Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

1 O VISTA DALLA LUNA <( i::.:: i::.:: t:: <( ....J Giancarlo De Cataldo Giancarlo De Cataldo (Taranto 1956) Magistrato, in Minima criminalia (Manifestolibri, 1992) ha raccontato le sue esperienze di · giudice delle carceri. Attualmente è giudice del tribunale penale di Roma. Lo straniero detenuto Un segmento nella crisi della rieducazione l. Per quanto possa sembrare paradossale, non v'è, più del carcere, altro luogo in cui lo straniero e l'italiano sono in tutto e per tutto simili, godono degli stessi diritti e delle medesime facoltà. La vigente normativa penitenziaria (leggi 354/ 75 e 663/86, quest'ultima più nota come legge "Gozzini"), nel prevedere che "il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose" (art. 1). In base a questo principio, ad esempio, gli appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno diritto di ricevere l'assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrare i riti (art. 26 1. 354/75), diritto a cui si ricollega l'azionabilità diretta della pretesa, in caso di diniego, nelle forme previste dalla stessa legge: norma di vitale centralità nei rapporti interni ali' universo concentrazionario ove solo si considerino l'elevato numero di reclusi di fede islamica e la profonda devozione religiosa che ne permea sin le più elementari manifestazioni di vita. 2. Nel nostro ordinamento generale, per contro, non è riconosciuta l'uguaglianza effettiva tra il cittadino e lo straniero. "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo ... ". Nel memorabile incipit dell'articolo 2 della costituzione non si tracciano linee di demarcazione tra l'italiano e lo straniero: il concetto di "uomo" ricomprende l'uno e l'altro. Nessuno dubita che, nella sfera dei diritti fondamentali, cittadino italiano e straniero godano di parità di trattamento quanto meno in linea teorica, se non astratta. La condizione giuridica dello straniero in Italia, peraltro, è regolata dalla legge "in conformità delle norme e dei trattati internazionali" (art. 10Cost.). È per l'appunto "in conformità dell'ordinamento internazionale" che trova estensione allo straniero il sistema di garanzie e di tutela dei diritti di libertà previsto dall'art. 3 della Costituzione, per quanto la norma riservi l'operatività del principio di uguaglianza ai soli cittadini. · 'Tuttavia" si è affermato "non può escludersi che tra cittadino e straniero, benché uguali nella titolarità di certi diritti di libertà, esistano differenze (...) tali da giustificare, razionalmente, un diverso trattamento nel godimento di tali diritti" (Corte Cost. 23-11-1967, sent. n. 120). CARCERE E IMMIGRAZIONE In che cosa consistano queste differenze che legittimano disparità di trattamento in situazioni teoricamente identiche o analoghe lo spiega chiaramente un'altra sentenza della Corte (23.7.1974, n. 241): "le posizioni del cittadino e dello straniero nei riguardi dello Stato si diversificano S01itanzialmente,sol che si consideri che il cittadino ha, nel territorio dello Stato, un suo domicilio stabile sì da rappresentare, con gli altri cittadini, un elemento costitutivo dello Stato stesso (...) ha diritto di risiedere nel territorio del proprio Stato senza limiti di tempo e non può esserne allontanato per nessun motivo. Di contro, lo straniero non ha, di regola, un diritto acquisito di ingresso e di soggiorno in altri Stati; può entrarvi e soggiornarvi solo conseguendo determinate autorizzazioni e per lo più per un periodo determinato, sottostando a quelli obblighi che l'ordinamento giuridico dello Stato ospitante gli impone al fine di un corretto svolgimento della vita civile". Differenze anche, per un altro verso, notevoli sotto il profilo dell'appartenenza dello straniero: per circa 40 anni, sino al varo della legge "Martelli" (39/90), è rimasta in vigore la "riserva geografica" avanzata dal nostro paese in sede di adesione alla Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, in virtù della quale potevano ottenere lo status di rifugiati solo individui di provenienza europea. 3. Secondo stime di fonte governativa, gli stranieri regolarizzati quanto a inserimento in lecite attività lavorative a seguito delle leggi 943.86 e 39/90 sono circa 230.000. Le citate leggi hanno cercato di razionalizzare il sistema dettando disposizioni. minuziose ed analitiche in tema di ingresso, permanenza sul territorio nazionale, espulsione, allontanamento, regolamentazione del lavoro, controlli di polizia, ma non si può dire che abbiano risolto, nemmeno in piccola parte, il problema dell'immigrazione clandestina. Nel corso del 1992 il Governo ha presentato per tre volte un decreto-legge (poi decaduto per mancata conversione) che modificava in senso restrittivo alcune parti della legge "Martelli". La motivazione ufficiale faceva riferimento alla necessità di "consentire agli organi deputati" di fronteggiare adeguatamente il fenomeno dell'immigrazione clandestina, prevenendo turbamenti dell'ordine pubblico e forme acute di allarme sociale, che possono trasformarsi in inammissibili atti di intolleranza, xenofobia o di razzismo" (relaz. preliminare al Disegno di Legge n. 1178 a firma Amato presentato il 2.7.1992). In realtà, i decreti decaduti contenevano norme di assoluto rigore in tema di espulsione dello straniero imputato di-gravi reati (per lo più traffico di droga, dal momento che la stragrande maggioranza del piccolo spaccio "di strada" è, quanto meno nelle grandi città, in mano agli extracomunitari): in particolare, si prevedevano forme di espulsione senza processo, e sulla base del solo nulla-osta dell'autorità procedente, e limitazioni ali' effetto sospensivo del ricorso al T AR. Fretta di · sbarazzarsi dello straniero delinquente, dunque, ma anche norma dirompente sul piano della legalità astratta, se è·vero che rende inapplicabile allo straniero quel principio

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