SCUOLA E IMMIGRATI che l'istituzione, per sua natura, neutralizzi fino a spegnerla completamente, quella vocazione, quella spinta interiore al servizio verso il bisognoso che risiede nell'altruismo e nella concezione cattolica della solidarietà. Un 'opinione discutibile, sulla quale ci sarebbe da obiettare, ad esempio, se e fino a che punto non fornisca un' alibi alle disfunzioni dello Stato e al tempo stesso non se ne alimenti, ma è pur sempre un'opinione fondata e rispettabile. Più arduo è capire le ragioni del volontariato "laico', che rischiano di essere interpretate come puro clientelismo. In conclusione Ministeri, associazioni di volontari, Enti locali, assessori in concorrenza tra loro finanziano con denaro pubblico iniziative spesso di pura facciata (mostre, convegni ed altre iniziative "effimere') in una disordinata rincorsa collettiva in cui l'unico traguardo è quello di apparire "amici degli stranieri'. In questo mare di spreco di risorse umane e finanziarie affondano tutti i progetti e tutte le potenzialità della scuola e della cultura nella questione stranieri. Il continuo e crescente trasferimento di denaro pubblico alle associazioni o alle comunità di stranieri - all'interno delle quali si formano nuove elites - rappresenta una particolare forma di "privatizzazione" dei servizi sociali e culturali, garantisce il mantenimento di un "privato" politicamente utile. Gli immigrati vengono a loro insaputa lottizzati da chi si prende cura di loro e parla e agisce per il loro bene, per il futuro radioso della società multirazziale e multiculturale.L'ideale per una propaganda razzista, che si nutre ormai di argomenti ben più sofisticati del vecchio razzismo "biologico', come osservavamo prima. Una delle emergenze principali di questa fine di secolo, l'immigrazione dal Terzo Mondo, viene digerita dalla "nuova destra" attraverso le strategie che Giorgio Ruffolo ha così individuato in un suo recente saggio su "Micromega': 1) Il neoliberismo, che denuncia i vizi dell'intervento pubblico per creare nuovi spazi al mercato dell'iniziativa privata, quel processo che altrove si chiama privatizzazione ma che da noi sembra procedere attraverso una partecipazione all'arricchimento privato di settori consistenti del pubblico e viceversa. 2) L'opportunismo decisionale, risultato di una rinuncia a comprendere e a dominare i grandi problemi a causa di un'eccessiva complessità della società. L'unica strada sembra quella di risolvere piccole porzioni di problemi aspettando che l'emergenza diventi pericolosa per ragioni magari di ordine pubblico e limitandosi ad agire ai margini per smussare le punte più acute dei fenomeni di ingovernabilità. 3) Il tecnicismo decisionale, altro risultato della complessità dell'ambiente, che richiede una specializzazione dei sistemi che diventano "autoreferenziali', ovvero si legittimano da soli contro le pretese di una pubblica discussione, lontani da qualunque formazione collettiva della volontà politica. Gli atti amministrativi diventano incomprensibili nella loro specializzazione tecnica e il caso di un'amministrazione che boccia i progetti da essa stessa sollecitati senza dare spiegazioni del perché, rappresenta un perfetto esempio di tecnicismo decisionale. Queste sembrano essere le strategie coerentemente adottate dall'amministrazione a proposito del problema degli immigrati, in realtà strategie sapientemente dosate in attesa LATERRA 9 della concessione del voto per le elezioni amministrative agli stranieri residenti. Difficilmente queste riflessioni potrebbero concludersi con parole più appropriate di quelle utilizzate dallo stesso Ruffolo: 'Caratteristica precipua di queste società - le più potenti della storia - è quella di generare governi deboli, con un orizzonte progettuale ristretto e con una netta prevalenza dell'amministrazione ordinaria, procedurale, congiunturale ...)Ma la riduzione del problema dell'ordine sociale a una strategia omeostatica (...) rivela una profonda incomprensione della natura essenziale di quel disordine: che non è fatto solodi perturbazioni (semplici scostamenti rispetto alla media) e non è esterno ed estraneo al sistema. Il disordine è anche l'emergenza di nuovi bisogni, istanze e valori intraducibili nel codice del sistema, ma ormai insopprimibili. Queste emergenze non possono essere ridotte in termini di ordinaria amministrazione perché investono parti essenziali del sistema (...). Non possono essere mantenute fuori dei suoi confiI]i, perché sono penetrate già largamente all'interno delle sue mura, con forze sociali e politiche che le rappresentano (ad esempio gli immigrati, i verdi) e che ne fanno ormai organicamente parte. Queste forze non sono oggettivabili come semplici problemi. Sono soggetti attivi, che perseguono scopi in larga parte incompatibili con quelli propri del sistema. Non possono essere tenute a bada come l'antico impero pensava di poter tenere a bada i barbari. Esse pongono al nuovo "impero d'occidente" un'alternativa analoga: ristrutturarsi o destrutturarsi. ("Micromega" Il fischio di Algarotti, ovvero la sinistra congelata n. I/ 92) Brasile, Villaggio Xavante, pittura corporale (1991). .. e I
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