2 VISTA DALLA LUNA i j Sandro Onofri Sandro Onofri (Roma 1955) insegnante, è autore del romanzo Luce del nord (1991) e ha collaborato al libro collettivo Patria (1992) entrambi editi da Theoria, che pubblicherà presto una sua inchiesta sugli indiani d'America. Collabora assiduamente alle pagine culturali de "L'Unità" In attesa che "La Terra vista dalla Luna" trovi le forze per volare per conto proprio, diventando una rivista autonoma da "Linea d'ombra", è utile continuare nella proposta di materiali di riflessione sulla complicata vita sociale del nostro paese e sugli operatori che cercano, intervenendovi, di contribuire a districarla. In questo numero, torniamo sulla scuola, da angolazioni diverse, soprattutto da quella del rapporto tra scuola e immigrazione extracomunitaria, e affrontiamo per la prima volta un tema su cui sarà necessario, purtroppo tornare spesso: quell~ ~el_carcere. Mettendo insieme, _comesempre, resoconti d1 esperienze ed elaborazioni teoriche. SCUOLA E IMMIGRATI Cosa insegnare agli extracomunitari Riflessioni da un'esperienza Ho l'impressione che la scuola italiana, di fronte all'ingresso tutto sommato improvviso di studenti extracomunitari, abbia opposto insieme un tragico, cronico ritardo nelle capacità organizzative- sia strutturali sia didattiche - e una capacità di adattamento e di improvvisazione notevoli. È un quadro, del resto, italianissimo. Io mi sono trovato, lo scorso anno scolastico, quasi per caso, ad assumere l'incarico di coordinatore di un Corso per Lavoratori (150 ore), presso la scuola media "Marone" di Pomezia, una cittadina dell'hinterland industriale di Roma. È forse il caso di spender due parole sulla struttura di un Corso per Lavoratori. Si tratta di corsi serali annuali per il conseguimento della licenza media, basati su moduli di quattro classi, con quattro docenti (italiano, storia e geografia, inglese, matematica). Il corso lavoratori della "Marone" ha però, in particolare, il compito di preparare all'ingresso nel mondo del lavoro gli studenti del vicino CE. F. M. E. (Centro di Formazione Maestranze Edili). Si tratta di una scuola professionale regionale che forma muratori, sondatori, palisti e gruisti e che, per la scarsa attuale reperibilità di manodopera italiana, ricorre a ragazzi extracomunitari. La nostra scuola accoglie questi ragazzi dopo le ore di addestramento professionale in cantiere, e cura la loro educazione sia da un punto di vista linguistico sia dal punto di vista civico, trattando in particolare la legislazione del lavoro. Bene. Chiamato a questo incarico, mi sono trovato di fronte molti problemi. Tralasciando quelli strettamente relativi alla particolarità della mia scuola, si possono individuare grosso modo due tipi di questioni: le prime legate alla novità che rappresenta per noi l'insegnamento a cittadini stranieri; le seconde imputabili invece al groviglio burocratico contro cui si inceppa la maggior parte delle iniziative scolastiche. Vediamo di analizzare, per maggiore chiarezza, i vari problemi uno alla volta. 1) Problemi didattici obiettivi. Il problema consiste nel fatto che, a causa della mancanza di una nostra forte esperienza coloniale, non esiste in Italia una tradizione di insegnamento della nostra lingua come lingua straniera. I manuali di lingua italiana per stranieri esistenti fino a poco tempo fa, più completi e dettagliati, avevano però un'impostazione superata, ed erano soprattutto concepiti per un'utenza affatto diversa da quella determinata dal massiccio fenomeno migratorio che vede coinvolto il nostro paese negli ultimi anni. Solo lo scorso anno è uscito - ma verso la fine dell'anno scolastico - qualche testo nuovo che promette di essere operativo e aggiornato anche nei riferimenti culturali, con attenzione particolare rivolta a quei segni della modernità a cui molti utenti, e sicuramente i nostri, sono particolarmente sensibili. C'è un punto, a questo proposito, su cui è secondo me fondamentale riflettere. Di solito i manuali sono concepiti per studenti che decidono, per motivi professionali o culturali, di mettersi a studiare una lingua straniera. In questo senso i manuali di lingua inglese sono - e per certi versi debbono essere - i modelli obbligatori. Non c'è dubbio infatti che i metodi didattici per l'insegnamento della lingua inglese e americana sono all'avanguardia e danno sicuro affidamento. Il fatto è però che l'italiano qui da noi non viene studiato solo da chi per interessi culturali o motivi professionali si trova di sua spontanea volontà a entrare in contatto con la nostra civiltà. Ma anche da chi, in qualche modo, ed è la stragrande maggioranza dei casi, vi è costretto per motivi drammatici. In questo secondo caso l'italiano non rappresenta per lo studente una pura e semplice lingua veicolare, bensì una vera e propria lingua di sussistenza. L'atteggiamento psicologico del ragazzo, allora, è completamente diverso, più voglioso di imparare, da una parte, ma dall'altra anche più facile allo scoramento in caso di un ritardo nell'acquisizione delle abilità più elementari. Questo è stato il primo scoglio che mi sono trovato a dover superare. Ogni libro, ogni manuale e persino i corsi di aggiornamento che ho frequentato (in maniera un po' frettolosa, per la verità, a causa dell'impellenza degli impegni derivanti dal mio incarico) non prendevano mai in considerazione un fatto che si pone invece subito ali' insegnante: molti alunni, specialmente quelli provenienti dalle zone meno toccate dalla colonizzazione, non conoscono i caratteri del nostro alfabeto. Oppure hanno estrema difficoltà a distinguere i due tipi di labiali, o a discernere, soprattutto gli anglofoni, fra la e la i (problema che
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