Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

CARCEREE IMMIGRAZIONE Brasile, Caraiva, interno (1991 ). fatto non si trovano". li che equivale a riconoscere che gli stranieri continuano a non telefonare e che la riforma penitenziaria resta purtroppo per loro una mera petizione di principio. 11. La mancata applicazione della riforma nei confronti degli stranieri detenuti non è che uno degli aspetti, forse il più eclatante, della crisi generale che stanno attraversando le leggi penitenziarie. Nel suo generoso slancio innovatore, il legislatore voleva affermare la necessità che al funzionamento della legge concorressero tutti i soggetti in qualche modo coinvolti: il carcere, che era chiamato a rinnovarsi profondamente per essere all'altezza del compito di rieducare e preparare al reinserimento; la società civile, che doveva rompere la tradizionale barriera di diffidenza verso l'istituzione chiusa; la magistratura, al cui equilibrio ed alla cui sensibilità culturale erano demandati il controllo degli istituti e la valutazione ultima dei percorsi individuali di recupero. Nessuno di questi tre fuochi di applicazione della legge può dirsi esente da pecche, e da responsabilità anche gravi. Il carcere non si è rinnovato abbastanza, tranne alcuni esperimenti, anche perché non sempre è stato messo in condizioni di rinnovarsi. La legge finanziaria assegna alla giustizia le briciole della torta del bilancio pubblico, e di queste briciole talora al settore penitenziario è devoluto il solo profumo. L'amministrazione centrale e periferica ha brillato per la schizofrenia del suo operato: a grandi aperture di principio ha corrisposto, nella prassi, l'ossequio dei funzionari al più tradizionale e dannoso burocratismo che si è sempre più di frequente tradotto in una sorda, occulta resistenza LATERRA 15 ai principi innovatori della legge. Si è sov·ente respirata, nei corridoi della burocrazia, la volontà di mantenere basso il profilo di operatività della legge, e ciò nel timore che il troppo zelo potesse suscitare reazioni incontrollate. La società civile, eccezion fatta per l'impegno del volontariato laico e cattolico, si è data un gran daffare per dimostrare l'esattezza dell'impietoso giudizio del criminologo Massimo Pavarini, che ammoniva a diffidare del tasso complessivo di solidarietà in epoche in cui si avverte il richiamo antico della legge della giungla. L'utilità della riforma in senso sociale è stata rifiutata: c'è un diffuso rifiuto dell'idea di reinserimento sociale. Forse si preferisce che i delinquenti restino liberi e temuti, quando non ossequiati ed invidiati, come modelli di un rapido arricchimento a cui tutti i "furbi" hanno il dovere di aspirare. La magistratura di sorveglianza, infine, ha conosciuto i mali del carrierismo, ed è venuta via via distaccandosi dall'originaria eresia che ne faceva un corpo coraggiosamente "separato" dal resto della curia togata. Vero è che il carcere non è più il luogo consacrato alla violenza e alle rivolte che eravamo abituati a conoscere prima della riforma e durante gli "anni di piombo", ma per tossici, immigrati extracomunitari, malati di mente, la vecchia risposta repressiva e segregazio~ista vie?": oggi riproposta come l'unica alternativa poss1~Ile. Ma_proprio per questo per tutta quen:um~1tà .~~nale che l'avanzata della "modem1zzaz1one 1mp1etosamente continua a consegnare al carcere,lalé penitenziaria rapp!e~ent~ a,nc~ra, pur con tu suoi limiti ed i su01d1fett1,I ultima speranz(l disperato aggancio al mondo dei "forti e centi". < ! = .. ;: .. e z ,.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==