Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

IL CONTESTO menzionare - pongono il problema della nostra responsabilità morale nei confronti di esse. Va sottolineato che il problema non è soltanto quello della nostra responsabilità nei confronti delle generazioni immediatamente susseguenti, diciamo le prossime due, quella dei nostri figli e quella dei nostri nipoti. Si potrebbe infatti pensare che basta poter riuscire a fondare una precisa responsabilità nei confronti delle prossime due generazioni per poter poi argomentare che, se ogni generazione prende siffatta responsabilità sul serio, ciò garantisce, nel lungo periodo, anche il bene delle generazioni future più remote. Un problema che però sorge è qui quello rappresentato dagli effetti che potremmo chiamare "a scoppio ritardato": si tratta di effetti che si verificano, o si verificano in modo vistoso, soltanto un centinaio o qualche centinaio di anni dopo che una certa scelta è stata fatta, e imputabili, naturalmente, a quella scelta. Per esempio, effetti dovuti a grosse fuoriuscite di radioattività da luoghi di deposito di scorie radioattive ritenuti sicuri ma che il)vece, dopo cento o duecento anni, si rivelano non essere tali. Se la responsabilità che ogni generazione ha verso le generazioni future è limitata alle due generazioni immediatamente susseguenti, nessuna generazione si sentirà responsabile degli effetti a scoppio ritardato; ogni generazione sarà così portata a trascurare siffatti effetti delle proprie scelte, a grande scapito di generazioni che esisteranno dopo le due immediatamente susseguenti. Si attualizza così un problema più speciale che riguarda la responsabilità nei confronti di generazioni esistenti in un futuro remoto. Il problema può essere formulato nel modo seguente: vi sono obblighi o doveri morali che gli individui appartenenti ad una generazione - nella fattispecie la nostra - hanno nei confronti di generazioni future non immediatamente susseguenti? e, in caso di risposta affermativa, quali obblighi o doveri? Se a questa domanda viene risposto in modo affermativo, allora si attualizza una seconda questione: è giustificato imporre l'osservanza degli obblighi che vi sono nei confronti delle generazioni future attraverso precise misure legislative, ove vi sia ragione di ritenere che in assenza di esse gli attori, specie quelli collettivi (collettività di individui, multinazionali, stati) non sono portati a rispettarli? E, terza domanda, quali sono le misure legislative, sia a livello intrastatale sia a livello internazionale, necessarie a tal fine e sono esse politicamente possibili? Va sottolineato che quest'ultima domanda è una domanda di natura empirica, mentre le prime due sono domande di natura squisitamente normativa, e la discussione sistematica di esse ci porta direttamente nell'ambito dell'etica teorica, branca della filosofia morale o pratica. Rispetto al problema concernente la responsabilità verso le generazioni future - specie quelle esistenti in un futuro remoto - si possono distinguere almeno tre posizioni. La prima è quella della non responsabilità: nei confronti delle generazioni esistenti in un futuro remoto non abbiamo alcuna responsabilità morale. Un argomento che si può addurre a sostegno di questa tesi è che nulla sappiamo né circa i modi e le probabilità con cui, attraverso le nostre azioni, possiamo influire su di essi. Contro quest'argomento si può però ritorcere, in primo luogo, che nei tremila anni di storia umana di cui abbiamo conoscenza i bisogni fondamentali dell'uomo non sono cambiati e che, quindi, è plausibile ritenere che essi tali rimarranno anche nei prossimi trecento o tremila anni. In secondo luogo, si può ritorcere che, almeno rispetto a certe scelte, possiamo anche conoscere le probabilità con cui esse possono incidere su generazioni esistenti anche in un futuro remoto. Il noto rapporto Rassmussen, ad esempio, stima la probabilità che in un reattore si verifichi un incidente di fusione del nocciolo come pari a quella di un siffatto ogni 20 mila anni. Inoltre, la 6 teoria della decisione propone vari principi di scelta anche per situazioni in cui le probabilità degli effetti delle varie alternative non sono note. La seconda posizione concernente la responsabilità verso le generazioni future è quella della responsabilità decrescente: verso le generazioni future abbiamo una responsabilità sempre minore quanto più lontana nel futuro è la loro esistenza. Questa posizione è sostenuta in base all'argomento per cui gli interessi dei posteri possono essere scontati in funzione della loro distanza temporale dagli individui facenti scelte che incidono su quegli interessi. Una siffatta posizione può essere vista come una generalizzazione del principio di sconto di costi e benefici futuri largamente accettato tra gli economisti. Ma, mentre parrebbe plausibile applicare il principio di sconto relativamente a costi e benefici economici futuri di uno stesso individuo, è invece del tutto implausibile applicare un tale principio per quanto riguarda benessere e sofferenze di individui diversi appartenenti a generazioni diverse. Ciò significa infatti assegnare al fattore tempo una rilevanza morale che esso, in quanto tale, plausibilmente non ha. La morte o le sofferenze di un individuo tra cento e trecento anni hanno oggi lo stesso valore negativo che hanno la morte o le sofferenze di un individuo oggi. E la morte e le sofferenze di molti individui tra cinquecento anni hanno un valore negativo molto maggiore che non quello di minori sofferenze per un numero minore di persone oggi. La posizione in esame ha invece l'implicazione contraria per cui la morte e grandi sofferenze causate da qualche nostra scelta a molti individui che vivranno, ad esempio, tra cinquecento anni, conta, ad un determinato tasso di sconto, tanto quanto i sacrifici relativamente molto minori, di cui dovremmo sobbarcarci facendo una scelta diversa e che eviterebbe quella catastrofe tra i posteri. Una tale implicazione è, a dir poco paradossale._ La terza posizione che si può assumere rispetto al problema della responsabilità verso le generazioni future è quella che possiamo chiamare della responsabilità piena: in via di principio siamo responsabili verso le generazioni future, anche quelle che esisteranno in un futuro remoto, tanto quanto lo siamo nei confronti dei nostri contemporanei. Ritengo che questa sia la posizione più plausibile. Nell'ambito di questa posizione si possono però avanzare tesi assai diverse per quanto attiene al contenuto della responsabilità. Teorie dei diritti, teorie conseguenzialiste come la dottrina utilitaristica, varie forme di contrattualismo possono condurre a concezioni diverse di quali sono gli obblighi morali cui individui moralmente responsabili soggiacciono nei confronti di altri, siano essi contemporanei o posteri. Vi è poi il complesso problema della responsabilità nei confronti di individui possibili - intendendosi con ciò sia gli individui che esisteranno se facciamo certe azioni, sia gli individui che sarebbero esistiti ove avessimo scelte certe azioni che però di fatto non abbiamo scelto. Questi ultimi sono gli individui meramente possibili. Se o in che misura siamo responsabili nei confronti di individui possibili e meramente possibili è un problema sul quale, anche tra coloro che se ne occupano sistematicamente a livello di etica teorica, vi è disaccordo. Il problema è però importante in quanto riguarda direttamente la questione di quale sia, in un certo periodo, la grandézza ottimale della popolazione mondiale; il problema riguarda anche la questione se vi sia un obbligo di garantire la continua esistenza della specie umana in quanto tale, ed è pure attualizzato dalla questione concernente la giustificazione dell'aborto. Ma questi sono problemi nel merito dei quali qui non posso entrare.

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