Linea d'ombra - anno XI - n. 78 - gennaio 1993

STORIE/ELLISON adesso la faccia dell'uomo era scura e stanca e vecchia. J efferson era confuso. Todd non era più sicuro che prima il vecchio ridesse, che mai avesse riso in vita sua. Lo vide allungare una mano e toccarlo e si ritrasse chiedendosi se ci fosse qualcosa di reale oltre il dolore che in quel momento gli faceva ondeggiare la vista. Forse se l'era sognato, tutto questo. - Non lasciarti abbattere, ragazzo - disse la voce in tono pacato. Todd lo sentì sospirare con aria stanca, come se non ci fosse nulla di più che potesse dire. La sua rabbia svanì, e non restò che il dolore. - Mi dispiace - borbottò. -Sei solo sfibrato dal dolore, ecco tutto. - Lo vide sorridere attraverso una nebbia. E per un attimo sentì fluttuare fra loro il silenzio imbarazzato di chi comprende. -Che facevi per aria su questo settore, ragazzo? Non avevi paura che ti sparassero prendendoti per un corvo? Torr si irrigidì. Lo prendeva in giro? Ma prima che potesse darsi una risposta il dolore lo assalì, e una parte di lui rimase µrimota dietro lo schermo di sofferenza che s'era levato fra loro, e gli tornò a mente la prima volta che aveva visto un aereo. F1:1come se una serie interminabile di hangar fosse stata disposta nella base aerea della sua memoria, e da ognuno, come una giovane vespa che esca dalla sua cella, usciva il ricordo d'un aeroplano. La prima volta che vidi un aereo in vita mia ero piccolissimo e gli aerei erano una cosa nuova al mondo. Avevo quattr' anni e mezza e il solo aeroplano che avessi mai visto era un modello sospeso al soffitto della sala d'esposizione di automobili alla Fiera nazionale. Ma non lo sapevo, che fosse solo un modello. Non sapevo quanto fosse grande un aereo vero, né quanto costasse. Ai miei occhi era un affascinante giocattolo, completo in se stesso, che, diceva mia madre, solo i bambini dei bianchi ricchi potevano avere. Ero tutto teso d'ammirazione, la testa tirata all'indietro, mentre osservavo il piccolo aereo grigio che descriveva archi sui tetti lucenti delle automobili, e mi auguravo, ricco o povero che fossi, di poter avere un giorno un giocattolo così. La mamma dovette trascinarmi fuori dalla sala, e né la giostra né l'otto volante né la corsa dei cavalli riuscirono ad attrarre la mia attenzione per ti resto della visita. Avevo troppo da fare a imitare con le labbra il ronzio basso del!' aereo, atteggiando le mani al rapido moto circolare del suo volo. Dopo d'allora i pezzi di legno che trovavo nella corte che si apriva dietro casa nostra non mi servirono più a costruire carri e automobili: adesso mi servivano per farne aeroplani. Fabbricavo biplani, usando pezzi di legno per le ali, una scatoletta per la carlinga, e un altro legno per il timone. La visita alla fiera aveva introdotto qualcosa di nuovo nel mio piccolo mondo. Continuavo a chiedere a mia madre quando ci sarebbe stata un'altra fiera. Mi stendevo sull'erba a guardare il cielo, e ogni uccello che passava era per me un aereo alzato in volo. Sarei stato buono anche un anno pur di vedere un altro aereo. Cominciai a seccare mezzo mondo con le mie domande sugli aeroplani. Ma gli aerei erano una cosa nuova anche per i grandi, e questi poco sapevano dirmi. Solo lo zio sapeva dirmi qualcosa. E per di più sapeva intagliare, servendosi 34 di pezzi di legno, eliche che mulinavano svelte al vento, vibrando rumorose sul!' appoggio di chiodi oleati. Desideravo un aereo più di quanto avessi mai desiderato qualsiasi altra cosa: più del camion rosso con le ruote di gomma, anche più del treno che correva su rotaie col suo seguito di vagoni. Continuavo a fare domande alla mamma. -Mamma? - Che c'è caro? - diceva lei. - Ti arrabbi se ti chiedo una cosa? - dicevo io. - Che vuoi adesso. Non ho tempo di rispondere a un sacco di domande sciocche. Che vuoi? - Mamma, quando mi compri... - chiedevo io. - Ti compro che? - chiedeva lei. - lo sai, mamma, te l'ho detto. - Senti caro - diceva lei. - Se non vuoi uno scapaccione è meglio che mi dici di che stai parlando, così poi mi lasci lavorare. - Be', mamma, lo sai. .. - Che cosa t'ho detto? - Dico, quando mi compri un aeroplano. - Un aeroplano? Figlio mio, ma sei matto? Quante volte ti devo dire di piantarla con queste sciocchezze? Te l'ho già detto che quella roba costa troppo. Finisce che tifaccio uscire la luce dagli occhi a legnate se non la smetti di seccarmi con queste storie. Ma questo non bastava a zittirmi, e dopo qualche giorno ricominciavo. Poi un giorno successe una cosa strana. Era primavera e per qualche ragione ero stato per tutta lamattina agitato e nervoso. Era una bella primavera. La sentivo, giocando a piedi nudi nel cortile. I boccioli pendevano dai carrubi irti e neri come mucchi di odorosi grappoli bianchi. Le farfalle vibravano nel sole sulla rorida erba bassa da poco spuntata. Ero entrato in casa afarmi dare del pane e burro, e uscendo sentii un rombo insistente, inconsueto alle mie orecchie. Era un rumore diverso da qualsiasi altro che avessi mai sentito. Cercai di capire di dove venisse. Inutile. Era la stessa sensazione che provavo quando cercavo l'orologio di mio padre che sentivo ticchettare nella stanza senza vederlo. Era come se mi fossi dimenticato qualcosa che mia madre mi avesse ordinato di fare. Poi riuscii a capire: era sopra la mia testa. Nel cielo, volava basso, a circa cento iarde, un aereo! Andava così piano che quasi sembrava non si muovesse. Rimasi a bocca spalancata; il pane e burro mi cadde per terra. Mi veniva voglia di saltare e strillare. E tremai d'eccitazione quando mi venne in mente. "È l'aeroplano d'un bambino bianco, è volato via, se alza le mani lo acchiappo". Era un piccolo aereo come quello della fiera, non volava più alto della grondaia di casa nostra. Vedendo che continuava ad avanzare, il mondo mi parve farsi caldo di promesse. Spalancai le persiane e mi arrampicai lì sopra, e vi rimasi appeso, aspettando. Avrei acchiappato l'aereo appena a portata di mano, poi sarei sceso infretta e furia e sarei corso in casa prima che qualcuno mi vedesse. Cost nessuno avrebbe potuto chiedermelo indietro. Il ronzio si avvicinava. Poi quando l'aereo si trovò sospeso come un'argentea croce nell'azzurro proprio sulla mia testa, alzai il braccio e cercai d'afferrarlo. Fu come spingere il dito attraverso una bolla di sapone. L'aereo proseguiva il suo volo come se gli avessi solo soffiato dietro. Serrai di nuovo il pugno,freneticamente, cercando di afferrarne la coda. Le mie dita strinsero l'aria e la

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