Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

CARCEREE IMMIGlt.AZIONE Brasile, Villaggio di Alcantara (1992). (analoga vicenda è riscontrabile in tema di diritto alla salute delle persone detenute), diventa decisivo l'orientamento dei reclusi: ad una loro pressante richiesta l'Amministrazione non potrà sottrarsi, ma dove regnino l'apatia o l'acritica adesione ai modelli devianti, non vi saranno né corsi d'istruzione o professionali né rieducazione. Il che, in sostanza, si traduce in un'inversione dei termini della questione: non più offerta di istruzione, nel quadro degli obblighi che gravano sull' Amministrazione, ma passività solo occasionalmente sollecitata dai destinatari istituzionali di un intervento negato. Alla data del 31.12.1991, risultavano istituiti, su tutto il territorio nazionale, 148 corsi d'istruzione primaria (scuole medie), per un bacino di utenza di 2958 detenuti tra maschi e femmine. Di costoro, 860 hanno superato il corso. Alla stessa data, risultavano ancora 8 corsi d'istruzione secondaria, con 241 iscritti (soli maschi), dei quali 119 promossi. Vi erano poi 14corsi di alfabetizzazione primaria (in linguaggio burocratico "scuole popolari") con 203 iscritti e 55 promossi, ed infine 121 corsi per studenti-lavoratori (a livello di scuola media), con 2272 iscritti e 625 promossi tra maschi e femmine (dati gentilmente fomiti allo scrivente dalla Scuola di Formazione del Personale Penitenziario presso la Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena). In difetto di dati disaggregati, non è possibile sapere né la composizione territoriale dei corsi né quanti detenuti stranieri ne abbiano fruito, ma un semplice esame delle cifre non può non indurre a rilevare l'assoluta insufficienza degli interventi: su una popolazione complessiva di 40.940 detenuti (al 31.3.1992, dati di fonte ministeriale, ma già saliti ad oltre 48 mila nell'ottobre del 1992), gli iscritti accertati risultavano 5795, cioè poco meno dell'8% del totale. LATERRA 8. L'affermazione di nobili principi, dunque, incontra ostacoli difficilmente sormontabili sul piano dell'attuazione pratica. Sul totale sopra indicato dei detenuti delle nostre prigioni, circa il 15% proviene da altri Paesi. Si tratta per la maggior parte di individui coinvolti nel traffico di droga, con sensibili oscillazioni tra una minoranza di trafficanti inseriti in importanti organizzazioni criminali (in genere provenienti dai paesi dell'America Latina), ed una maggioranza di soggetti utilizzati, dietro vile compenso, quali meri corrieri (persone per lo più provenienti dai paesi Africani), oltre ai già citati "spacciatori di strada". In una serie di interventi riportati dalla grande stampa nazionale, il Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena, Nicolò Amato, di fronte alla tendenza statistica all'aumento delle presenze di detenuti stranieri ha avanzato l'ipotesi di contenere, se non di risolvere, il problema mediante un più ampio ricorso a provvedimenti di espulsione. Riaffiorano dunque, ai più alti livelli dell'istituzione penitenziaria, la tentazione di rassegnarsi all'inapplicabilità del principio costituzionale della rieducazione a particolari categorie di persone detenute e l'adesione al progetto di caduta del livello generale di garanzie. Quasi a voler decretare la prevalenza di una effettività in negativo della norma sui programmi in essa astrattamente enunciati: le punizioni esemplari che la citata sentenza della Corte Costituzionale del luglio 1990 qualificava tout court "anticostituzionali" diverrebbero qui espulsioni non solo senza giudizio, ma anche senza possibilità di rieducazione. Esempio per la collettività, monito per gli stranieri delinquenti (ammesso che non abbiano poi a risolversi in un ingiustificato trattamento di favo- .. e: I

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