CARCEREE IMMIGRAZIONE costituzionale di non-colpevolezza in base al quale nessuno può essere ritenuto certo autore di un delitto sino a pronuncia di sentenza definitiva di condanna. Va peraltro sottolineato che sul piano della prassi giudiziaria l'espulsione senza giudizio risultava largamente applicata (22.803 provvedimenti nel 1991, dati del Ministero degli Interni) anche in difetto di dettato normativo, ragione per la quale si può sostenere che i decreti caducati non abbiano fatto altro se non recepire una linea di tendenza già ben radicata. Ma si tratta di una tendenza da respingere con decisione, poiché mira ad approfondire e sottolineare le differenze mediante una precisa opera di selezione e diversificazione che sottrae lo straniero non solo alla più ampia categoria "uomo" per ingabbiarlo in un classico reticolato normativo (lo status di "straniero") nel quale gli aspetti restrittivi e polizieschi hanno il sopravvento sull'originaria pulsione solidaristica ipotizzata dai Costituenti, ma che ne fa soggetto "diminuito" sul piano delle più elementari garanzie astratte e teoriche che con molta buona volontà declamatoria e troppa cautela la Costituzione stessa prevede per lo straniero, che è indice tipico di una politica legislativa volta ad affrontare la questione dei flussi migratori in chiave esclusiva di difesa e di protezione del territorio. 4. Un massiccio inasprimento legislativo in tema di condizione giuridica dello straniero, anche in caso di reiterazione e definitiva applicazione di norme simili a quelle che sopra si criticavano, non dovrebbe peraltro avere effetti diretti sull' istituzione penitenziaria: come si è cercato di evidenziare sopra, se nella ·società civile le differenze di status sono immanenti e ontologiche, nell'ambito del1'esecuzione della pena non ci sono differenze di status. Le limitazioni e le restrizioni all'esercizio dei diritti che nella vita libera incontra lo straniero sono in ampia misura previste e volute dal legislatore, ma ogni limitazione o restrizione in regime penitenziario è mero arbitrio. Omeglio, è connessa alla particolare struttura delle leggi penitenzjarie, e si risolve in un problema di effettività e concretezza della norma: l'effettività dell'applicazione della riforma ai detenuti stranieri, la possibilità che costoro accedano in concreto ai benefici previsti dalla normativa. 5. L'Art. 27,3° co., della Costituzione stabilisce che le pene, oltre a non poter consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, devono tendere alla rieducazione del condannato. Principio largamente disatteso, sino alla prima riforma penitenziaria del 1975, dal momento che l'intera gestione dell'esecuzione della pena era affidata all' Amministrazione, con la magistratura chiamata a svolgere un ruolo di mero controllo della legittimità formale, e che mancavano leggi organiche d'attuazione di concreti piani di rieducazione .e reinserimento sociale. Il diritto al reinserimento fu riconosciuto alle persone condannate dalla sentenza 4.7.1974 n. 204 della Corte Costituzionale, che sottrasse al Ministro di Grazia e Giustizia la competenza in tema di liberazione condizionale. Scrisse, in quella occasione, la Corte, che "sulla base del precetto costituzionale sorge (...) il diritto per il LATERRA condannato a che, verificandosi le condizioni poste dalla norma di diritto sostanziale, il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminato al fine di accertare se in effetti la quantità di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo". Corollario di questa fondamentale affermazione furono l'obbligo, imposto allo Stato, di attivare procedure e norme idonee a concretizzare l'aspetto rieducativo della pena e l'attribuzione del potere decisionale in merito alla Magistratura, per sua natura organo "terzo" rispetto alle due parti in conflitto: da un lato il detenuto, titolare del diritto alla rieducazione, dall'altro l'Amministrazione, custode dell'esecuzione e responsabile della potestà punitiva dello Stato. Un anno dopo questa sentenza, nel 1975, veniva approvata la prima legge penitenziaria ed istituita la Magistratura di Sorveglianza, con compiti di vigilanza e controllo sull'esecuzione delle pene detentive e con il potere di di-sporre la cessazione anticipata o la sospensione delle stesse, sotto tutte le forme previste dall'ordinamento. In tempi più recenti, ancora la Corte Costituzionale è intervenuta ad enfatizzare la finalità rieducativa della pena riconoscendone I''immanenza nel sistema sanzionatorio, immanenza che non può trovare concreta applicazione nel solo momento dell'esecuzione, ma che costituisce un elemento di valutazione che il giudice deve tener presente all'atto stesso della pronuncia della sentenza di condanna. Nella sentenza 313 del 2.7.1990, partendo proprio dalla considerazione che "il principio della rieducazione è un punto cardine della funzione costituzionale della pena", l'estensore, Ettore Gallo, ne afferma la prevalenza sugli altri tradizionali principi di afflittività e di retribuzione. Ne deriva che "se la finalizzazione (della pena) venisse orientata verso quei diversi caratteri (afflittività, retribuzione) anziché al principio rieducativo, si correrebbe il rischio di strumentalizzare l'individuo per fini generali di politica criminale (...) o di privilegiare la soddisfazione di bisogni collettivi di stabilità e sicurezza (difesa sociale), sacrificando il singolo attraverso l'esemplarità della sanzione". Aggravare tout court le pene, reprimere in via di punizioni esemplari, come nella "decimazione" prevista dai vecchi regolamenti militari di guerra, significa insomma snaturare la Costituzione. 6. L'affermazione della sussistenza di un vero e proprio diritto soggettivo alla rieducazione in capo alla persona condannata ha fatto sì che la struttura delle leggi penitenziarie si articolasse sul modello di uno scambio continuo tra l'interno e l'esterno, tra il carcere e la libera società. Accanto al diritto penitenziario in senso stretto, e cioè a quel complesso di norme che att~~gono alla vita intramuraria del detenuto ed agh mterventi con finalità rieducativa esperibili all'interno dell'istituzione, si è introdotto nell'ordinamento un corpus di disposizioni più propriamente definibili "diritto delle misure alternative", econcernenti istituti come la semilibertà, l' afficlmlum. to in prova al servizio sociale, il J.:lvoro permessi-premio, che prev zione anticipata della pena
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