Linea d'ombra - anno XI - n. 78 - gennaio 1993

dunque, rispettare abbastanza gli obblighi del risultato finale della compiutezza e misura dell'opera. Ma è questo un difetto così grave, in un paese di scrittori e artisti privi di fantasia e di curiosità verso il mondo in cui vivono, e così compiaciuti della loro meschinità e angustia? Più che ogni altra cosa, va però ricordato che La compagnia dei Celestini è un romanzo sull'Italia di oggi scritto con linguaggio di oggi. Anche questo è un avvenimento. Quanti ci si sono provati e, malati di letteratura, non ci sono riusciti? Benni non viene dalla letteratura, e questa è una sua grande forza. Arriva alla letteratura con coscienza e conoscenza del resto con passione vera. Con cose, cioè, che ben pochi letterati dimostrano di avere. Se La compagnia dei Celestini fosse stato più controllato e asciutto, avremmo avuto un libro molto importante. Lo è anche così, ma è giusto chiedere a Benni di più. Perché egli può essere in grado di darci, oggi, probabilmente, un "Pinocchio" del fine secolo, un libro che rappresenti noi tutti e la tremenda civiltà che abbiamo costruito e nella quale sguazziamo, sciocchi e complici e osceni, per il nostro tornaconto immediato, favorendo con ciò stesso la nostra meritata fine. (G. F.) La compagnia dei Celestini si svolge a Gladonia, cioè in Italia. Che cos'è Gladonia, che cos'è l'Italia per te? È un paese in cui ho vissuto questi ultimi anni con un grande disagio. È anche una definizione che diedi sull"'Espresso" dell'Italia, quando ancora facevo del giornalismo satirico. Con questo libro ho però cercato di andare al di là del discorso satirico a breve termine, di descrivere questo disagio in modo che riuscisse a durare un po' più nel tempo, che non fosse subito consumato. Nel romanzo i "celestini" sono infuga, ma allo stesso tempo hanno un obiettivo, hanno una ricerca da svolgere, ed essa è legata allo sport. Ma la gara di pallastrada è lo sport fuori dagli stadi, l'amore dei ragazzini per il gioco del calcio, e non per l'industria-spettacolo che il calcio è diventato ... Se proprio dobbiamo sciogliere le metafore -e non credo che sia compito mio - devo dire di aver pensato non tanto allo sport quanto a un'attività in cui i bambini disobbedienti si danno le proprie regole, all'ipotesi di una cultura che si dia le proprie regole, non accettando regole dall'alto. In questo senso, nel nostro passato ci sono stati periodi in cui, pur senza crederci troppo, qualche regola ce la siamo pur data, del tutto nostra, per esempio nel '68 o nel '77. Poi l'Italia ha accettato tutte le regole degli anni Ottanta e Novanta. Più che uno sport ho pensato a qualsiasi attività in cui uno rifiuta le regole del tempo ma se ne dà delle sue, libere, creative, a volte anche un po' assurde. Questo riguarda, mi pare, qualsiasi tipo di libertà, non solo quella di poter giocare a pallone in strada, che oltretutto è oggi ovviamente negato e pericoloso: la pallastrada si è estinta anche perché sono cambiate le città, giocare oggi a pallastrada vuol dire andare incontro a morte certa! I due libri più importanti della letteratura italiana per ragazzi sono Pinocchio e Cuore. Il tuo mi pare tutto dalla parte di Pinocchio, ha qualcosa di un Pinocchio del nostro tempo, chissà ... Il personaggio più strano del libro, è forse quello del Grande Bastardo, un essere misterioso che non solo è un INCONTRI/BENNI guastafeste per l'ordine dato, ma ha anche laforza di organizzare cose per questi bambini. Potrebbe anche essere una specie di Fatina dai capelli Turchini. Non è una contraddizione, che ci siano eroi che sono degli orfani - cioè senza genitori, o con genitori non ideali - mentre il Grande Bastardo è un superpadre, come la Fatina era una super-madre? C'è tutto un capitolo sulle apparizioni, in cui il Grande Bastardo dimostra la sua capacità di trasformarsi in qualsiasi cosa, da un ponte giapponese a Stantio ... Sempre abusando in modo didascalico dell'uso della metafora, si potrebbe vedervi come, pur orfani di alcune ideologie forti, ci sono in questi anni nel nostro paese delle minoranze che hanno continuato a lavorare, a far cose, forse con la sensazione di essere piuttosto soli, ma a volte anche con quella di essere collegati con altri in modo magari catacombale, sotterraneo, strano. Io immagino che questa specie di segno, di utopia, di polo magnetico che fa sì che le minoranze, ogni tanto, si ritrovino e si riconoscano scoprendo di avere dei percorsi comuni, sia questo Grande Bastardo. Che non è pero una figura autoritaria, non è una figura che dà regole, è come una specie di misterioso punto d'incontro in cui ognuno riconosce la parte migliore di sé e la parte migliore degli altri. Non risolve le situazioni. Non si invoca, non si prega il Grande Bastardo per avere un aiuto, si fanno le cose da soli e però si sa che in qualche modo il Grande Bastardo ti farà incontrare con i tuoi simili. Forse è una specie di essenza della minoranza, di elogio della minoranza. Una specie di divinità, di provvidenza della minoranza ... I nemici principali dei "celestini" sono i giornalisti, e il loro "egoarca" Musso/ardi, nei quali sono riconoscibili personaggi reali dei nostri giorni, e gli educatori in senso lato, preti di diversi ordini e metodi, ai quali aggiungerei (nella figura dell'assessore donna "progressista") ipolitici. È unpo' tutto il sistema pedagogico, tutto il modo di formare la gioventù nel nostro paese, sono tutti ipadri nefasti dai quali una gioventù o,fana cerca di sfuggire per incontrare i propri simili e riconoscersi nel padre "bastardo". Pensi davvero che i media in Italia abbiano così tanto potere? Sicuramente hanno un grande potere, un doppio potere: uno è quello di occupare molto spazio con le loro parole, e poi un potere di moltiplicazione, perché i media parlano oggi soprattutto dei media, i giornali parlano della televisione, la televisione dei giornali ... C'è una mostruosa capacità di autodescriversi e di escludere tutto ciò che non appartiene a questo paesaggio. Non si tratta soltanto dei messaggi che i media lanciano, ma anche di tutto ciò di cui non parlano, di ciò che viene escluso da questa sorta di sistema di allucinazioni. Chi non accetta di entrare in questa grande celebrazione della chiacchiera non riesce a mo~trarsi, non riesce a rendersi visibile. Ma io ritengo che sempre, m qualche modo misterioso, alla fine qualcuno è riuscito a superare anche questo ostacolo, a vedere ciò che non era mostrat? dai medi~, ~he non era pubblicizzato, sponsorizzato, parlato, nparlato, nfntto dai media. Perché la televisione italiana non soltanto è brutta, ma è assolutamente spaventoso il ruolo centrale che essa ha assunto 39

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