Linea d'ombra - anno XI - n. 78 - gennaio 1993

SCIENZA/WURM lingua veicolare. Oltre a questo tipo di ruolo, la lingua tradizionale di un popolo è spesso un potente mezzo di affermazione della sua identità, per l'individuo e per il gruppo, e può sopravvivere per questo unico motivo. Un preciso esempio è costituito dalla lingua maori della Nuova Zelanda, come pure da alcune lingue molto complesse, considerate troppo difficili da imparare da parte degli stranieri, che diventano simboli molto forti di affermazione della propria identità. Chi parla bene una di queste lingue è immediatamente considerato un amico, appartenente al gruppo. Vediamo il caso dell'ungherese: averlo come lingua materna vi apre le porte di tutti gli ungheresi sparsi per il mondo; si tratta della lingua mantenuta viva più a lungo - cioè per varie generazioni - in paesi d'immigrazione come l'Australia e gli Stati Uniti; e tuttavia gli emigrati non ci vivono in comunità molto unite, come è spesso il caso per gli italiani e i greci, che mantengono in vita la propria lingua del tutto naturalmente, utilizzandola per comunicare all'interno della comunità. A questo proposito bisogna ricordare che gli ungheresi sono rimasti fedeli alla loro lingua ugro-finnica (anche se hanno adottato molti vocaboli presi a prestito dall'iraniano, dal turco, dallo slavo e da altre lingue) per i cinquemila anni della loro storia, e nonostante abbiano sostituito la loro cultura originale e la loro struttura sociale dapprima con tribù dell'Iran dell'est, poi con tribù della Turchia, per adottare alla fine quelle dell'Occidente su una base slava e germanica (Harmata, 1990). Ilfinnico, il basco, il turco e le lingue turche dell'Asia centrale sono altri esempi di lingue alle quali i locutori si sono "abbarbicati" con tenacia. Le nazioni e i grandi gruppi nazionali si differenziano sensibilmente gli uni dagli altri secondo il grado d'importanza che attribuiscono alla propria lingua. La complessità di una lingua e le difficoltà del suo apprendimento sono, in molti casi, direttamente proporzionali allo sviluppo dell'orgoglio nazionale, della stima di sé e del sentimento di superiorità dei suoi locutori. Ciò contribuisce notevolmente a conservarle in situazioni culturali sfavorevoli, o in altre situazioni. Ma non è così per tutte le lingue complesse, soprattutto se i locutori non hanno coscienza delle difficoltà che presentano per gli stranieri, e si ritengono inferiori a causa di infelici esperienze storiche e sociali che hanno fatto perdere loro la stima in se stessi, l'orgoglio nazionale o del gruppo e il sentimento di coesione del gruppo. Conclusione I processi sopra espos.ti hanno costantemente cambiato il paesaggio linguistico del mondo, e nel corso degli ultimi due o tre secoli in modo più significativo di prima. Può darsi che in avvenire portino cambiamenti ancora più profondi. Oggi i linguisti, i quali considerano una lingua come parte intrinseca della cultura e della società dei suoi locutori e come un elemento basato sul loro modo di vedere (o intendere) il mondo spirituale e materiale che li circonda, sono preoccupati da questa evoluzione. <?gnilingua riflette una visione e un complesso culturale unici che nproducono il modo in cui una comunità locutrice ha risolto i suoi p~oblemi con il mondo e ha formulato i suoi pensieri, il suo sistema filosofico e la sua comprensione del mondo. Con la morte, o 1~ "pse~d~-1!1-orte",di una lingua, si perde per sempre un elemento msost1tmbtle della nostra conoscenza e comprensione del pensiero umano e della visione del mondo. Molti linguisti, ai nostri giorni, lo capiscono. Il principale soggetto d'interesse fra quelli che hanno costituito un'autorità nell'ultimo scorcio del XX secolo è stato sia il lato puramente strutturale di una lingua, sia la lingua considerata come una delle numerose forme che risalgono alla superficie di una struttura profonda e soggiacente del linguaggio umano nella sua totalità. Per loro, la morte di una lingua particolare non ha la stessa importanza: non si preoccupano né della funzione di una lingua in quanto espressione della visione del mondo, della filosofia e del sistema di pensiero dei locutori e della loro comunità, né del ruolo che essa può giocare, da questo punto di vista, nella cultura e nella società dei suoi locutori come mezzo di intercomunicazione. Bisogna sperare che si prenda sempre più coscienza della necessità di ben gestire le lingue, e dell'urgenza di sviluppare presso i locutori la stima di sé e del proprio linguaggio come affermazione della propria identità; si potrà così almeno ritardare gli eventi che abbiamo descritto in questo articolo e che minacciano d'estinzione alcune di queste lingue. Bibliografia Harmatta, Janos, "A magyarsagostorténete" (Preistoria degli ungheresi), Magyar Tudomany, 1990, 3, p. 243-262. Kirschbaum, Franz J., "Miscellanea aus Neuguinea", Anthropos, 1926, 21, p. 274-277. Lang, Adrienne, EngaDictionary, withEnglishlndex, Pacific Linguistic, 1973, Series C, n. 20. Ramstedt, G.J., "Ùber die Konjugation des Khalkha-Mongolischen", Mémoires de la Société Finno-ougrienne, 1903, XIX, Helsinki. Ray, Sidney H., A Grammar of the Lànguage, Fly Delta, Papua, with a Kiwai Vocabulary by E. Baxter Riley, Port Moresby, Govemement Printer 1932. Vakhtin, Nikolai Borisovftch, et Golovko, Jevgenin Vassilievitch, "Ob odnom neordirnom sledsvii jazykovykh kontaktov: jazyk ostrovaMednyj" (A proposito delle inusuali conseguenze dei contatti tra le lingue: la lingua dell'isola di Mednyj), in I.F. Vardul' et V.I. Belikov, éds, Vozniknovenije i funkcionirovanije kontaktnykh jazykov (sviluppo e funzione dei contatti tra le lingue), Moscou, Akademija Nauk S.S.S.R. 1987, p. 30-33. Williams, Francis E., "Natives of Lake Kutubu, Papua", Oceania Monographs, 1940-1941, 6. Wurm, Stephen A., ''The Kiwaian languages farnily", in KarlJ. 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