proprio lavoro, oggetto che resiste, prodotto che sfugge, che sorprende e di cui egli rifiuta di attribuirsi la paternità. La finezza dell'interlocutore di Changeux, la sua resistenza ai suoi sforzi maieutici ricordano opportunamente che questo caustico e difficile problema, certamente uno dei più inquietanti tra quelli che si offrono alla riflessione epistemologica, non è stato risolto una volta per tutte dal progresso delle neuroscienze.Tutt'al più esse aggiornano il dibattito iscrivendole in un quadro parzialmente diverso, più ampio o più stretto, a piacere: quello della spiegazione biologica. Costrutti vista per formazione, per gusto e per convinzione mi piace pensare che lo resterei anche se fossi un matematico. Non mi costa dunque nessuno sforzo farmi persuadere da Changeux, tanto più che il suo darwinismo generalizzato mi sembraunmodello particolarmente fecondo per affrontare il problema delle costruzioni dell'intelligenza - un punto su cui tornerò avanti. La tranquilla ostinazione realistica di Connes tuttavia mi colpisce e mi porta a chiedermi se non finirei per condividerla nel caso in cui io dovessi cercare e scoprire qualche oggetto matematico. Lo psicologo che, come Changeux, vede nella matematica un oggetto costruito, lo assimila immancabilmente alle altre forme di produzione dello spirito umano: la creazione di opere d'arte o l'elaborazione di teorie scientifiche. L'assimilazione alle opere d'arte si giustifica a prima vista se si omette il carattere inedito della costruzione matematica, e se si è colpiti dalla sua armonia, dalla sua eleganza, dal suo aspetto estetico. Eppure, tra la sinfonia o il romanzo e la soluzione di un'equazione rimane una differenza che, agli occhi di un matematico realista, è capitale e irriducibile: i primi non esistevano prima che il compositore o lo scrittore li inventasse, li costruisse pezzo dopo pezzo; l'artista è davvero il creatore della sua opera e ne riveqdica peraltro chiaramente la paternità; l'opera artistica non risolve un problema posto prima di essa, né sfocia su una nuova domanda sulla quale altri compositori o scrittori si soffermeranno, cercando con accanimento la risposta adeguata. Tutto al contrario, gli oggetti matematici, una volta svelati, rivelano proprietà indipendenti dall'attività creatrice del loro scopritore. I problemi che sollevano possono essere (e sono) oggetto di una ricerca di soluzione cui ogni matematico può prendere parte e che, una volta compiuta, provoca quel tipo di consenso generalizzato che solo una verità evidente può suscitare.L'opera d'arte è aperta alle interpretazioni, l'oggetto matematico si offre alla dimostrazione; la prima è passibile di ermeneutica, il secondo si elabora tramite una euristica. Questa distinzione è davvero così netta come ritengono i realisti? Non è forse il risultato di un duplice travisamento-con l'artista che si vede attribuire o che si attribuisce da solo un credito individuale eccessivo per un'opera che di fatto deriva da tutte le precedenti, mentre il matematico percepisce se stesso come un anello in un lungo lavoro collettivo, esssendo la realtà degli oggetti matematici esterna solo al singolo matematico, e non, come lui può credere, allo spirito umano in generale? Naturalmente Connes non nega che il suo lavoro si iscriva in una traiettoria culturale, in un'impresa cui hanno contribuito tutta una serie di brillanti cervelli, ma questo non basta ai suoi occhi per dimostrare che gli oggetti matematici non hanno esistenza al di fuori della loro costruzione da parte dei matematici. Le scienze naturali sono certamente anch'esse costruzione di chi le sviluppa. ma il loro oggetto, gli esseri fisici o biologici, preesistono, e si svelano soltanto via via che dette scienze progrediscono. Perché si dovrebbe rifiutare al matematico quel che si concede al fisico? L'obiezione, che non è semplice accantonare, deriva dalla !1atura degli esseri matematici. Di che sostanza essi. s~no fattt? _Dal momento in cui si ammette il postulato del matenahs_momomsta! come fa semplicemente o implicitamente la ma~g1or P:ITTedet biologi d'oggi, a quale parte dell'universo pos~1amo npo~ questi oggetti astratti, puri simboli ~en~aprotom ~é elettrom n~ altre particelle che servano a sostanz1arh? C~nnes nponde che lw non ne sa niente ma che devono pur esserci da qualche parte. E perché poi dovr~mmo esigere dai matematici che abbiano una risposta per ogni cosa?

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